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Medicina Personalizzata: necessità di adattamento della Pubblica Amministrazione

La Medicina Personalizzata, nasce dalla constatazione da parte dei medici che pazienti accumunati dalle medesime patologie e da identiche stadiazioni cliniche, mostrano risposte diverse ai trattamenti standard offerti da protocolli un tempo validati, ora di fatto obsoleti.
Tale questione è di tale importanza da aver indotto il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, a stanziare la considerevole somma di 215 milioni di dollari per creare un database nazionale di informazioni genetiche concernenti 1 milione di persone, passaggio fondamentale per assicurare a questo primo gruppo di cittadini terapie mediche mirate e di precisione, proprio in quanto tengono conto del patrimonio genetico del paziente e non solo dei dati relativi alla malattia di cui è portatore.
Ciò premesso, è necessario sottolineare che, se da un lato ricercatori e clinici avvertono la necessità di abbandonare il prima possibile i tradizionali trials clinici, dall’altro l’industria farmaceutica continua a privilegiare farmaci standardizzati e come tali fruibili su larga scala. Al centro di tale complesso scenario si collocano i pazienti, per i quali l’impiego di terapie convenzionali e dunque non di precisione, comporta non solo il rischio di subire trattamenti da scarsamente efficaci ad inutili ad addirittura dannosi, ma anche di aggiungere al caro prezzo pagato in termini di salute non riacquistata, l’onere di esose spese mediche che in molti casi ricadono anche sui Sistemi Sanitari.
In tale ottica, un ruolo determinante della composizione di questi interessi contrastanti deve essere assunto, sulla falsa riga della FDA statunitense, dalle Pubbliche Amministrazioni che attraverso l’assegnazione di incentivi alle industrie farmaceutiche possono agire da catalizzatore in tale processo di cambiamento, inducendole a passare dal privilegiare esclusivamente la produzione di farmaci
c.d. blockbuster, ovvero quelli impiegati nei trials tradizionali, ad impegnarsi nello sviluppo e nella produzione dei farmaci e trattamenti sanitari di precisione al fine di ottenere il duplice traguardo di garantire effettivamente una migliore tutela del diritto alla salute del cittadino e di sgravare la spesa pubblica dell’onere rappresentato dalle terapie convenzionali, laddove queste risultino inadeguate per il profilo genetico del singolo paziente.
Strettamente connessa a tale problematica, è l’impellente questione relativa ai test genomici a scopo predittivo: trattasi di analisi la cui importanza è universalmente riconosciuta nel settore medico, tanto da far parte delle linee guida dell’oncologia mondiale, ma la cui rimborsabilità non è ancora oggetto di soluzioni omogenee da parte dei singoli servizi sanitari.
I test genomici predittivi, come Oncotype dx, Mammaprint, Endopredict, etc. , hanno assunto enorme importanza nel trattamento dei pazienti oncologici in quanto consentono di personalizzare la terapia di un tumore sulla base dell’analisi dei geni di pazienti in stadio iniziale, suddividendo soggetti con lo stesso tipo di tumore ma ovviamente con geni differenti in gruppi ai quali vengono assegnate percentuali di rischio di recidiva.
Laddove il rischio valutato sulla base dei geni espressi dal tessuto tumorale risulti basso, il trattamento chemioterapico convenzionale non solo risulterebbe inutile ma addirittura dannoso, in quanto la chemioterapia oltre a distruggere sia le cellule tumorali che le cellule sane, comporta un incremento seppur lieve dell’incidenza di altri tumori primitivi; ciò detto, l’importanza dei test predittivi è quella di circoscrivere l’impiego della terapia chemioterapica solo ai pazienti classificati ad alto rischio in base allo score assegnato dal test medesimo.
Da ciò risulta chiaro l’impatto che i test genomici avrebbero sia sulla salute dei pazienti sia sulla spesa pubblica se si considera che il trattamento chemioterapico viene in ogni caso rimborsato dal nostro Servizio Sanitario Nazionale.
Basti pensare che secondo la meta-analisi di quattro (4) studi prospettici realizzati in altrettanti paesi europei:
– il 32% dei pazienti a seguito dei risultati del test ha avuto un cambiamento della terapia
– il 48% delle pazienti con tumore al seno alle quali erano stato originariamente prescritte chemio e terapia ormonale è passata alla sola terapia ormonale
– il 18% delle pazienti è passata dalla sola terapia ormonale alla chemioterapia più la terapia ormonale.
Risultati di questo tipo sono indice dell’esigenza di una necessaria revisione della normativa e della procedura prevista dall’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) circa la rimborsabilità da parte del nostro Servizio Sanitario Nazionale di farmaci e trattamenti medici; in quanto ritengo che solo una revisione ispirata ai principi dell’Analisi Economica del Diritto, quindi uno studio della normativa in termini di efficienza economica, possa costituire la corretta base di partenza per realizzare “efficientemente” due delle finalità principali perseguite dal nostro Servizio Sanitario come la tutela della salute ed una gestione ottimizzata delle risorse economiche ad esso destinate.
Ritengo che una riscrittura in quest’ottica costituisca una possibile soluzione per l’ontologica dialettica che caratterizza il Diritto Amministrativo tra garanzia, intesa come limitazione dell’azione amministrativa entro le maglie del diritto come forma di tutela dei consociati dai potenziali abusi da parte della pubblica amministrazione, e discrezionalità, che consente alla pubblica amministrazione di indirizzare la sua attività all’efficienza.
Inoltre ritengo che costituisca l’unico modo per rendere una normativa di così tale incidenza sui cittadini, più permeabile alla influenza proveniente dal mondo medico o addirittura da altri ordinamenti, basti pensare che di recente il Servizio Sanitario Inglese ha optato per il riconoscimento del rimborso di tali test.
In conclusione, mi preme sottolineare che né per la questione dei test genomico predittivi né per nessun altra problematica è individuabile una soluzione ottimale a priori, ritengo però che una normativa in termini di efficienza, soprattutto in un settore come il Diritto Sanitario in cui gli “interessi” in gioco sono diversi, attribuirebbe al nostro Servizio Sanitario Nazionale maggiore potere contrattuale nei confronti delle industrie farmaceutiche consentendogli di riconoscere più facilmente il rimborso di test medici e farmaci, di costo sì elevato ma di vitale importanza per la reale tutela della salute.

Joseph Fiore

Bibliografia :
1. Shork N. J. , Nature, Volume 520, 30 Aprile 2015, pag. 609-611.
2. www.agenziafarmaco.gov.it/
3. www.quotidianosanità.it/

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