Roberto Macchia
21 dicembre 2020
Nel caso in esame, con la sent. n. 13150 del 30 giugno 2020, la Sez. II della Corte di Cassazione si è pronunciata sull’applicazione degli artt. 187 ter e septies del d. lgs. 58/1998.
La “Divisione Mercati” della Consob, con lettera datata 28 giugno 2013, ai sensi dell’art. 187 septies del d. lgs. 58/1998, aveva contestato al Presidente del CdA della Banca Monte dei Paschi di Siena l’accertamento “di fatti e circostanze culminati, attraverso la pubblicazione della relazione semestrale del 30 giugno 2008, nella diffusione, in data 29 agosto 2008, di dati falsi circa la dimensione del patrimonio di base, del patrimonio supplementare e del patrimonio di vigilanza” della banca. L’Autorità di vigilanza preposta alla tutela dei mercati finanziari, con delibera n. 18951/2014, ha dunque irrogato al Presidente del CdA la sanzione pecuniaria di 250000 euro, oltre a sanzione interdittiva accessoria, per l’illecito di “manipolazione del mercato” di cui all’art. 187 ter TUF.
Dopo il rigetto dell’opposizione da parte della Corte d’Appello di Firenze, il Presidente del CdA ha presentato ricorso in Cassazione.
La Corte di cassazione, con la pronuncia 13150 del 30 giugno 2020, ha affermato innanzitutto – accogliendo il primo motivo di ricorso, e richiamandosi ad una precedente sentenza (sent. n. 6778/2015) – che, in tema di sanzioni amministrative, l’opposizione all’ordinanza-ingiunzione non configura un’impugnazione del provvedimento, ma realizza piuttosto “un ordinario giudizio sul fondamento della pretesa dell’autorità amministrativa, devolvendo al giudice adito la piena cognizione circa la legittimità e la fondatezza della stessa”, escludendo di conseguenza l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 115 /2012.
In riferimento a tale motivo di ricorso, il ricorrente nello specifico denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 187 septies TUF e dell’art. 14, L. 689/1981.
Ai sensi dell’art. 187 septies, comma 1 TUF, infatti, “le sanzioni amministrative […] sono applicate dalla Consob con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati, da effettuarsi entro centottanta giorni dall’accertamento […]”.
La Suprema Corte spiega che, in materia di sanzioni amministrative disposte per la violazione delle norme che disciplinano l’attività di intermediazione finanziaria, il momento dell’accertamento – da cui decorre il termine di decadenza per la contestazione degli addebiti da parte della Consob – non deve essere fatto coincidere “né con il giorno in cui l’attività ispettiva è terminata, né con quello in cui è stata depositata la relazione dell’indagine, né con quello in cui la Commissione si è riunita per prenderla in esame, poiché la ‘constatazione’ dei fatti non comporta di per sé il loro ‘accertamento’; cosicché, mentre la redazione della relazione e il suo esame debbono essere compiuti nel tempo strettamente indispensabile, senza ingiustificati ritardi, occorre, invece, individuare, secondo le particolarità dei singoli casi, il momento in cui ragionevolmente la ‘constatazione’ avrebbe potuto essere tradotta in ‘accertamento’, momento dal quale deve farsi decorrere il termine per la contestazione stessa”. Richiamandosi a precedenti pronunce della Suprema Corte medesima (Cass. n. 9254/2018; Cass. n. 25836/2011; Cass. n. 9311/2007), i giudici di legittimità dispongono che l’attività di accertamento dell’illecito deve essere intesa come comprensiva del tempo necessario alla valutazione dei dati acquisiti e afferenti agli elementi oggettivi e soggettivi dell’infrazione e quindi della fase finale di deliberazione, correlata alla complessità delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell’infrazione medesima e ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita, così da valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione; e che compete, poi, al giudice di merito determinare il tempo ragionevolmente necessario all’Amministrazione per giungere a una simile, completa conoscenza, individuando il “dies a quo” di decorrenza del termine.
Un ulteriore motivo di ricorso era incentrato sulla sussistenza degli elementi costitutivi dell’illecito, sostenendo in particolare il ricorrente l’errata ricostruzione della Corte d’Appello che ha riconosciuto la sussistenza dell’elemento psicologico dell’illecito ex art. 187 ter TUF, non avendo egli avuto alcun ruolo attivo nell’estensione della relazione patrimoniale e nel connesso aumento di capitale, né, nella posizione di Presidente del CdA della banca, potendo svolgere ruoli esecutivi. La Corte di cassazione ha rigettato tale motivo, offrendo indicazione in merito ai presupposti al ricorrere dei quali può essere irrogata la sanzione. In primo luogo, in riferimento al riscontro del contributo materiale è punibile “chiunque, e non soltanto un soggetto qualificato, di talché l’illecito va ascritto, in via concorsuale, a tutti coloro che, a vario titolo, abbiano concorso alla diffusione delle informazioni, voci o notizie false o fuorvianti, previste dalla norma, vuoi in ragione della qualità personale rivestita in seno alla società, vuoi per il determinante apporto causale concretamente arrecato al processo di ideazione, gestazione, formazione e trasfusione di contenuti da soggetti che siano stati coinvolti da coloro che ricoprivano cariche sociali”; in secondo luogo, in ordine al contributo psicologico, la punibilità sussiste qualora, estendendo l’indagine all’elemento oggettivo, si accerti la ‘suità’ della condotta illecita.
Rileva infine la statuizione della Suprema Corte sul quinto motivo di ricorso, attraverso il quale il ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., e dell’art. 6, par. 1 CEDU, in materia di “giusto processo”.
Nel rigettare tale motivo di ricorso, la Corte riconosce come, in tema di sanzioni formalmente amministrative ma sostanzialmente penali, la garanzia del giusto processo può essere realizzata, alternativamente, nella fase amministrativa ovvero mediante la sottoposizione del provvedimento sanzionatorio, emanato in assenza delle garanzie, a un sindacato giurisdizionale pieno. Di conseguenza, dato che “in tema di intermediazione finanziaria, il procedimento di irrogazione di sanzioni amministrative, previsto del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 187 septies, postula solo che, prima dell’adozione della sanzione, sia effettuata la contestazione dell’addebito e siano valutate le eventuali controdeduzioni dell’interessato, non è violato il principio del contraddittorio nel caso di omessa trasmissione all’interessato delle conclusioni dell’Ufficio sanzioni amministrative della Consob o di sua mancata audizione innanzi alla Commissione, non trovando d’altronde applicazione, in tale fase, i principi del diritto di difesa e del giusto processo, riferibili solo al procedimento giurisdizionale (Cass. n. 18683/2014; Cass. n. 8210/2016; Cass. sez. un., n. 20935/2009)”.
Con la sentenza in commento, dunque, la Corte di cassazione, dopo aver fatto chiarezza in merito alla natura del giudizio di opposizione contro le sanzioni amministrative della Consob e sulla decorrenza dei termini per la contestazione degli addebiti ex art. 187 septies TUF, offre indicazioni utili per valutare la sussistenza degli elementi costitutivi dell’illecito di manipolazione del mercato ex art. 187 ter, e coglie l’occasione per ribadire – evidenziando l’attualità della discussione in materia – la conformità del procedimento sanzionatorio della Consob agli art. 24 e 111 della Costituzione, nonché all’art. 6 CEDU, affermando che tale procedimento sanzionatorio non contrasta con i principi di derivazione europea del giusto procedimento. Proprio su tale ultimo aspetto, la stessa giurisprudenza di legittimità ha mostrato negli ultimi anni orientamenti contrastanti, tra l’affermazione della prevalenza delle esigenze del contraddittorio e la contrapposta necessità di celerità del procedimento sanzionatorio amministrativo, con conseguente differimento delle garanzie medesime al successivo ed eventuale sindacato giurisdizionale. Attualmente la decisione pende dinnanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la cui decisione detterà le basi per il futuro del procedimento sanzionatorio amministrativo.