LORENZO MAGNANELLI
14 settembre 2020
La sentenza 30 luglio 2020, n. 4858 della VI sezione del Consiglio di Stato definisce con chiarezza i confini dell’istituto del recesso dell’operatore economico facente parte di un raggruppamento temporaneo, specificando quando possano ravvisarsi esigenze organizzative interne e non una condotta elusiva finalizzata a violare la par condicio competitorum. Individuare i limiti di applicazione delle procedure appare rilevante a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza 7 maggio 2020, n. 85), che ha confermato la legittimità dell’esclusione dall’accesso alle gare di evidenza pubblica delle imprese in stato di concordato preventivo, qualora siano mandatarie di un RTI.
La controversia riguarda una gara per l’affidamento di lavori indetta dalla Provincia autonoma di Bolzano che veniva definitivamente aggiudicata all’ATI CMC. A seguito della presentazione del ricorso di concordato preventivo ‘in bianco’ da parte della mandataria del gruppo aggiudicatario, l’ATI comunicava alla stazione appaltante la revoca del mandato a CMC, uscita dal RTI a seguito di un accordo transattivo approvato dal Tribunale di Ravenna, e la sostituzione nel ruolo di mandataria con la Carron Bau, impresa del raggruppamento in possesso di tutti i requisiti necessari. La Provincia di Bolzano confermava l’aggiudicazione, prendendo atto delle modifiche del raggruppamento e rilevando che l’offerta dell’ATI rimaneva la migliore in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
In primo grado il TRGA di Bolzano pronunciava a favore dell’impresa risultata quarta classificata (legittimata ad agire dato che anche seconda e terza classificata avevano presentato richiesta di concordato preventivo) ma in appello il Consiglio di Stato ribalta la pronuncia ed accoglie i ricorsi per questioni di rito, tuttavia pronunciando anche sul merito “in considerazione dei connotati di giurisdizione oggettiva impressi dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE alle controversie in materia di appalti pubblici”. I giudici partono dall’assunto che CMC, in seguito all’ammissione della stessa a concordato preventivo, sia diventata incapace di contrarre con la pubblica amministrazione e che il recesso della stessa dal RTI rappresenti l’unica strada per salvare il rapporto tra i rimanenti membri del raggruppamento e la stazione appaltante.
Rispetto alla regola generale di immodificabilità del raggruppamento temporaneo rispetto alla composizione risultante dall’impegno presentato in sede di offerta (art. 48, comma 9, d.lgs. 50/2016) la modifica della composizione è possibile in conseguenza di un evento che privi l’impresa mandataria della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione. L’art. 48 comma 17 consente alla stazione appaltante di proseguire il rapporto con un nuovo mandatario facente parte del RTI purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori ancora da eseguire nel caso in cui l’impresa mandataria sia stata ammessa ad una qualsiasi procedura concorsuale o qualora abbia perso, in corso di esecuzione, i requisiti di ordine generale di cui all’art. 80. Il comma 19 consente il recesso di una o più imprese del raggruppamento specificando che in ogni caso la modifica soggettiva “non è ammessa se finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara”.
Quest’ultima disposizione, a differenza di quanto sosteneva il TRGA, secondo i giudici d’appello non è stata violata: il divieto di modifica del RTI in funzione anti-elusiva si riferisce alle ipotesi nelle quali la carenza dei requisiti risale al momento della presentazione dell’offerta e non alle ipotesi in cui detta carenza sia sopravvenuta alla domanda di partecipazione. “L’elusione, quale limite della modifica in riduzione, va apprezzata in ragione del motivo posto alla base dell’operazione riduttiva e del tempo di emersione del relativo motivo”. L’esercizio della facoltà non può sanare ex post una situazione in cui il soggetto recedente non poteva essere ammesso già al momento dell’offerta.
Nel caso in esame l’operazione di riduzione del raggruppamento è legittima in considerazione della successione temporale degli eventi. Al momento della presentazione dell’offerta e al momento della valutazione e della formazione della graduatoria, da svolgersi nel rispetto della par condicio competitorum, la mandataria CMC era in possesso dei requisiti di partecipazione e, in particolare, del requisito generale della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione: non c’è la violazione dell’art. 80, comma 5, lettera b), d.lgs. 50/2016, ravvisata dai giudici di primo grado. La modificazione soggettiva dell’ATI avveniva dopo l’aggiudicazione definitiva, a seguito della presentazione da parte della mandataria CMC di istanza di concordato preventivo ‘in bianco’ sulla base dell’accordo transattivo autorizzato dal Tribunale fallimentare con cui si concordava la modifica in riduzione del raggruppamento. Detta modifica trova quindi la propria giustificazione nell’esigenza di riorganizzare il raggruppamento a causa della perdita del requisito generale in capo alla mandataria.
Per il Consiglio di Stato anche la sostituzione della mandataria è legittima; l’art. 48 comma 17, d.lgs. 50/2016 contempla quale situazione legittimante la sostituzione del mandatario ogni forma di concordato preventivo. L’inapplicabilità della norma si avrebbe solo nel caso in cui l’impresa fosse autorizzata a partecipare alla gara e alla stipula del contratto ai sensi dell’art. 110, commi 3 e 5, d.lgs. n. 50/2016. Ipoteticamente, spiegano i giudici, ciò potrebbe avvenire solo nel caso in cui in concreto sia stata ricompresa nel concordato anche la procedura di evidenza pubblica, ipotesi che non poteva verificarsi, essendo CMC la mandataria e valendo per essa la preclusione di cui all’art. 186-bis, comma 6, l. fall. Dunque, ad avviso del collegio sussistevano “tutti i presupposti, anche negativi, per procedere alla riduzione della compagine del raggruppamento aggiudicatario”.
Il Consiglio di Stato ricorda inoltre che il comma 19-ter dell’art. 48, introdotto dal decreto correttivo al codice (d.lgs. 50/2017), estende espressamente la possibilità di modifica soggettiva per le ragioni indicate dai commi 17 e 19 anche alla fase di gara. La ratio che sorregge la disciplina è l’incentivazione alla concorrenza, alla massima partecipazione e alla libertà di organizzazione degli operatori ma anche “l’esigenza di garantire, per quanto possibile, la stabilizzazione dell’offerta risultata migliore nell’interesse pubblico della qualità delle opere, nonché, nella fase dell’esecuzione, la continuità e tempestività dei lavori”.
La pronuncia in esame fissa dei precisi limiti temporali all’applicazione dell’istituto del recesso e della sostituzione della mandataria ed è influenzata, per espressa menzione dei giudici, dalle vicende che hanno contraddistinto la gara oggetto del giudizio, “connotata dall’apertura di procedure concorsuali nei confronti dei tre operatori risultati primi classificati” sintomo di una crisi generalizzata del settore, “ad ulteriore conferma della natura oggettiva che, nella specie, ha connotato le esigenze di riorganizzazione del raggruppamento aggiudicatario in conseguenza dell’uscita della mandataria”. Ribadita, da parte della stazione appaltante, la vantaggiosità dell’offerta presentata dal raggruppamento risultato aggiudicatario, il Consiglio di Stato si sbilancia in favore dell’interesse pubblico all’esecuzione dei lavori, ritenuto prevalente, anche da parte del legislatore e specie in periodi di crisi economica, rispetto alla libera concorrenza tra gli operatori.