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L’ingerenza del governo centrale sulle competenze regionali nella governance del PNRR

03/10/2022

A cura di Samuele Marcucci

Si possono distinguere due fasi fondamentali nel percorso del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: la prima è quella dell’elaborazione dei progetti ricompresi nelle missioni; la seconda è quella dell’attuazione dei singoli progetti da parte degli organismi individuati a tale scopo. 

           Nella prima fase, quella dell’elaborazione dei PNNR nazionali, la responsabilità della strutturazione della governance e della programmazione degli interventi è in capo esclusivamente ai governi nazionali. Sono però le stesse istituzioni europee, e lo stesso Regolamento UE 2021/241 che istituisce il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, a raccomandare un coinvolgimento di tutti i livelli territoriali nella fase di formulazione oltre che in quella di attuazione dei Piani. Nel “Commission staff working document guidance to member states recovery and resilience plans” è quindi disposto che “Member States should detail the processes and structures set up at national, regional and local levels to ensure complementarity and coordination of the management of various Union sources of funding in line with Article 22 of the Regulation and avoidance of double funding in line with Article 8 of the Regulation”, ossia la necessità che gli Stati Membri consultino le Regioni e gli enti territoriali nella fase di predisposizione del Piano. Nel Regolamento Europeo che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza si afferma che “le autorità regionali e locali possono essere partner importanti nell’attuazione delle riforme e degli investimenti. A tale riguardo, esse dovrebbero essere adeguatamente consultate e coinvolte conformemente al quadro giuridico nazionale”. Nonostante ciò, e nonostante le numerose competenze legislative e programmatorie loro attribuite, le Regioni sono state lasciate al margine di questo processo e relegate al ruolo principalmente di soggetti attuatori.

I rapporti tra lo Stato e le Regioni sono, come è noto, regolati attraverso il sistema delle Conferenze: innanzitutto dalla Conferenza Stato Regioni, deputata all’esercizio della leale collaborazione e che viene integrata in sede di Conferenza Unificata dai governi locali; esiste poi la Conferenza delle Regioni, composta dai presidenti delle Giunte Regionali, che pur essendo un’organizzazione di diritto privato è uno dei luoghi di confronto principali tra il Governo e i governi regionali.

Proprio tramite il Presidente della Conferenza delle Regioni queste ottengono nella prima fase di essere ammesse alle riunioni del Comitato Interministeriale per gli Affari Europei (CIAE) e del suo Comitato Tecnico di Valutazione (CTV) che è stato individuato come l’organo di coordinamento del PNRR a supporto dell’azione del ministro per gli affari europei. Non ottengono però nella prima fase, nonostante le richieste, la possibilità di partecipare alle riunioni della Cabina di regia nazionale per il PNRR, né procedure chiare e univoche per il loro coinvolgimento. Il fatto stesso che i due Governi succedutisi nel periodo di cui si tratta abbiano convocato spesso la Conferenza Unificata, e non la Conferenza Stato Regioni o la Conferenza delle Regioni, per dare le comunicazioni relative al PNRR dà la misura di come il governo centrale abbia equiparato le Regioni agli altri enti locali che non hanno gli stessi rilevanti poteri legislativi e di programmazione.

In seguito, con l’approvazione del decreto legge n.77 del 31 Maggio 2021, le Regioni ottengono la rappresentanza nella Cabina di regia nazionale per l’attuazione del PNRR (art. 2), istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e alla quale partecipano – oltre al Presidente del Consiglio – i Ministri e i Sottosegretari di Stato competenti in base agli argomenti trattati in ciascuna seduta. La Cabina di Regia assume un ruolo preminente nell’attuazione del PNRR ed esercita il potere di indirizzo, di impulso e di coordinamento generale ed è chiamata ad effettuare, altresì, la verifica e il monitoraggio dello stato di avanzamento degli interventi previsti in attuazione del piano e ad evidenziare, laddove presenti, eventuali criticità. Le Regioni partecipano alle sedute della Cabina per il tramite del Presidente di Regione (nel caso in cui siano “esaminate questioni di competenza di una singola Regione o Provincia autonoma”) oppure attraverso il Presidente della Conferenza delle Regioni (nel caso in cui le questioni dovessero concernere più Regioni o Province autonome). Si prevede inoltre la partecipazione delle Regioni al Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, che ha funzioni consultive nell’attuazione del PNRR, e la rappresentanza del presidente della Conferenza delle Regioni ai comitati interministeriali per la transizione ecologica e digitale, seppur solo quando trattino di questioni di specifico interesse regionale.

Le Regioni hanno quindi, come già evidenziato, un ruolo marginale nella fase di elaborazione del PNRR a dispetto delle notevoli competenze che l’ordinamento gli affida e dei compiti rilevanti che gli spettano nella fase attuativa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. I meccanismi previsti dal d.l. 77 garantiscono in modo “debole” la partecipazione delle Regioni alla governance in fase di elaborazione dei progetti, poiché gli si riconosce una rappresentanza limitata negli organismi decisionali e con un ruolo esclusivamente consultivo, per dare cioè un “mero parere”.

Passando alla seconda fase, quella dell’attuazione, per dare conto della pervasività dell’intervento centrale sulle competenze regionali si deve evidenziare la disciplina speciale prevista dal d.l. in materia di esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato. Infatti, a differenza della previsione della legge generale che prevede l’assegnazione di un termine congruo all’amministrazione regionale inadempiente per compiere gli atti necessari, l’art. 12, comma 1, del d.l. prevede, invece, che, in caso di mancato rispetto degli obblighi e degli impegni relativi all’attuazione del PNRR (che, alla luce del successivo comma 3, si sostanziano nell’inadempimento, il ritardo, l’inerzia e la difformità), il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta della Cabina di regia o del ministro competente, assegna ai soggetti attuatori un termine per provvedere non superiore a 30 giorni. Si prevede inoltre una clausola di superamento del dissenso: in caso di “dissenso, diniego, opposizione o altro atto equivalente” che possano provenire sia da un organo statale sia da quello regionale, è previsto che se esso si riferisca all’organo statale, la questione sarà portata all’attenzione del Consiglio dei ministri; nell’ipotesi in cui, invece, esso riguardi l’organo regionale, la questione è sottoposta alla Conferenza permanente, chiamata a “concordare le iniziative da assumere”. Nel caso di stallo, tuttavia, sarà possibile per il Consiglio dei ministri esercitare i necessari poteri sostitutivi.

Alla luce di tutto ciò, esaminata la marginalità imposta alle Regioni nell’elaborazione dei progetti del PNRR, l’uso a scopo meramente consultivo delle Conferenze e l’ampliamento delle ipotesi di utilizzo dei poteri sostitutivi da parte del Governo centrale, pare chiaro che sull’altare della celerità sia stato sacrificata in buona parte la partecipazione delle Regioni che avranno il ruolo, sostanzialmente, di soggetti attuatori al pari di numerosi altri enti statali e non.

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