di Andrea Renzi
15/05/2017
Nell’esperienza globale del contenzioso amministrativo è possibile osservare una duplice struttura dei sistemi giurisdizionali. Da un lato si è in presenza di sistemi dualistici, di tipica ispirazione al Conseil d’Etat francese con la creazione di appositi organi giudiziari specializzati solo per il giudizio in merito all’attività amministrativa (1), dall’altro lato invece abbiamo delle strutturazioni monistiche con la competenza che permane in capo agli organi giurisdizionali ordinari anche per il contenzioso amministrativo, con al più la previsione di apposite sezioni amministrative all’interno di questi.
Tali elementi giuridici, seppur originari dei paesi occidentali, sono giunti ad essere adottati anche in paesi lontani e con tradizioni giuridiche originariamente molto distanti. Ed è proprio questo quanto è avvenuto nella struttura giuridica della Repubblica Popolare Cinese (中华⼈人⺠民共和国, Zhōnghuá Rénmín G nghéguó) con la legge sul processo civile (codice processuale civile) adottata l’8 marzo 1982.
Costituzionalmente, in realtà, era già contemplata la tutela giurisdizionale avverso la pubblica amministrazione già nei diversi atti di matrice costituzionale che si sono susseguiti nella seconda metà del Novecento (2). Tali previsioni per , in concordanza con il pensiero antilegalistico della Rivoluzione Culturale ed ancor più nella concezione tipicamente socialista dell’impossibilità di violazione dei diritti dei cittadini da parte di organi i quali rappresentano e sono al servizio del popolo, sono rimaste solamente previsioni formali, non disponendosi in alcun modo le modalità di tutela e gli organi a cui rivolgersi.
Nel 1982, anche a seguito di numerosi abusi verificatisi nei precedenti anni da parte dell’amministrazione, si è invece deciso di prevedere l’applicazione di un sistema monista di giustizia amministrativa. Specificamente viene disposto come gli organi giudiziari ordinari debbano giudicare anche in tema di contenzioso amministrativo, applicando le norme processuali civili ordinarie. Ulteriore evoluzione si è, invece, avuta nel 1990 dove, a seguito del lavoro compiuto da un apposito gruppo di ricerca, si è giunti all’adozione di una legge organica sul processo amministrativo. Seppur tale norma abbia segnato un punto di svolta fondamentale nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione, rappresentando una indispensabile transizione da la rule of the man alla rule of law, i numerosi limiti al sindacato e all’esercizio dell’azione sembrerebbero propendere più verso un miglioramento dell’efficienza amministrativa, che non a tutelare compiutamente la popolazione, mantenendo l’assetto tipicamente socialista della protezione verso il sistema pubblico.
La legge sul processo amministrativo cinese del 1990
Ma veniamo ora ad analizzare compiutamente il sistema fuoriuscito dagli interventi legislativi dell’ultimo ventennio. La Repubblica Popolare Cinese ha scelto di applicare un sindacato restrittivo, escludendo la possibilità di impugnazione per gli atti a natura astratta. Sono inoltre esclusi dal sindacato, gli atti adottati dalle forze armate, dal sistema giudiziario e legislativo oltre a quelli emessi dal Partito Comunista Cinese (3). La giurisdizione viene affidata alle Corti popolari generali con attribuzione dei casi alle specifiche sezioni amministrative formate al loro interno. La competenza invece, viene differenziata a seconda della tipologia degli atti contestati; la decisione di primo grado è affidata alle Corti popolari del livello di base, salvo che la controversia non presenti dei connotati di rilevante peculiarità e difficoltà, oppure sia prodotta da un atto adottato da autorità amministrative superiori, quali quelle di livello provinciale, delle regioni autonomo o delle municipalità autonome. In questi ultimi casi l’impugnazione deve essere rivolta esclusivamente alle Corti superiori (4).
La scelta di attribuire la competenza generale alle corti “locali”, maggiormente vicine alla cittadinanza, se da un lato favorisce l’accesso alla giustizia, dall’altro pone le difficoltà relative alla commistione tra amministrazione e giurisdizione. Infatti, nell’ottica del rigetto della separazione dei poteri di tipica matrice socialista, le Corti chiamate a giudicare sono sottoposte alla vigilanza dei Comitati esecutivi delle Assemblee popolari locali, e cioè proprio i principali organi competenti ad emettere gli atti amministrativi impugnabili (5).
Veniamo ora ad analizzare i requisiti sostanziali e processuali, richiesti dall’articolo 41, per accedere alla tutela giurisdizionale. Questi sono: sufficienti elementi di prova, l’indicazione di uno specifico provvedimento giudiziario, l’indicazione delle situazioni giuridiche ritenute violate e purché queste siano qualificabili o come diritti o come interessi legittimi, l’indicazione tassativa dell’atto che si impugna e dell’amministrazione da cui promana. Rispetto all’ultimo punto la legge pone specifica attenzione all’esclusione dalla contestazione del funzionario che ha adottato l’atto, rivolgendosi il ricorso soltanto all’organismo o all’ente pubblico (6).
Anche per quel che riguarda il risarcimento del danno, la richiesta deve essere rivolta nei confronti dell’autorità amministrativa. Il pagamento, qualora venga riconosciuta il diritto al ristoro, verrà per eseguito dalle strutture amministrative finanziare centrali, le quali poi chiederanno rimborso all’amministrazione che ha emanato l’atto, la quale a sua volta potrà rifarsi, anche in via parziale, sul singolo funzionario. Questo per , soltanto qualora emerga che il suo comportamento sia stato affetto da dolo o colpa grave. Le ripercussioni sul funzionario potranno soltanto essere di tipo pecuniario, escludendosi esplicitamente qualsiasi provvedimento disciplinare nei confronti di questo. Il diritto al risarcimento, inoltre, potrà essere riconosciuto soltanto in presenza di condotta antigiuridica affetta da dolo o colpa (in questo caso anche lieve) dell’amministrazione e soltanto se richiesta a seguito di un ricorso stragiudiziale amministrativo, ovvero unitamente alla richiesta giudiziale di annullamento dell’atto. La quantificazione del danno è invece limitata al solo danno emergente, con completa esclusione del lucro cessante (7).
Le caratteristiche del diritto al risarcimento lasciano emergere ancor più il ridotto interesse della legislazione cinese verso la piena tutela dei diritti e degli interessi legittimi della popolazione, a questo devono aggiungersi le numerose limitazioni all’impugnazione, con esplicita esclusione di quattro tipologie di atti dal controllo giurisdizionale, tra cui la totalità degli atti a natura astratta (8), e la previsione della giurisdizione condizionata dal previo esperimento del ricorso stragiudiziale prevista per alcuni casi specifici (9).
Comunque sia, la ridotta capacità tutelare del sistema non deve far perdere di vista le consistenti riforme che lo hanno investito e la trasformazione ancora in corso che il sistema giuridico cinese sta vivendo, con una sempre maggior propensione allo stato di diritto.
La riforma del 2014 e le ingerenze amministrative nel contenzioso
Come precedentemente analizzavamo, uno dei principali problemi della giustizia amministrativa (ma potremmo aggiungere della giustizia in genere) in Cina è la ridotta imparzialità delle Corti. Queste infatti sono sottoposte al controllo da parte delle autorità politico/amministrative del proprio territorio, tanto da venir definite, da autorevoli esponenti della scienza giuridica, come “emanazioni de facto della burocrazia locale e dei comitati locali di partito” (10).
Proprio nell’ottica di ridurre tali criticità è intervenuta la riforma del 2014, varata dal quarto plenum del 18° comitato centrale del Pcc, con l’istituzione delle sezioni distrettuali della Corte Suprema del Popolo (11). Queste sezioni distaccate sono emanazioni e rappresentazione diretta dell’organo giurisdizionale superiore ed, in quanto tali, rispondono delle stesse cause di questo in maniera definitiva (12).
La rilevanza per la trattazione in oggetto è data dall’attribuzione a tali sezioni distaccate della competenza per ci che riguarda le cause amministrative in primo grado di rilevanza nazionale; le cause di appello avverso sentenze amministrative pronunciate in primo grado dalla corte superiore del popolo; le richieste di nuovo processo nei confronti di sentenze amministrative pronunciate dalla corte superiore del popolo e che abbiano già acquistato efficacia giuridica; con l’ulteriore, possibile, estensione ad ogni altra che la Corte suprema ritenga debba essere decisa dai tribunali distrettuali (13).
Tale riforma, seppur non sciolga tutti i nodi inerenti all’imparzialità delle Corti, dimostrerebbe nuovamente la volontà delle istituzioni cinesi di omologarsi agli standard richiesti dalla concezione dello Stato di Diritto (14). Invariate restano invece le criticità inerenti alla scarsa propensione alla tutela del cittadino nei confronti dell’amministrazione pubblica.
Note
- Esperienza questa ripresa da paesi come Italia e Belgio
- Precisamente negli art 19 del Programma comune (para-costituzionale) del 1949, 97 della Costituzione del 1954, 27 della Costituzione del 1975, 55 della Costituzione del 1978 e attualmente all’art 41 della vigente Costituzione del 1982. Vedi MAZZA M. Lineamenti di diritto Costituzionale Cinese, Milano, Giuffrè Editore, 2006, p.100
- Seppur questa esclusione sembrerebbe come scontata in un ottica tradizionalmente occidentale, la mancanza di separazione dei poteri della RPC, oltreché il ruolo costituzionalmente garantito al PCC, rendono tale limitazione come fortemente restrittiva del diritto all’accesso alla giustizia
- Art 13-23 della Legge sul Processo Amministrativo ella Repubblica Popolare Cinese
- MAZZA M. Lineamenti di diritto Costituzionale Cinese, op. cit., p. 103
- Art 25 della Legge sul Processo Amministrativo della Repubblica Popolare Cinese
- Art 67-69 della Legge sul Processo Amministrativo della Repubblica Popolare Cinese. MAZZA M. Lineamenti di diritto Costituzionale Cinese, op. cit., p. 104-105
- Tra cui i provvedimenti riguardanti i dipendenti pubblici e gli atti delle amministrazioni pubbliche che altra legge preveda come non impugnabili. Art 12 della Legge sul Processo Amministrativo della Repubblica Popolare Cinese.
- MAZZA M. Lineamenti di diritto Costituzionale Cinese, op. cit., p. 103
- Secondo quanto afferma Bi Yuqian, direttore dell’Istituto di diritto processuale civile dell’Università di diritto e scienze politiche della Cina. A. MAVELLI, Riforma della giustizia, la Corte suprema del Popolo si “delocalizza”, disponibile su http://www.cinaforum.net
- I due tribunali sono posti nello Shenzhen, nella provincia delGuangdong, con giurisdizione sulle province di Hainan e del Guangdong (incluse le due regioni ad autonomia speciale di Hong Kong e Macao) e sulla regione autonoma del Guangxi. E nello Shenyang nel nord-est della Cina, che invece coprirà le province di Liaoning, Jilin e Heilongjiang.
- Art 2 del provvedimento “Questioni inerenti i casi che possono essere giudicati dai tribunali distrettuali della Corte suprema del popolo”, emanato dalla Corte Suprema del Popolo a seguito della delega ricevuta dal terzo plenum del 18° comitato centrale del Pcc. Disponibile, al sito court.gov.cn. Parziale traduzione disponibile su A. MAVELLI, Riforma della giustizia, la Corte suprema del Popolo si “delocalizza”, op cit
- Art 3 del provvedimento “Questioni inerenti i casi che possono essere giudicati dai tribunali distrettuali della Corte suprema del popolo”. Parziale traduzione disponibile su A. MAVELLI, Riforma della giustizia, la Corte suprema del Popolo si “delocalizza”, op cit
- O per utilizzare termini cinesi, omologarsi al principio noto come yifa zhiguo, traducibile come “Governo del Paese in base alla legge”