Antonio Triglia
06/05/2021
Uno degli aspetti più controversi in tema di project financing a iniziativa privata, e del quale negli ultimi anni i Tribunali amministrativi si sono spesso occupati, è stato quello relativo al tipo di valutazione che l’amministrazione è chiamata a svolgere a seguito della presentazione di due o più proposte di progetto spontanee, ai sensi del comma 15, art. 183 del D.Lgs n. 50/2016.
Tra le recenti pronunce che si sono occupate della questione una delle più significative è la sentenza n. 279/ 2019, emessa dal Tar per la Lombardia (Milano, Sez. IV), che opera una chiara ricostruzione e scansione delle fasi in cui è articolato il procedimento previsto per la finanza di progetto a iniziativa privata.
Con la predetta sentenza il Collegio ha rigettato il ricorso proposto da Enel Sole S.r.l. per l’annullamento dei provvedimenti della Giunta e del Consiglio Comunale, con cui il Comune di Jerago con Orago aveva dichiarato di pubblico interesse la proposta progettuale per il finanziamento degli impianti di pubblica illuminazione e degli impianti semaforici e per la successiva gestione del servizio di illuminazione pubblica da parte di GEI S.p.a. e, conseguentemente, aveva nominato quest’ultima quale promotore, ai sensi del co.15, art. 183 del D.Lgs n. 50/2016.
Invero la proposta spontanea dell’operatore economico nominato promotore era pervenuta presso gli uffici comunali in data 5 aprile 2018. Poco dopo (11 aprile) veniva invece presentata la proposta di Enel Sole, anch’essa attiva nel settore dei servizi di illuminazione, “avente oggetto analogo” e “medesima natura”.
Quest’ultima ha quindi impugnato la scelta dell’Ente di nominare come promotrice la società controinteressata, deducendo che tale scelta sia stata irragionevole in quanto l’amministrazione non avrebbe tenuto conto del fatto che la proposta della ricorrente fosse “largamente più conveniente” in considerazione di una nettamente minore durata della concessione (15 anni invece di 20 proposti da GEI) e della minore entità dei canoni a carico dell’Amministrazione.
Inoltre, la deliberazione del Consiglio comunale è stata censurata anche sotto il profilo della carenza di motivazione, poiché gli organi comunali secondo la ricorrente, piuttosto che motivare le proprie scelte, si sarebbero limitati ad un mero rinvio alle valutazioni compiute dalla Commissione Tecnica comunale appositamente nominata.
Sul punto il Tar chiarisce che gli organi chiamati ad esprimere “verso l’esterno” la volontà del Comune, quando pongono alla base delle loro decisioni le risultanze dell’attività istruttoria compiuta da commissioni ad hoc o uffici tecnici condividendole, non sono tenuti ad esprimersi con valutazioni “impostate su vesti formali diverse”, non essendo necessario che debbano “motivare la loro motivazione”. In più il Collegio evidenzia come la portata dell’obbligo di motivazione, finalizzato alla possibilità che l’interessato riesca a far valere il proprio interesse legittimo, potendo mettere in discussione la scelta dell’amministrazi0ne, è quindi strettamente legato al diritto di difesa del ricorrente. Pertanto laddove la motivazione contenga il richiamo di atti in modo chiaro e inequivoco, posti nella sfera di conoscibilità degli interessati e che consentano loro di ricostruire “l’agere” del Comune, si ha, come in questo caso, un realizzarsi pieno ed effettivo del diritto di difesa e la motivazione per relationem è perfettamente ammissibile.
Per quanto riguarda la specifica contestazione della scelta di nominare promotore GEI, senza aver preso in considerazione l’asserita maggior convenienza della proposta formulata dalla ricorrente, il Tar nel giungere alla conclusione, ha operato una efficace ricostruzione dell’Istituto del project financing a iniziativa privata.
Innanzitutto ribadisce come consolidata giurisprudenza sul punto attribuisca nella prima fase ampi margini di discrezionalità, momento procedimentale nel quale l’amministrazione deve individuare il progetto (maggiormente) confacente al pubblico interesse. Infatti il Collegio cita la Sentenza n.6633/2018 del Consiglio di Stato, nella quale il Supremo Consesso ha evidenziato come la scelta sia una tipica e prevalente manifestazione della discrezionalità amministrativa, al punto che è stato escluso che, addirittura dopo la dichiarazione della fattibilità del progetto presentato dal privato e la nomina a promotore, l’amministrazione sia tenuta a dare corso alla procedura di gara per l’affidamento della relativa concessione.
Invero i giudici di Palazzo Spada, in un’altra sentenza dello stesso anno (4777 datata 2 agosto 2018), avevano sancito anche alcuni obblighi cui l’amministrazione è comunque tenuta in questo momento procedimentale. In particolare in presenza di più proposte di progetto spontanee pervenute all’amministrazione (come nel presente caso dell’illuminazione pubblica del comune lombardo qui analizzato), quest’ultima non può esimersi dal compiere un valutazione comparativa quantomeno preliminare da svolgersi nei confronti di tutte le proposte presentate, nell’interesse non solo dell’operatore economico privato, ma anche della stessa amministrazione.
Tuttavia il Tar Milano nel tratteggiare i confini dell’istituto mette in guardia sul tipo di “valutazione comparativa” cui il Comune di Jerago con Orago era chiamato in questa fase: questo segmento procedimentale del project financing a iniziativa privata si connota “non già in termini di concorsualità, id est di gara comparativa finalizzata alla individuazione di un vincitore”; in questo ambito di valutazione ciò che rileva è l’interesse dell’Amministrazione “ad includere le opere e i servizi proposti dal privato negli strumenti di programmazione, all’uopo nominando promotore il soggetto imprenditoriale il cui progetto sia risultato maggiormente aderente ai desiderata e agli interessi dell’Ente. Dunque in questa fase gli interessi privati rimangono, per così dire, sullo sfondo, “non essendosi ancora entrati nella fase della procedura pubblica di selezione finalizzata a consentire alle imprese interessate il conseguimento del sostanziale bene della vita, costituito dalla aggiudicazione di una pubblica commessa.”
In questo contesto pertanto non può avere rilevanza, ai fini di una censura dell’azione amministrativa, una presunta convenienza di una proposta rispetto a un’altra sul piano strettamente quantitativo; lungi dall’essere pienamente piegata a criteri meramente economici, la valutazione cui è chiamata l’amministrazione deve invece guardare a una più ampia sfera di interessi pubblici, al cui perseguimento è istituzionalmente preposta, nè in questo momento è soggetta “alle regole rigorose di una vera e propria gara, essendo al contrario caratterizzata da maggiore elasticità e libertà da formalismi” (TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 23 aprile 2008 n. 1552).
Un’ulteriore considerazione riguarda la menzionata posizione assunta del Consiglio di Stato (4777/2018) in merito all’obbligo di procedere a una valutazione comparativa tra le più proposte sopraggiunte contestualmente. Si ritiene che essa vada interpretata anche alla luce della tutela assegnata alla libera iniziativa economica. Pertanto la necessaria valutazione comparativa è da intendersi nel senso che ogni proposta va valutata tenendo conto delle altre, ma non che le stesse debbano essere raffrontate con una comparazione sul piano qualitativo e quantitativo, finalizzata alla scelta della migliore, essendo a ciò destinata la fase successiva della gara. Infatti, se l’approvazione della proposta fosse esclusivamente indirizzata alla scelta del progetto “quantitativamente ed economicamente” migliore, il soggetto, che ha avuto “il merito” di presentare per primo la proposta spontanea di progetto, che l’amministrazione potrebbe giudicare fattibile, rischierebbe di trovarsi in posizione di svantaggio rispetto agli altri proponenti, i quali ben potrebbero “superare” la precedente proposta presentandone una avente il medesimo oggetto (come peraltro è avvenuto nel caso analizzato) con la semplice aggiunta di elementi migliorativi sul piano strettamente quantitativo rispetto alla prima che è stata presentata; Una diversa lettura potrebbe comportare invece un vulnus al principio libera iniziativa economica, sancito dall’art. 41 della Costituzione.
In più il Tar Lombardia, anche scendendo sul piano dell’analisi delle proposte, ha rilevato che la posizione della ricorrente sulla “miglior convenienza” della sua stessa proposta non solo ripercorre l’iter valutativo seguito dal Comune senza riuscire a “stigmatizzarne la esorbitanza rispetto ai generali canoni conformanti l’esercizio della discrezionalità amministrativa, bensì allo scopo di sostituire con i propri opinamenti (necessariamente di parte) quelli espressi dal Comune. Infatti il collegio fa notare come la tesi della presunta “superiorità economica” della proposta di Enel Sole, sostenuta dalla ricorrente, non prendeva in considerazione altri elementi della proposta quali l’entità degli investimenti e l’assenza di alcun limite alle spese per la manutenzione straordinaria; il progetto di GEI S.p.a. appariva preferibile in riferimento a questi parametri, ai quali l’amministrazione aveva dato rilevanza e su cui ragionevolmente si è fondata la scelta del Comune.