Luciano Vitali
06/05/2021
Lo scorso 21 Marzo, l’Autorità europea dei mercati finanziari (Esma) ha multato 5 divisioni del gruppo Moody’s stabilite in Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito per 3,703 milioni di euro per violazione del Regolamento europeo sulle agenzie di rating in relazione all’indipendenza e alla prevenzione dei conflitti di interesse degli azionisti.
La crisi finanziaria globale del 2008 ha attirato l’attenzione sul ruolo delle agenzie di rating del credito (CRA) e sulle ripercussioni per i mercati finanziari dei loro rating. Le attività delle CRA, che all’epoca erano poco regolamentate in Europa, sono entrate nell’ordine dei lavori legislativi dell’Unione europea (UE). Al fine di potenziare la vigilanza su un settore così cruciale per l’intero sistema finanziario europeo, sono stati conferiti all’ESMA poteri esclusivi per quanto concerne la registrazione delle agenzie di rating del credito, il monitoraggio del loro operato e l’adozione di decisioni di vigilanza. Attualmente, l’ESMA esercita la vigilanza su 23 agenzie di rating del credito registrate nell’UE.
Moody’s è la più importante agenzia di rating al mondo insieme a Standard and Poor’s e Fitch ed è quotata a Wall Street e partecipata da numerosi fondi di investimenti quali Berkshire Hathaway (la società del finanziere Warren Buffet) con il 13%, Vanguard (6,9%), Blackrock (3,9%) e da una decina di altri asset manager con quote decrescenti. Proprio le elevate partecipazioni di tali fondi nella CRA (acronimo di agenzia di rating) sarebbero alla base di alcune delle violazioni accertate dall’Esma.
L’analisi del provvedimento adottato nei confronti di Moody’s UK mostra come l’Esma abbia accertato cinque violazioni del Regolamento CRA, tutte strettamente legate all’articolo 6, il quale impone “a tutte le agenzie di rating di adottare tutte le misure necessarie per garantire che l’emissione di un rating del credito o della prospettiva di un rating non sia influenzata da alcun conflitto di interesse esistente o potenziale”. Per portare avanti tale obiettivo, così come previsto dal comma 2, “un’agenzia di rating del credito adempie agli obblighi di cui all’allegato I, sezioni A e B”. Ed è proprio in relazione a questo contesto normativo che vengono in rilievo le violazioni compiute dall’agenzia di rating le quali sono dettagliatamente elencate all’allegato III, sempre del medesimo regolamento.
La prima delle violazioni contestate a Moody’s riguarda il mancato approntamento di politiche adeguate per evitare il conflitto di interesse nel caso dell’emissione di rating di strumenti finanziari nei confronti di soggetti che siano anche azionisti della CRA e nello specifico azionisti con un’influenza rilevante nella società, in quanto in possesso di una percentuale superiore al 10% del capitale sociale. Per questi azionisti un apposito procedimento previsto dalla CRA prevedeva un divieto di emettere nuovi rating nei confronti di chi fosse in possesso di almeno il 10% del capitale sociale di Moody’s, al fine di evitare conflitti di interesse. Tuttavia, un’esenzione permetteva di emettere il rating in caso di rating già esistente (cd. “Anticipated/Subsequent”) risultando i rating emessi, sulla base di questo “cavillo”, totalmente legittimi. Tale pratica è stata condannata dall’Esma in quanto avrebbe, a suo parere, “illegittimamente esteso lo scopo dei rating esistenti così come concepiti nel regolamento sulle CRA e di conseguenza deviato dalle finalità della stessa regolazione”. Inoltre, Moody’s sarebbe anche colpevole di aver erroneamente classificato il “Process Walk-Thru”, ossia il documento che tratteggiava l’implementazione da parte dell’impresa dei suoi obblighi inerenti il rispetto dei requisiti riguardo i conflitti d’interesse, come delle semplici line guida aziendali, escludendole così di fatto dai procedimenti di Moody’s relative agli azionisti. Per questo “infringement” la CRA è stata multata di oltre 800.000 dollari.
La seconda violazione si riallaccia in realtà al primo punto sopra analizzato. Si tratta infatti dell’effettiva emissione di un rating nei confronti di “Northern Powergrid Limited” nonostante al momento del rating, nel Marzo 2015, un azionista detentore di più del 10% del capitale votante della CRA fosse anche un membro del consiglio direttivo proprio della società di cui veniva valutata l’affidabilità dello strumento finanziario rilasciato. La valutazione fatta da Moody’s faceva leva sullo stesso principio sopra analizzato, ovvero quello dell’esenzione per i rating già esistenti, del quale veniva ribadita l’illegittimità.
La terza violazione è stata rilevata riguardo la mancata divulgazione di informazioni riguardanti i conflitti di interesse legati ai propri azionisti. In particolare, in riferimento al punto 3 della sezione B dell’allegato I del regolamento sulle CRA, un’agenzia deve, quando un rating esistente è potenzialmente condizionato da un conflitto d’interesse, fornire informazioni riguardo al fatto che uno dei suoi azionisti, in possesso di almeno il 5% del capitale votante, possegga anche il 5% o più della società cui il rating è relazionato. Nel caso di Moody’s è stata stimata la carenza di informazioni relative al conflitto di interessi in 278 casi, di cui 101 riguardavano istituti già valutati, il che rende evidente la mancanza di adesione ai requisiti in tema di divulgazione dell’informazione previste del regolamento sulle CRA. La multa in questo caso è risultata essere di 420.ooo euro, rimodulata a 260.000 sulla base dei massimali previsti dall’articolo 36a comma 4 del regolamento.
Di maggior severità è risultata essere la sanzione per la quarta violazione accertata dall’Autorità, concernente la carenza di requisiti organizzativi, adeguati ed efficaci, ad individuare e prevenire i possibili conflitti d’interesse. Per fare ciò, secondo l’Esma, un’agenzia dovrebbe essere capace di ottenere informazioni dirette sulle società valutate e sugli azionisti di queste che siano sufficientemente affidabili. Tuttavia, nel caso di Moody’s, l’analisi della struttura riguardante il “data gathering” mostrava delle forti incongruenze che non permettevano di acquisire informazioni certe dai clienti contattati i quali si limitavano a fornire informazioni scarne o incomplete; nonostante ciò, la CRA che era al corrente della scarsa documentazione fornita dai propri clienti, non si curava di rimediare alla scarsità di informazioni in suo possesso. Questa incompleta informazione non può non aver influito sulla divulgazione dei report da parte di Moody’s e sulle valutazioni effettuate nei confronti degli enti interessati e per questo, viene comminata una multa da 825.000 euro.
L’ultima violazione presa in considerazione dall’Esma è quella relativa alla mancanza di un sistema amministrativo ed un meccanismo interno di riparto delle responsabilità che possa definirsi “in buono stato” (sound). La necessità di garantire tali procedimenti legati ai controlli interni o alla valutazione dei rischi, è sancita dal punto 4 della sezione A del primo allegato, secondo il quale tali sistemi garantiscono “l’adesione alle decisioni e ai procedimenti di ogni livello riguardanti le agenzie di rating”. Nello specifico, il sistema di controlli interni approntato da Moody’s, risulta essere frammentato mediante l’attribuzione di quattro diverse funzioni, il che comporta una confusione riguardo l’individuazione di un soggetto responsabile e la mancanza di un controllo completo dei processi che portano all’adeguamento alla regolazione riguardante gli azionisti della società; inoltre l’Esma ha rilevato come il Process Walk-Thru (di cui si parla anche nella prima violazione contestata) non fosse propriamente aggiornato in modo tale da essere coerente con le linee guida aziendali. Risultava così impossibile individuare sia il tipo di attività di controllo che dovevano essere portate avanti al fine di evitare i conflitti di interesse sia i soggetti responsabili per vigilare sul corretto espletamento di tali attività. Anche in questo caso, la multa comminate ammonta a 825.000.
Alla luce del provvedimento analizzato è possibile formulare alcune osservazioni.
In primo luogo, è bene sottolineare come non si tratti del primo caso di intervento diretto dell’ESMA nell’ambito delle sue funzioni di vigilanza dirette sulle CRAs. Infatti, due anni fa, anche Fitch ricevette una multa di 5 milioni di euro sostanzialmente con le stesse motivazioni. Si tratta di interventi che risollevano, con una certa ciclicità, la questione mai risolta dei potenziali conflitti di interessi di queste agenzie. Tra i loro azionisti ci sono infatti fondi che hanno partecipazioni chiave nelle società su cui l’agenzia stessa esprime valutazioni di solidità finanziaria e che ne influenzano anche il valore di borsa. In teoria dovrebbero esistere barriere invalicabili tra le attività dell’agenzia e i suoi soci, tuttavia secondo Esma, e secondo molti osservatori, non sempre questo avviene.
In secondo luogo, proprio alla luce della ripetitività con il quale si verificano tali violazioni è legittimo interrogarsi sul reale effetto deterrente del provvedimento sanzionatorio. Potrebbe risultare infatti non sufficientemente proporzionata una multa dal valore di 3.7 milioni di euro, per un’agenzia di rating tra le più famose al mondo di cui solo il dipartimento UK registrava nel 2019 entrate per oltre 200 milioni di euro, soprattutto se si considera che le violazioni si estendono nell’arco di ben quattro anni, ovvero dal 2013 al 2017. L’esiguità della sanzione rischierebbe di farla rientrare nella voce dei costi “calcolati” che l’agenzia è disposta a sopportare a fronte di introiti di gran lunga superiori. Allo stesso tempo, anche la sanzione della “gogna mediatica” mediante la pubblicazione del provvedimento potrebbe risultare di scarsa rilevanza non andando ad intaccare la reputazione della società la quale continuerebbe ad esercitare un’influenza dominante in un mercato in cui la concorrenza è di appannaggio di pochi altri colossi del rating. Potrebbe dunque essere necessario, nei prossimi anni, un ripensamento della disciplina in tema di conflitti di interesse al fine di adottare un approccio sinergico che partendo da un irrobustimento delle sanzioni, passando per una loro effettività e giungendo a stimolare un maggior trasparenza degli assetti societari, permetta di tutelare al meglio gli investitori garantendo loro dei rating di strumenti finanziari esenti da qualsiasi influenza esterna.