
a cura di Riccardo Zinnai
Il Ministero del Commercio della Repubblica popolare cinese aveva avviato il 10 luglio 2024 un’indagine sugli ostacoli posti dal Regolamento (UE) sulle sovvenzioni estere («Regolamento FSR») al commercio e agli investimenti. La procedura era stata sollecitata dalla Camera di commercio cinese per l’importazione e l’esportazione di macchinari e prodotti elettronici (CCCME) e si fondava sulla comune appartenenza della Cina e dell’Unione europea all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Al termine dell’indagine, il Ministero ha pubblicato il 9 gennaio 2025 un documento di venti pagine in cui ha concluso che il Regolamento FSR può considerarsi una barriera al commercio e agli investimenti.
Il primo problema menzionato nel report concerne l’applicazione selettiva del Regolamento nei confronti delle imprese cinesi, la quale costituirebbe una violazione del principio di non discriminazione stabilito dall’OMC. Viene ricordato, infatti, che le indagini approfondite negli appalti pubblici hanno riguardato esclusivamente imprese cinesi. Il rapporto, tuttavia, omette di indicare che l’unica decisione finora adottata in conclusione di un’indagine approfondita su una concentrazione ha riguardato gli Emirati Arabi Uniti e non la Cina. Ciò nonostante, è vero che il c.d. «capitalismo di Stato» cinese sia stato uno dei principali fattori che hanno condotto all’adozione del Regolamento.
Il secondo tema approfondito è quello delle ambiguità concettuali insite nelle nozioni di contributo finanziario estero e di sovvenzione estera, introdotte dall’art. 3 FSR, da cui derivano rilevanti incertezze per le imprese. Vi è il rischio che normali pratiche commerciali che coinvolgono uno Stato terzo, come l’affidamento di un appalto pubblico, siano ritenute dalla Commissione come fonti di sovvenzioni. È oggetto di ulteriore critica anche la modalità di valutazione circa l’esistenza di una sovvenzione estera distorsiva di un appalto pubblico. Infatti, secondo la prospettiva del Ministero del commercio cinese, il semplice raffronto tra il budget di gara e l’offerta presentata avrebbe portato all’esclusione di offerte ragionevoli e dagli elevati standard qualitativi. Non può negarsi che tale criterio sia stato effettivamente adottato dalla Commissione, essendovene la prova nel testo dei chiarimenti iniziali resi pubblici il 26 luglio 2024.
La terza criticità rilevata è quella dell’aggravio procedurale derivante dai significativi oneri informativi imposti alle imprese. Infatti, per quanto riguarda gli appalti, l’art. 28 FSR prevede che la notifica includa i contributi finanziari esteri ricevuti anche dalle imprese figlie senza autonomia commerciale e dalle società di partecipazione. Inoltre, per l’invio delle informazioni sono state poste scadenze particolarmente stringenti, ad esempio, fissando termini di 3-7 giorni. Effettivamente, l’art. 13 FSR contiene esclusivamente l’indicazione per la quale spetti alla Commissione fissare «un termine adeguato», senza prevederne una durata minima.
Sono inoltre criticate le modalità di conduzione delle ispezioni, talvolta coinvolgenti anche le forza pubblica, soprattutto quando queste siano svolte senza la previa apertura di «un’indagine formale». È utile soffermarsi su questa parte del report,, poiché riguarda una fase rilevante della procedura. Ai sensi dell’art. 10 FSR, infatti, le ispezioni sono consentite anche durante l’esame preliminare che può essere avviato qualora vi siano indicazioni della possibile esistenza di una sovvenzione estera. Inoltre, solamente a seguito dell’avvio di un’indagine approfondita vi è un obbligo per la Commissione di pubblicare la relativa decisione in G.U.U.E. Pertanto, le ispezioni condotte durante l’esame preliminare avvengono senza che le imprese o il paese terzo di appartenenza siano stati preventivamente informati della procedura. Di conseguenza, in tale fase non è possibile per lo Stato terzo richiedere l’avvio di consultazioni con l’UE o presentare osservazioni, venendosi così a creare un disallineamento con le procedure previste dall’art. 13 dell’Accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative. Il documento ministeriale, tuttavia, non considera queste previsioni normative, sebbene siano strettamente connesse al tema delle ispezioni «a sorpresa».
Il documento, comunque, risulta ulteriormente interessante poiché consente di apprendere la ragione per la quale, in alcuni casi, le imprese cinesi abbiano preferito ritirarsi dagli appalti pubblici senza attendere l’esito dell’indagine approfondita. Infatti, a fronte della possibilità di subire ammende o indennità di mora (artt. 17 e 33 FSR) qualora «intenzionalmente o per negligenza» siano fornite informazioni inesatte o fuorvianti, le imprese hanno ritenuto più opportuno evitare tale rischio anche in relazione alla grande quantità di informazioni richieste e al quadro di incertezza nel quale dovevano operare.
Sulla base delle circostanze sopra esposte, circa il 93% delle imprese coinvolte nell’indagine ha ritenuto che la normativa abbia introdotto nuovi ostacoli al commercio e agli investimenti nell’UE, specialmente a causa delle incertezze sul possibile operato della Commissione. Al rischio di subire sanzioni si aggiungono i costi derivanti dalla necessità di raccoglie le informazioni richieste e quelli collegati all’assistenza legale specializzata. Inoltre, i maggiori rischi di compliance influenzano le scelte delle imprese europee rendendole meno propense ad accettare investimenti o a collaborare con imprese cinesi se non tutelandosi anticipatamente mediante l’imposizione di specifiche clausole contrattuali.
Il rapporto cinese conclude affermando che il Regolamento FSR possa considerarsi una barriera commerciale e agli investimenti. Nel complesso, può osservarsi che il documento non sia particolarmente innovativo nei contenuti. Effettivamente, molte questioni sollevate dalle imprese cinesi erano già state analizzate successivamente all’entrata in vigore del Regolamento dalla scienza giuridica. L’elemento distintivo risiede nell’adozione di una posizione ufficiale e particolarmente critica verso il Regolamento FSR da parte del governo di un paese terzo. Tuttavia, il governo cinese non ha annunciato quali saranno le ulteriori conseguenze derivanti delle conclusioni alle quali è giunto. Infatti, per il momento, non è sono state avviate consultazioni sul tema nell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
La risposta dell’Unione europea al report è stata di sostenere nuovamente la piena compatibilità del Regolamento FSR con la normativa OMC, ricordando in particolare che il Regolamento si applica a tutte le imprese cosicché siano da escludersi le discriminazioni basate sulla nazionalità.
Tuttavia, l’Unione continua a considerare la Cina come partner commerciale con il quale è particolarmente difficile relazionarsi. Nel discorso pronunciato il 29 gennaio 2025, il commissario europeo per le relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche Maroš Šefčovič ha sottolineato la necessità di ridefinire le relazioni commerciali con la Cina sulla base di maggiore trasparenza e reciprocità. A suo avviso, occorre affrontare le politiche commerciali sleali che hanno come conseguenza la creazione di un eccesso di capacità produttiva. Nonostante ciò, rimane comunque possibile il rafforzamento dei legami commerciali e di investimento con l’obiettivo di instaurare un rapporto più equilibrato.
In conclusione, il rapporto cinese costituisce un ulteriore tassello nell’evoluzione delle complesse dinamiche commerciali tra la Cina e l’Unione europea. Inoltre, seppur dalla prospettiva parziale di un rivale commerciale, il documento ha messo in luce gli aspetti più controversi del Regolamento FSR. Vi potrebbero di conseguenza essere significativi benefici dalla pubblicazione di ulteriori chiarimenti ad opera della Commissione.