di Martina Raimo
12/03/16
Dopo mesi di incertezze e studio, i quattro quesiti del referendum contro la «Buona scuola» di Renzi sono pronti. Il comitato promotore ha sciolto le riserve e ha varato un percorso che si propone di abolire alcune parti della «legge 107», ribadendo un contrasto «fiero alla visione aziendalistica accolta dalla legge».
La «riforma» ha scatenato, pochi mesi prima della sua approvazione parlamentare, una vasta opposizione nelle scuole e tra i docenti. L’opposizione si è indebolita dopo l’estate, mentre i sindacati non hanno trovato un modo per proseguire la mobilitazione. Nei mesi estivi, Possibile di Civati ha provato a raccogliere le firme per un referendum, sostenendo la necessità di celebrarlo nel 2016, ma non è riuscito a raccogliere le 500 mila firme necessarie per presentare i suoi quesiti. L’iniziativa ha prodotto alcune polemiche sulla tempistica e le modalità politiche e giuridiche scelte dall’ex deputato del Pd.
Dopo un’assemblea, tenuta a Napoli lo scorso 7 febbraio e un’altra riunione tenutasi sabato 27, il progetto sembra ormai essere stato delineato. Il referendum contro la «Buona scuola» si inserisce in una «campagna referendaria allargata e plurale» che sarà lanciata a Roma in un’assemblea il prossimo 13 marzo. Previsto un altro referendum per fermare gli incentivi alla privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici locali; uno per cambiare le politiche ambientali a partire dalle trivellazioni petrolifere in terra e mare. Manca, al momento, il referendum più volte annunciato sul Jobs Act. A questi referendum si affida la speranza di «rafforzare la mobilitazione sociale» portata avanti in autonomia dai movimenti. «Referendum capaci di coinvolgere direttamente le persone e di disegnare un altro modello sociale rispetto a quello delineato da Renzi».
Quello contro la legge 107 sarà sostenuto dai sindacati della scuola (Flc-Cgil, Cobas, Gilda, Unicobas, Sgb e Cub); studenti (Uds, Link) e associazioni (Lip scuola, Retescuole) che, insieme a molti altri, sostengono il lavoro di una pattuglia di costituzionalisti che hanno elaborato i quattro quesiti. Si parte dallo «school bonus» e si chiederà ai cittadini di cancellare «un beneficio di fatto riservato alle scuole private». Secondo i promotori del referendum «le erogazioni liberali non dovranno più essere riservate alle singole scuole ma all’intero sistema scolastico». C’è infatti il rischio che «le scuole private sfruttino tali meccanismi per eludere le tasse su una parte delle rette».
Il referendum mira ad abolire il «preside-manager», una delle principali novità del contestato provvedimento: è stata trovata la formulazione per abrogare la chiamata diretta degli insegnanti da parte del dirigente scolastico sugli ambiti territoriali per incarichi di insegnamento solo triennali. Il terzo quesito riguarda l’alternanza scuola-lavoro: si vuole abrogare l’obbligo delle 200 ore di tirocinio nei licei e delle 400 ore nei tecnici-professionali e si promuove la libertà delle scuole di organizzare le attività, «come sempre hanno fatto» precisano i promotori. Infine c’è la valutazione del merito da parte del dirigente scolastico. I cittadini potranno esprimersi sull’abrogazione dei commi della legge per ripristinare le funzioni precedenti del comitato di valutazione. Il 2016 e il 2017 sarà dunque un biennio referendario. A ottobre si terrà il referendum confermativo sull’Italicum.
(Fonte : Ciccarelli Roberto – Il Manifesto – 29/02/2016)