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a cura di Gian Marco Ferrarini
Il 29 gennaio 2025, la Commissione per i problemi economici e monetari (ECON) del Parlamento europeo ha adottato un parere destinato alla Commissione per il commercio internazionale in merito alla proposta di regolamento sul controllo degli investimenti esteri diretti (IDE), volta a rafforzare il meccanismo europeo di screening attualmente in vigore. Pur condividendo l’impianto generale della proposta, la Commissione ha ritenuto opportuno introdurre alcune modifiche significative, mirate a rafforzare l’autonomia strategica dell’Unione, nonché a garantire una maggiore armonizzazione tra gli Stati membri. A tale riguardo, si propone dunque in questa sede una sintesi dei principali emendamenti introdotti dal parere ECON.
Anzitutto, assume particolare importanza l’introduzione del nuovo paragrafo 1(a) all’articolo 4 della proposta di regolamento, relativo alle procedure di risoluzione per la gestione delle crisi di banche o istituzioni finanziarie sistemicamente rilevanti. In particolare, secondo la disposizione de quo, le acquisizioni effettuate nell’ambito degli strumenti di risoluzione, previsti dai rispettivi quadri normativi, devono essere escluse dal perimetro applicativo del nuovo regolamento sugli investimenti esteri diretti. Il principio alla base di questa scelta è chiaro: il salvataggio delle istituzioni finanziarie richiede solitamente interventi tempestivi, spesso nell’arco di un fine settimana o, addirittura, di poche ore. Di contro, la procedura di screening di cui al Reg (UE) 2019/452, concepita per tutelare la sicurezza economica dell’Unione, comporta un’analisi approfondita e, perciò, tempistiche più lunghe, risultando quindi incompatibile con la rapidità richiesta dalla risoluzione bancaria. Tuttavia, il testo prevede che le autorità di risoluzione, come la BCE, debbano comunque tenere conto, per quanto possibile, degli obiettivi del regolamento IDE, in particolare quando l’investitore straniero acquisisce asset ritenuti strategici. In altre parole, pur essendo eslcuse dal controllo ordinario, queste operazioni non dovrebbero ritenersi completamente prive di una valutazione, magari ex post, in modo da evitare ingerenze esterne su istituzioni di rilievo economico o geopolitico. In questo contesto, la presente eccezione normativa offre, a parere di chi scrive, due vantaggi principali: da un lato, consente alle autorità preposte di intervenire senza ritardi, riducendo il rischio che una crisi bancaria si trasformi in un problema sistemico; dall’altro, evita che investitori stranieri interessati a rilevare istituti in difficoltà vengano scoraggiati da procedure lunghe e complesse.
Un’ulteriore novità, in linea con quanto illustrato in precedenza, riguarda poi l’introduzione del paragrafo 2(a) all’articolo 7, prevista dall’emendamento n.40, che ha ampliato il ruolo delle autorità di vigilanza all’interno del sistema di controllo degli IDE. Invero, la nuova previsione dispone che, qualora un’operazione di investimento estero coinvolga un soggetto finanziario strategico, la Banca centrale europea (BCE), l’Autorità bancaria europea (EBA), l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni (EIOPA), ovvero, il Meccanismo di vigilanza unico (SSM), possano emettere un parere motivato rivolto allo Stato membro notificante. Si tratta di una modifica resasi necessaria a causa dell’inadeguatezza dell’attuale meccanismo di screening nell’affrontare in modo approfondito le specificità del settore finanziario e i relativi rischi sistemici che potrebbero derivare dall’ingresso di investirori esteri in infrastrutture critiche. Dunque, il maggiore coinvolgimento delle autorità citate dovrebbe evitare che un investimento approvato ai sensi dell’attuale quadro normativo possa successivamente risultare problematico per la stabilità finanziaria dell’UE.
Proseguendo nell’analisi del documento, il relatore Markus Ferber ha altresì sottolineato l’importanza degli emendamenti riguardanti gli investitori provenienti da paesi ostili, la revisione periodica della normativa, nonché la tutela delle materie prime critiche.
Per quanto riguarda il primo punto, l’emendamento n. 31 introduce un obbligo di screening automatico per gli investimenti effettuati da soggetti riconducibili, direttamente o indirettamente, a paesi sottoposti a sanzioni UE al momento dell’operazione. Tale iniziativa mira a rafforzare la coerenza tra la politica di controllo degli IDE e la politica di sicurezza comune dell’Unione, garantendo che le restrizioni economiche imposte dall’UE non possano essere aggirate attraverso società interposte o, comunque, strutture societarie opache. Senza un controllo di questo tipo esisterebbe, infatti, il rischio concreto che investitori legati a Stati sanzionati possano acquisire asset strategici sul territorio europeo, compromettendo così non solo la sicurezza economica dell’Unione, ma anche la credibilità del suo sistema sanzionatorio.
Parallelamente, l’emendamento n.64 introduce una nuova clausola di revisione periodica, che riduce la frequenza di aggiornamento degli elenchi relativi ai progetti e programmi di interesse dell’Unione, nonché delle tecnologie e attività economicamente sensibili, portandola da cinque a due anni. Così facendo si auspica che il quadro regolatorio in materia di IDE possa adattarsi con maggiore tempestività alle trasformazioni del contesto economico, tecnologico e geopolitico, prevenendo il rischio che eventuali lacune o ritardi nell’aggiornamento della normativa lascino spazio a operazioni da parte di attori stranieri potenzialmente rischiose per la sicurezza dell’UE. In questa prospettiva, il nuovo art. 18(a) affida alla Commissione europea il compito di condurre tale revisione periodica basandosi su una serie di criteri chiave che garantiscono un approccio strutturato e coerente con le finalità della normativa; tra questi, un ruolo centrale è attribuito sia all’evoluzione tecnologica sia ai rischi legati all’accesso ai dati sensibili.
Da ultimo, nell’ambito del progressivo allargamento della disciplina sulle attività strategiche, e in linea con le recenti iniziative europee volte a rafforzare l’autonomia industriale dell’Unione, tra cui il Critical Raw Materials Act, il parere ha evidenziato la necesità di modificare il considerando n.16 nella parte in cui non include tra i settori sensibili quello relativo alle materie prime critiche. Invero, allo stato attuale, il considerando si limita a menzionare la «sicurezza dell’approvvigionamento» in termini generali, senza alcun richiamo specifico a queste risorse essenziali, nonostante il loro ruolo centrale per la transizione energetica e altri settori strategici. L’inclusione esplicita delle materie prime critiche nel sistema di controllo degli IDE risponde, dunque, alla necessità di ridurre la dipendenza dell’UE da fornitori esteri, prevenendo al contempo l’acquisizione da parte di attori extra-UE di imprese europee strategiche operanti lungo la filiera dell’estrazione, della lavorazione e della distribuzione di queste risorse. Come sempre, la sfida sarà trovare un equilibrio tra protezione e apertura del mercato, evitando che il rafforzamento del controllo sugli IDE si traduca in barriere eccessive agli investimenti legittimi, essenziali per la crescita e l’innovazione del settore.