di Laura Trotta
14/03/16
Negli ultimi decenni, e in tutto il mondo, stiamo assistendo alla trasformazione degli ordinamenti giuridici statali tradizionali. Più in particolare i cambiamenti più radicali e netti sono riscontrabili soprattutto in parti del globo in cui fino a pochi anni fa avevano prevalso modelli di organizzazione caratterizzati da un forte accentramento dei poteri in capo allo Stato centrale, mentre ora iniziano a farsi strada anche in tali Stati forme di autonomia politica territoriale più o meno avanzate.
L’esperienza australiana del sistema delle autonomie territoriali è costruita su tre livelli di government ( Commonwealth, State-Territory e Local ) ed è caratterizzata da una fortissima “dinamicità” del livello locale di governo. È infatti molto diversificato, nonché oggetto di mutevoli e importanti cambiamenti nel corso soprattutto degli ultimi anni. Ma cosa causa tale differenziazione di partenza tra gli enti locali nelle diverse parti del paese?
A) Differenze strutturali di tipo geografico e demografico ( gli australiani sono poco più di venti milioni di persone distribuite su 7700000 km2 !!)
B) Le competenze dei singoli enti locali sono definite da ciascuno stato membro, e non dal governo centrale
È quindi il singolo stato-territorio (e non il governo centrale!) a decidere, nel tempo, dell’organizzazione, delle competenze, dell’esercizio delle funzioni e della stessa esistenza degli enti di governo locale. In definitiva, la disciplina del local government dipende dagli Stati.
Inoltre tale dinamicità appare ancora più evidente se a tale quadro si aggiunge anche un dato storico: tali enti non hanno una forte identità politica (diversamente da quanto accade ad esempio per i Comuni in Italia, o anche in Germania). Questo dato cosa comporta? È chiaro e cristallino che proprio tale assenza di una ‘forte’ tradizione locale rappresenta un grande vantaggio per ogni tentativo normativo teso a modificare il sistema degli enti locali ( ad esempio accorpandoli, o anche creandone di nuovi ).
In ogni caso l’insieme di rapporti tra sistema delle autonomie locali e Stati federati rispecchia, a grandi linee, il modello statunitense, che è caratterizzato proprio da una differenziazione su base statale del sistema delle autonomie locali. Basti pensare che la Costituzione degli States non contiene previsioni relative al governo locale! Esse si ritrovano invece nelle singole Costituzioni statali, nelle quali la differenziazione e il dinamismo di cui sopra risultano essere ancora più accentuati rispetto al modello australiano.
Quest’ultimo si profila quindi come un sistema diversificato e dinamico. Tale differenziazione su base regionale rispecchia la diversità delle otto mega-regioni australiane, e la disciplina degli enti locali può arrivare fino alla fusione degli stessi governi locali ( come accaduto ad esempio in Virginia e in Queensland).
Verrebbe a questo punto da chiedersi se il livello centrale di governo riesca o meno ad interferire sull’attività e sulle competenze degli enti locali. La risposta da dare a tale quesito è affermativa, soprattutto con riferimento al rapporto tra pubblico e privato nell’erogazione dei servizi e nell’esercizio delle funzioni, e anche riguardo ai profili di autonomia finanziaria degli enti locali. Attualmente tra i livelli di governo australiani ( Commonwealth, State-Territory, Local ) possiamo identificare una serie di relazioni trilaterali, che la dottrina definisce ‘difficili’, all’interno del processo di semplificazione della diversificazione e di accentramento che è in atto (attraverso la riduzione degli enti locali e il conferimento di maggiore incisività alle decisioni del governo centrale). Proprio quest’ultimo dato può essere portato a sostegno della tesi, sostenuta da più parti, di come l’assetto del sistema di autonomie territoriali di un ordinamento statale risenta significativamente dell’evoluzione crescente del fenomeno della globalizzazione ( nonché, se ci si vuole spingere oltre come sostenuto da parte degli studiosi, ci si può spingere addirittura ad affermare l’esistenza di un GAL, ovvero di un diritto amministrativo globale ). Ciò genera l’emersione di problematiche nuove relative ai rapporti tra enti locali e Stati membri, e ancora di più si presenta come impellente l’esigenza di semplificazione e accentramento.
Detto ciò, i fenomeni della globalizzazione impongono una sensibile trasformazione delle forme di organizzazione e di esercizio del potere. Un cambiamento che riguarda non solo la sovranità statale, ma anche e soprattutto le forme di organizzazione del potere più vicine ai cittadini. Si assiste quindi da una parte ad una sorta di localizzazione delle problematiche suddette, e dall’altra alla loro globalizzazione. In quest’ottica è stato coniato il termine “glocalismo”, o anche amministrazione statale indiretta, termini che stanno ad ad indicare l’accrescimento del ruolo del governo di prossimità in un contesto di dinamismo globale. Si tratta, in parole povere, dell’altra faccia della difficoltà in cui si trova la sovranità statale nel rincorrere i macro-processi globali. In questo contesto dunque la garanzia del principio di differenziazione degli enti locali appare una necessità impellente, pur restando nel quadro dell’unità degli ordinamenti statali. La normativa (sia statale che regionale) riguardante gli enti locali deve essere in grado di saper cogliere questa sfida della differenziazione degli enti locali, rispettando così le peculiarità territoriali e demografiche, inserendo tutto ciò in un’ottica di globalizzazione. In conclusione, quale sembrerebbe essere la soluzione migliore in un contesto tanto peculiare come quello australiano? Perseguire un modello di differenziazione trasversale, ossia accogliere all’interno dello Stato federale o della singola Regione forme di differenziazione della disciplina degli enti locali a prescindere dai confini regionali.
Sicuramente più facile a dirsi che a farsi.