Piergiorgio Vaccarini
21 dicembre 2020
Il principio del “chi inquina paga” è un principio fondamentale nell’attività di gestione dei rifiuti, questo si contraddistingue dagli altri per la sua natura principalmente sanzionatoria dal momento che obbliga al pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento chiunque, durante lo svolgimento della propria attività, cagioni danni all’ambiente e/o alla salute pubblica.
In buona sostanza il principio, come disposto dalla Direttiva 2004/35/CE recepita in Italia con D.lgs. 152/2006, istituisce un sistema di imputazione personale della responsabilità in grado di collegare, tramite un nesso di causalità, un danno ambientale al suo autore. Fermo restando l’approccio piuttosto personalistico che il principio in esame dimostra, tanto sul profilo delle responsabilità dell’autore quanto sui suoi doveri di bonifica del sito inquinato, risulta interessante valutare se questo impedisca o meno al produttore di trasferire il servizio di smaltimento dei rifiuti a terzi soggetti.
Sul punto si è espressa la terza sezione del Tar Lazio con sentenza n. 9138 del 11/08/2020, in occasione di un ricorso promosso da parte di un gestore uscente del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti del Comune di Guidonia Montecelio, nel quale veniva impugnato il bando di gara e gli atti a questo allegati con i quali la Centrale di Committenza IX Comunità 2 Montana del Lazio, aveva indetto una procedura aperta per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto, smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed assimilati, per la durata di 3 anni.
La società ricorrente lamentava il carattere, a suo dire “escludente”, di alcune clausole del bando le quali, le avrebbero reso impossibile la formulazione di un’offerta seria e consapevole; denunciava inoltre che l’oggetto dell’appalto, come specificato nel bando, avrebbe violato il principio del “chi inquina paga” visto che avrebbe ricompreso, tra le classiche attività di raccolta e trasporto, anche quella di smaltimento dei rifiuti. Questo, secondo la ricorrente, avrebbe consentito al Comune di Guidonia Montecelio di spogliarsi delle proprie responsabilità in qualità di produttore dei rifiuti e di trasferirle in capo al soggetto appaltatore il quale, dovendosi caricare dei costi dello smaltimento, non sarebbe stato più tenuto alla sola prestazione di un servizio, bensì sarebbe divenuto a tutti gli effetti il responsabile della fase dello smaltimento in luogo del produttore originario.
La ricorrente in particolare lamentava: che i costi non erano stati predeterminati a monte sulla base di una tariffa fissa bensì sarebbero stati sottoposti ad una procedura di aggiudicazione concorrenziale “a ribasso”; che il Disciplinare di gara avrebbe previsto degli oneri aggiuntivi, non qualificabili e quantificabili, in capo al fornitore del servizio; che i costi del servizio sarebbero stati calcolati erroneamente su una base quinquennale, comprensiva tanto dei tre anni di durata dell’appalto quanto del biennio di una eventuale proroga.
A detta della ricorrente quindi, l’avvenuto trasferimento delle responsabilità di gestione, emergerebbe già dai criteri di calcolo e di distribuzione dei costi utilizzati nel bando e infatti è evidente che, se i costi del servizio sono “variabili” nel loro ammontare ma la somma corrisposta dal produttore all’aggiudicatario è “fissa”, vuol dire che gli eventuali costi aggiuntivi, necessari allo svolgimento del servizio, sono allora a carico dell’impresa aggiudicatrice e non del produttore.
Dunque, secondo la ricorrente, quanto appena osservato configurerebbe una violazione del principio del “chi inquina paga” in quanto la previsione nel bando di costi variabili o comunque non determinati nel loro ammontare, non consentirebbe al produttore dei rifiuti di farsi totalmente carico, come dovrebbe essere, del costo effettivamente sostenuto dall’impresa aggiudicatrice per lo smaltimento dei rifiuti da questo prodotti; proprio perciò, secondo la ricorrente, l’unico modo per garantire il rispetto del suddetto principio, nel caso di specie, sarebbe stato quello di prevedere nel bando dei costi fissi.
In risposta al ricorso il Giudice adito respinge il primo motivo, sostenendo che la variabilità dei costi sarebbe giustificata sia dal livello di efficienza del sistema di gestione adottato dall’impresa aggiudicatrice sia dalla tipologia dell’impianto da questa prescelto visto che il bando non le imporrebbe l’utilizzo di un impianto specifico.
Per quanto concerne il secondo motivo, questo va respinto in quanto si osserva che l’articolo 12 del capitolato non sarebbe stato introdotto al fine di prevedere dei costi indefiniti a carico dell’aggiudicatario bensì al solo fine di responsabilizzare i concorrenti in gara a scegliere, tra gli impianti idonei a disposizione, quello più idoneo a garantire un servizio efficiente e pertanto la norma non sarebbe in grado di alterare in alcun modo l’assetto delle competenze e delle responsabilità previste dall’ordinamento in materia di smaltimento dei rifiuti.
Per quanto concerne poi il terzo motivo, si specifica che il calcolo del costo della prestazione è avvenuto su base quinquennale soltanto per dare ai partecipanti una cognizione dei costi generali, compresivi anche dell’eventuale periodo di proroga del servizio, così da consentire loro di calibrare meglio la propria offerta.
Il Tribunale Amministrativo adito quindi, ritenuti inammissibili alcuni motivi di ricorso e infondati degli altri, respinge il ricorso escludendo da una parte ogni carattere “escludente” delle clausole impugnate e dall’altra qualsiasi violazione del principio “chi inquina paga”.
Su questo secondo profilo, il Tribunale si focalizza maggiormente ed esclude che il rispetto del principio in esame implichi l’esistenza, per il produttore dei rifiuti, di un qualche divieto che gli impedisca di attribuire una delle fasi dell’attività di gestione dei rifiuti ad un operatore economico che, dotato di specifiche competenze tecniche, fornisca comunque un servizio compatibile con i parametri di economicità ed efficienza. A conferma di ciò, il Collegio giudicante osserva che proprio ai sensi dell’art. 14 della direttiva 2008/98/CE, è consentito al produttore dei rifiuti di trasferire l’attività di smaltimento nonché il pagamento del relativo costo, ad un operatore economico specializzato a patto che ciò avvenga dietro un corrispettivo che sia ritenuto idoneo a coprire, oltre l’utile d’impresa, tutti i costi che l’operatore economico dovrà sostenere per lo smaltimento. Vien da sé che quando il corrispettivo rispetta questi requisiti, l’appalto del servizio di smaltimento dei rifiuti non altera in alcun modo l’assetto delle responsabilità del produttore dei rifiuti e pertanto non vi è alcuna violazione del principio “chi inquina paga”.