di VALENTINA MARCHETTI
26/11/2017
Nel novembre 2007 entra in vigore la prima normativa MiFID (direttiva europea sui mercati negli strumenti finanziari 2004/39/CE) e solo tre anni dopo vengono lanciate dalla Commissione europea le consultazioni di revisione. Nel 2011 viene formalizzata la MiFID II la quale rivede, anche se in modo parziale, la vecchia normativa MiFID e decreta la nuova regolamentazione Mifir.
Quale termine di recepimento da parte degli stati membri viene previsto il 3 gennaio 2018.
La MiFID II (direttiva 2014/65/UE) rivede e amplia la versione precedente, è stata progettata al fine di offrire una maggiore protezione agli investitori con lo scopo anche di dare una maggiore trasparenza su tutti gli asset e su tutti i beni negoziabili, dalle azioni al reddito fisso, ai fondi negoziati e al Forex.
Già la vecchia normativa era considerata come una pietra miliare per gli sforzi condotti dall’Unione Europea al fine di creare un unico mercato finanziario e competere con il dinamismo dei mercati finanziari statunitensi.
La ratio di tale disciplina la si spiega facendo un accenno al passato; dalla crisi finanziaria mondiale del 2007/2008 azioni e obbligazioni sono riuscite a recuperare in modo netto, ciò che non è mai tornata invece allo stato d’origine è la fiducia nei mercati. Vediamo quindi come gli obiettivi in questo nuovo panorama siano trasparenza e tutela degli investitori.
Quali saranno i cambiamenti dal 2018? Le regole che entreranno in vigore saranno senza dubbio più severe.
Di particolare interesse sono le disposizioni di product governance, finalizzate a ridurre il rischio che i prodotti finanziari emessi e/o collocati non siano adeguati al cliente finale. In particolare, le imprese di investimento devono realizzare prodotti concepiti per rispondere alle esigenze di un target ben definito di clientela e devono adottare una strategia distributiva compatibile con il target di clientela identificato e misure ragionevoli per assicurare che lo strumento finanziario sia distribuito al target identificato. Tali disposizioni si applicano sia alle imprese di investimento che emettono strumenti finanziari che a quelle che operano in qualità di distributori e tendono a garantire che ex ante ci sia
coerenza tra prodotti emessi e/o collocati e determinati target di clientela.
L’investitore dovrà essere sottoposto ad una “valutazione di adeguatezza”, verranno verificate le sue conoscenze e le eventuali esperienze pregresse sul servizio richiesto; verrà sottoposta ad analisi la sua situazione finanziaria per appurare che sia in grado di sostenere eventuali perdite.
Alle imprese di investimento è richiesto di garantire e dimostrare alle Autorità vigilanti che il personale addetto alla prestazione dei servizi di investimento abbia conoscenze e competenze adeguate, si dovrà quindi garantire al cliente un personale preparato, che abbia piena consapevolezza dei mezzi commercializzati.
Le imprese non potranno prevedere Bonus, ossia meccanismi di remunerazione che potrebbero spingere gli operatori a raccomandare strumenti finanziari non aderenti alle esigenze del cliente.
Si rafforzano inoltre gli obblighi di comunicazione alla clientela su costi e oneri connessi ai servizi di investimento o accessori, tutti i costi e gli oneri dovranno essere chiari ed indicati in maniera aggregata, distinguendo in maniera esplicita il costo della consulenza e le commissioni sui prodotti.
I clienti dovranno avere la possibilità di verificare con esattezza i costi associati allo strumento finanziario e confrontarli con l’impatto sul rendimento atteso.
La MIFID II inoltre restringe il campo dei prodotti per i quali è possibile prestare un servizio “execution only”, che consente, a determinate condizioni, di disapplicare gli obblighi di assunzione di informazioni dei clienti e di connessa valutazione di appropriatezza delle transazioni, vengono infatti esclusi da tale perimetro i prodotti cd. “complessi” che comprendono principalmente
obbligazioni e depositi strutturati.
Pertanto, in riferimento alla suddetta tipologia di prodotti, le imprese di investimento sono tenute in ogni caso ad ottenere le informazioni sulla conoscenza ed esperienza del cliente.
Novità riguardano anche i clienti professionali, ai quali deve essere consentito di richiedere un trattamento non professionale; le imprese di investimento possono convenire di fornire loro un livello più elevato di protezione. Spetta quindi al cliente considerato professionale chiedere un livello più elevato di protezione se ritiene di non essere in grado di valutare o gestire correttamente i rischi assunti. Questo livello maggiore di protezione verrà concesso quando un cliente considerato professionale conclude un accordo scritto con l’impresa di investimento per non essere considerato tale. Qualunque riduzione della protezione prevista dalle norme standard di comportamento delle imprese è considerata valida solo se dopo aver effettuato una valutazione adeguata della competenza, dell’esperienza e delle conoscenze del cliente l’impresa di investimento possa ragionevolmente ritenere, tenuto conto della natura delle operazioni o dei servizi.
Infine, per consentire una piena attuazione di questo quadro, sono introdotti poteri di product intervention, ovvero ogni autorità di vigilanza, europea e nazionale, avrà maggiori poteri. L’autorità degli strumenti finanziari e dei mercati europea(ESMA),l’autorità bancaria europea(EBA) per i depositi strutturati, e le autorità di vigilanza nazionali(CONSOB e BANCA D’ITALIA) potranno vietare la distribuzione di taluni prodotti finanziari.
In particolare, tali autorità potranno valutare il merito dei prodotti offerti e potranno vietare su base temporanea la loro commercializzazione e lo svolgimento di qualunque altra attività qualora ritengano che potrebbero esporre a rischi eccessivi gli investitori o la stabilità finanziaria del sistema.
I poteri in capo alle autorità di vigilanza non sono però senza confini, affinchè queste possano agire sarà necessaria la presenza di un timore significativo in merito alla protezione degli investitori o di una minaccia all’integrità e stabilità del sistema finanziario europeo.
L’Autorità europea (ESMA) ha ritenuto tuttavia opportuno, alla luce dell’importanza attribuita ad una efficace valutazione del mercato, redigere le Linee guida in oggetto al fine di assicurare un’armonizzata applicazione dei nuovi obblighi inerenti la governance dei prodotti. Il principio che pare permeare il contenuto delle citate Linee guida è la costante attenzione verso una coerenza generale dei prodotti che le imprese di investimento intendono strutturare ed offrire con le esigenze, le caratteristiche e gli obiettivi della clientela di riferimento.
Concludendo, ci si chiede se saranno sufficienti queste regole per garantire un’adeguata protezione degli investitori, tema molto caro alle Autorità di Vigilanza e molto importante per ristabilire la fiducia degli investitori e il corretto funzionamento del sistema finanziario.
Ad oggi una risposta degna di nota sembra prematura in quanto il processo che porterà all’applicazione della MiFID II nelle legislazioni nazionali è appena iniziato.
Nel caso italiano, la CONSOB ha spesso richiamato l’attenzione, da ultimo nel Piano Strategico per il triennio 2013-2015, sul fatto che a suo avviso i modelli di business presenti nell’industria finanziaria italiana, spesso orientati alla “vendita del prodotto” più che alla “fornitura di un servizio”, hanno reso complessa l’adesione sostanziale ai principi della MiFID e amplificato i conflitti di interessi.