05/04/2023
A cura di Antonio Iuliano
Il 1° aprile è entrato in vigore -con efficacia dal 1° luglio 2023- il nuovo Codice dei contratti pubblici, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri lo scorso 28 marzo.
Tra le novità più significative rilevano quelle in materia di Concessioni, in particolare, per ciò che qui interessa, quelle relative alla Finanza di progetto.
Tale istituto viene a tutti gli effetti considerato una particolare modalità di finanziamento delle Concessioni, venendo consequenzialmente ricondotto a tale modello.
Difatti, come precisato dalla Relazione del Consiglio di stato allo schema del nuovo Codice, non si tratta più di due tipi contrattuali diversi, come invece prevedeva -prevede, considerato che sarà abrogato a decorrere dal 1° luglio 2023 e che, ciononostante, troverà applicazione ai procedimenti già in corso a quella data, oltre che ai contratti stipulati nel periodo di vigenza – il d. lgs. 50/2016, ma dello stesso contratto, quello di concessione, che può essere finanziato tanto in corporate financing quanto in project financing.
Ciò è inoltre confermato dalla collocazione sistematica dell’istituto all’interno del nuovo Codice: la finanza di progetto è disciplinata dal titolo IV (La finanza di progetto), della parte II (Dei contratti di concessione), del libro IV (Del partenariato pubblico-privato e delle concessioni).
Sin dalle sue origini una delle ragioni che rende particolarmente attrattivo il Project financing, e in generale il PPP contrattuale, è la possibilità -per le ragioni che vedremo- di aggirare i vincoli di finanza pubblica, particolarmente stringenti a seguito della crisi del debito pubblico e delle conseguenti politiche di spending review (a partire dal d.l. 52/2012 convertito con modificazioni dalla l. 94/2012 e dal d.l. 95/2012 convertito con modificazioni dalla l. 135/2012).
Gli elementi essenziali del Partenariato contrattuale sono due: il trasferimento del rischio operativo -inteso come il rischio di mercato dei servizi cui è strumentale l’opera realizzata (rischio di domanda) oppure il rischio di disponibilità (rischio di offerta), potendo gli stessi ricorrere anche congiuntamente- e l’equilibrio economico-finanziario -inteso come contemporanea presenza della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, in altri termini come la capacità del progetto di coprirne i costi e di rimborsare il capitale di debito nonché di remunerare quest’ultimo e il capitale di rischio.
Al fine di garantire l’equilibrio economico-finanziario, funzionale alla corretta allocazione dei rischi, gli artt. 165 co. 2 e 180 co. 6 del d. lgs. 50/2016 -efficaci fino al 30 giugno 2023- prevedono che, in sede di gara, l’amministrazione aggiudicatrice possa stabilire anche un prezzo, consistente in un contributo pubblico o nella cessione di immobili (ovvero di diritti di godimento sugli stessi, se strumentali e tecnicamente connessi all’opera da realizzare), purché l’eventuale riconoscimento del prezzo, sommato alle eventuali garanzie pubbliche e agli ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della P.A., non superi il 49% del costo dell’investimento complessivo (comprensivo degli eventuali oneri finanziari).
Detto limite è funzionale a garantire in concreto il trasferimento del rischio operativo.
Una previsione a tratti simile ma rispondente a differenti finalità è quella contenuta nel Manual on Government deficit and debt (MGDD) di Eurostat, emanato in attuazione del SEC 2010 (come definito del Regolamento (UE) n. 549/2013).
In particolare, il punto 55 del par. IV.4 del MGDD afferma testualmente che, nell’ambito di un contratto di PPP, se la maggior parte del finanziamento della spesa è sostenuta dalla parte pubblica (in varie forme, anche tra loro combinate, ad es. contributi a fondo perduto, garanzie e prestiti), la P.A. sopporta la maggior parte dei rischi del progetto e, di conseguenza, gli asset devono essere contabilizzati sul bilancio della stessa.
Detta previsione, dunque, in linea con il contesto normativo in cui è inserita, si concentra sulla qualificazione dell’operazione come on/off balance ed è particolarmente significativa proprio alla luce degli stringenti vincoli di finanza pubblica sopra richiamati. Difatti, in caso di superamento del limite (50%) previsto, l’operazione di PPP grava sul bilancio pubblico.
Come precisato dall’ANAC con delibera 432/2022, la finalità delle due disposizioni -quella codicistica e quella contenuta nel MGDD- è differente: la prima riguarda la vera e propria legittimità e natura dell’operazione, la seconda la qualificazione on/off balance degli asset.
Dunque, la previsione di cui al d. lgs. 50/2016, come rilevato anche dal Consiglio di stato in sede di relazione allo schema del nuovo Codice, pone un tetto che sembra rilevante ai fini della stessa configurazione del tipo contrattuale (concessione/appalto), con tutte le conseguenze che ne derivano, in primis in relazione alla disciplina applicabile all’operazione.
Nel nuovo Codice dei Contratti pubblici, mentre resta invariata la previsione circa la possibilità di prevedere un prezzo al fine di garantire l’equilibrio economico-finanziario, scompare il riferimento al limite del 49%, essendo previsto (art. 177, co. 7), ai soli fini di contabilità pubblica, un rinvio diretto alle decisioni Eurostat, prevedendo che l’eventuale riconoscimento di un contributo pubblico in misura superiore a quella prevista dalle predette decisioni (50%) non consenta la contabilizzazione degli asset fuori bilancio.
Ciononostante, il comma 6 dello stesso articolo prevede che non si applichino le disposizioni sulle concessioni ma quelle sugli appalti laddove l’operatore economico sia sollevato da qualsiasi perdita potenziale, essendogli comunque garantito un ricavo minimo pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi sostenuti, in altri termini nel caso in cui non ci sia trasferimento del rischio operativo.
Il limite alla contribuzione pubblica, dunque, ai fini della qualificazione dell’operazione come concessoria, diventa esclusivamente qualitativo (trasferimento del rischio operativo), rilevando il limite quantitativo esclusivamente ai fini della contabilizzazione (on/off balance), con tutto ciò che ne deriva in termini di disciplina applicabile e di finanza pubblica.
E’ interessante rilevare come la precedente disciplina (d. lgs. 50/2016) abbia richiesto un intervento chiarificatore dell’ANAC in relazione all’applicabilità del limite del 49% rispetto ai contributi europei a fondo perduto. L’ANAC, con delibera 432/2022, ha chiarito che entrambe le disposizioni -quella MGDD e quella del d. lgs. 50/2016- riguardano soltanto gli oneri finanziari a carico dello Stato. Da ciò consegue che, ove si tratti di risorse europee a fondo perduto (grants), i limiti in questione non trovano applicazione, gli stessi risultano invece applicabili ove si tratti di prestiti onerosi soggetti a obbligo di restituzione da parte dello Stato italiano (loans). Detto chiarimento è particolarmente rilevante ai fini degli investimenti legati al PNRR, essendo gli stessi in parte finanziati da contributi eurounitari a fondo perduto e in parte da prestiti onerosi. Alla luce della disciplina posta dal nuovo Codice, la succitata distinzione continuerà a rilevare ai fini della contabilizzazione dell’operazione, nonché per la valutazione relativa all’allocazione dei rischi.