FRANCESCA SACCAVINO
28/05/2019
Il 1° aprile 2019 è stata presentata al Parlamento la Relazione relativa all’esercizio dei golden powers dal 1° luglio 2016 al 31 dicembre 2018, come previsto dall’articolo 3-bis del decreto-legislativo 21\2012. Già nella nota introduttiva viene anticipato che rispetto alla relazione del 2016 si nota un “trend in ascesa del numero di operazioni straordinarie su attivi strategici portate all’attenzione del governo”. Tale andamento crescente viene ricondotto ad una “accresciuta consapevolezza […] della rilevanza dei doveri imposti dalla normativa sui poteri speciali”. Questo è confermato dai dati forniti dalle amministrazioni: Nel periodo analizzato le notifiche complessive sono state 86. Si passa però dalle sole 10 pervenute nel 2016, alle 30 del 2017, alle 46 del 2018. Rispetto al precedente periodo di monitoraggio che andava dal 3 ottobre 2014 al 30 giugno 2016 si è passati da 14 a 50 notifiche nei settori della difesa e sicurezza nazionale e da 16 a 36 nei comparti di energia, trasporti e telecomunicazioni. Tuttavia sulla totalità delle notifiche, solo in un caso è stato attivato il potere di veto, opponendosi all’acquisizione della totalità del capitale sociale della costituenda società NEXT AST s.r.l. da parte della società italiana ALTRAN ITALIA s.p.a. in quanto era emerso che l’operazione avesse rilevanza, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 21\2012, per gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale. Inoltre solo in 10 casi sono stati attivati i poteri speciali imponendo delle prescrizioni senza bloccare del tutto l’operazione. È interessante notare che nell’ambito dei casi in cui sono stati attivati i poteri speciali, le società a partecipazione pubblica sono state interessate solo per circa metà delle operazioni valutate. Questo dimostra che sebbene fino ad ora ci sia stato un uso quantitativamente contenuto dei poteri speciali, tale uso non sia stato indirizzato solamente alla protezione di società a partecipazione pubblica, dimostrando un totale superamento della logica del precedente golden share. Da ultimo solo tre casi hanno riguardato investitori extraeuropei: il trasferimento della produzione di componenti destinati alle forze armate italiane dagli stabilimenti italiani a quelli americani della GE-AVIO s.r.l. ; il trasferimento del ramo d’azienda StarMille per la produzione di radio militari di Thales Italia alla malese Sapura Thales Electronics; ed infine il passaggio da parte di Piaggio Aereo del ramo d’azienda si aeromobili Evo alla Pac Investment, società registrata in Lussemburgo ma con presenza di investitori cinesi.
Le amministrazioni partecipanti al Gruppo di coordinamento hanno condotto, per i profili di rispettiva competenza, una riflessione incentrata, tra le altre questioni, su: l’adeguatezza dell’attuale disciplina sul golden power rispetto agli interessi pubblici da tutelare e la coerenza sistematica dell’attuale impianto normativo. Complessivamente le amministrazioni coinvolte nell’esercizio dei poteri speciali ritengono che “L’esperienza di questi quattro anni di applicazione della normativa ha dimostrato che, nel complesso, il sistema italiano in materia di poteri speciali risulta ben strutturato ed adeguato rispetto agli interessi pubblici da tutelare.” Viene inoltre specificato che l’esercizio dei poteri speciali si configura non solo come un presidio per le attività strategiche che fanno capo alle società destinatarie di operazioni di acquisizioni, ma al contempo anche come uno strumento di tutela della relativa dimensione industriale e del complesso di conoscenze tecnologiche che assieme costituiscono un patrimonio strategico non solo delle società target ma anche dell’intero sistema paese”. Si scorge quindi una ulteriore finalità dei poteri speciali, che non è solo quella di tutelare gli interessi strategici del paese ma proprio quella di proteggere il sistema paese e le conoscenze più avanzate che nel corso del tempo vengono acquisite. Questo commento, sembra nascondere una tendenza al sovranismo della disciplina dei golden powers, che sembrerebbe essere in contrasto anche con gli obbiettivi della nuova regolamentazione europea che ha come finalità una maggiore libertà di investimento e apertura agli investimenti esteri. Inoltre l’attenzione alle nuove tecnologie è sicuramente un elemento innovativo rispetto al precedente periodo di analisi pre-2016. Come specificato dalla relazione stessa si tratta di un trend riscontrabile anche in altri paesi europei ed extraeuropei, di “cercare […] forme efficaci di selezione delle operazioni potenzialmente lesive dell’interesse nazionale, non solo sotto il profilo della difesa e della sicurezza interna, ma anche al fine della protezione del know-how, dei brevetti, delle competenze industriali e tecnologiche e della stabilità finanziaria delle imprese soggette ad acquisizione.” Di base quindi si tratta di un giudizio positivo rispetto al funzionamento e all’efficacia del sistema italiano di controllo degli investimenti stranieri che viene confermato anche in ambito europeo “grazie ai tempi certi della procedura, alla riservatezza delle informazioni fornite dalle imprese e alle modalità trasparenti e snelle di gestione.”
Per quanto attiene alla coerenza sistematica dell’impianto normativo va menzionata l’introduzione, con riferimento al settore della difesa e della sicurezza nazionale, all’articolo 1 del decreto-legge21\2012 di una norma di chiusura contenuta nel comma 8bis, il quale prevede che “chiunque non osservi gli obblighi di notifica di cui al presente articolo è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria”. Previsione importante poiché la sua precedente assenza aveva reso impossibile l’avvio nei confronti di Vivendi, del procedimento sanzionatorio legato alla violazione dell’obbligo di notifica.
Ultimo elemento rilevante da analizzare, emergente dalla lettura della relazione, è che il paventato “pericolo cinese” in realtà non ha ancora raggiunto livelli emergenziali. Questo però potrebbe essere il risultato di una carenza della normativa che non copre a sufficienza i settori tecnologici più interessati, considerando che è ancora ferma la riforma varata col decreto fiscale del 2017 che estende l’ambito di applicazione dei golden powers al settore della “alta intensità tecnologica”, in quanto manca il provvedimento attuativo che renda operativa tale estensione. Inoltre nell’ambito delle telecomunicazioni non è ancora operativo il Centro di Valutazione e Certificazione Nazionale ( CVCN), che presso il ministero dello sviluppo economico dovrà verificare “per la verifica delle condizioni di sicurezza e dell’assenza di vulnerabilità di prodotti, apparati, e sistemi destinati ad essere utilizzati per il funzionamento di reti, servizi e infrastrutture strategiche, nonché di ogni altro operatore per cui sussiste un interesse nazionale.” L’attività di questo organo permetterà sicuramente di valutare se determinate apparecchiature presentino delle criticità tali da richiedere l’esercizio dei poteri speciali del governo.