Lab-IP

L’ENTE COMUNALE E L’INDIVIDUAZIONE DELLO STABILIMENTO ADEGUATO: TRA AUTONOMIA ORGANIZZATIVA E RISPETTO DEL PRINCIPIO DI PROSSIMITÀ

PIERGIORGIO VACCARINI

19 ottobre 2020

Nel mese di gennaio del 2018, una società, esercente servizi legati alla gestione dei rifiuti nella Regione Lazio, propone ricorso al T.A.R. Lazio avverso il silenzio serbato dall’amministrazione regionale su una richiesta di intervento con i poteri di indirizzo e controllo, per garantire il rispetto del principio di prossimità territoriale da parte del Comune di Sant’Ambrogio Garigliano (Fr). Quest’ultimo, infatti, non stava conferendo i propri rifiuti urbani presso l’impianto di trattamento più vicino al luogo di raccolta.

Nel caso di specie, il Comune, fino all’anno 2015, aveva destinato la frazione secca dei rifiuti presso l’impianto di trattamento gestito dalla società ricorrente, sito nel Comune di Castelforte distante sedici chilometri dallo stesso. 

A partire dal 2016, invece, il Comune di Sant’Ambrogio aveva iniziato a conferire i rifiuti in un altro impianto, gestito dalla Società Ambiente Frosinone sito nel Comune di Colfelice, distante trentaquattro chilometri dal medesimo.

Nelle more del giudizio, sopraggiunge la risposta della Regione con nota del 13 aprile 2018, la quale viene impugnata dalla società con motivi aggiunti.

Il T.A.R. Lazio, pronunciatosi con sentenza n. 06324/2019, dichiara il ricorso introduttivo improcedibile e respinge la domanda di impugnazione di cui ai motivi aggiunti.

Nel 2019, dunque,  la società insoddisfatta, propone appello contro la sentenza di primo grado chiedendone l’integrale riforma, deducendo cinque motivi di impugnazione: con il primo e il terzo motivo l’appellante deduce la nullità del provvedimento regionale per indeterminatezza o comunque per grave contraddittorietà; con il secondo motivo rileva la violazione del principio di prossimità; con il quarto motivo deduce l’errore del T.A.R. nel ritenere che i poteri della Regione non si estendono fino a consentirle una intromissione nella gestione dei rifiuti da parte dei Comuni; con il quinto motivo si censura la nota regionale nella parte in cui afferma che nell’ipotesi di una revoca dell’affidamento diretto alla società incaricata, l’appalto non sarebbe tornato automaticamente al precedente affidatario, data la necessità di esperire una nuova gara pubblica.

Il Consiglio di Stato, trattenuta la causa in decisione in data 04/06/2020, si pronuncia con Sentenza n.3895/2020, respingendo l’appello ritenuto manifestamente infondato e confermando integralmente la sentenza di primo grado.

Il giudice di seconde cure nell’analisi della fattispecie sembra focalizzarsi principalmente su due aspetti: in primo luogo sulla portata applicativa del principio di prossimità e in secondo luogo sulla ripartizione delle competenze regionali e comunali in materia di gestione dei rifiuti.

Con riguardo al primo aspetto bisogna osservare che, a giudicare dal secondo motivo di appello, l’appellante sembra intendere il principio di prossimità in modo prettamente “fisico” in quanto ne lamenta una violazione sulla base della sola distanza chilometrica intercorrente tra i due siti di smaltimento e il Comune di Sant’Ambrogio, evidenziando come, per Comune, il centro di smaltimento sito in Colfelice risulti di fatto più distante rispetto a quello di Castelforte. 

Sul punto in realtà il giudice ha modo di osservare che, ai sensi dell’art. 182 bis, lett. “b”, secondo cui “Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti […..] al fine di: permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta”, il principio di prossimità non andrebbe considerato nella sua mera connotazione “fisica”, legata alla semplice distanza chilometrica intercorrente tra il luogo di produzione e/o di raccolta dei rifiuti e quello di trattamento di questi, quanto sarebbe da intendere più come frutto di uno scrupoloso bilanciamento tra la distanza chilometrica dell’impianto rispetto al luogo di raccolta e/o produzione di rifiuti e la sua concreta idoneità a svolgere l’attività richiesta. Infatti, il criterio della vicinanza non sarebbe da solo sufficiente al rispetto del principio di prossimità, in quanto oltre alla distanza è necessario verificare se un dato impianto sia effettivamente in grado di procedere al trattamento richiesto; proprio perciò è lecito che un comune, tra due o più impianti a disposizione, scelga quello più lontano, laddove risulti essere il più idoneo al trattamento di quella specifica tipologia di rifiuti urbani.

Inoltre, il giudice osserva come per l’applicazione del principio di prossimità non si possa prescindere da una correlazione con il principio di autosufficienza, ai sensi del quale la Regione è tenuta ad individuare, sulla base di criteri geografici, demografici e dimensionali, un ambito territoriale all’interno del quale si possano smaltire tutti i rifiuti indifferenziati nello stesso prodotti.

Non a caso infatti, il Codice dell’Ambiente all’art. 200 dispone che “La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale[…]”; nel caso della Regione Lazio, il piano regionale, approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 14 del 18/01/2012, ha previsto cinque Ambiti Territoriali Ottimali, tra cui l’ATO Frosinone in cui sono compresi entrambi gli stabilimenti oggetto della controversia. Proprio perciò la Regione, a parer del giudice, sarebbe nel giusto quando afferma che, considerando che i due impianti in causa appartengono entrambi allo stesso ATO, l’impianto sito in Colfelice di fatto rientra tra quelli “più vicini” utilizzabili dal Comune di Sant’Ambrogio.

Per quanto concerne invece la questione delle competenze regionali e comunali in materia di gestione di rifiuti va osservato che, secondo la ripartizione delle competenze in materia risultante dal Piano di Gestione dei Rifiuti (PGR) della regione Lazio, questa ha sia il compito di predisporre dei Piani regionali di gestione dei rifiuti atti ad individuare, con l’ausilio delle Province, i criteri utilizzabili per l’individuazione delle aree idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti nonché dunque le aree idonee, sia il compito di attuare un’attività di vigilanza sulla concreta gestione dei rifiuti operata dai Comuni, attività quest’ultima che sarebbe garantita da informazioni sulla produzione, sulla percentuale di raccolta, sulle caratteristiche degli impianti e sulla capacità degli stessi. È invece compito dei Comuni quello di esercitare nel concreto l’attività di gestione individuando autonomamente, ma nel rispetto della disciplina ATO, le modalità ed i siti idonei allo smaltimento dei rifiuti urbani.

Proprio perciò, il giudice nel caso di specie ritiene pienamente lecita e legittima la decisione del Comune.

Inoltre, ritiene del tutto infondata la pretesa della ricorrente quando sostiene che la Regione sarebbe stata tenuta ad attivare i propri poteri sostitutivi al fine di intervenire nel merito dell’attività comunale, in quanto non avendo la Regione Lazio attivato alcuna forma di gestione centralizzata, lascia ai Comuni il compito di gestire in autonomia i rifiuti urbani, anche perché, i servizi di igiene urbana attinenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti, rientrano nella qualificazione dell’art. 112 TUEL (T.U. Enti locali) ai sensi del quale “gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali“. Proprio perciò nel caso di specie, il potere della Regione risulta limitato alla sola attività di predisposizione del Piano di gestione, sarebbe pertanto da escludere che questa possa esercitare poteri di controllo sul rispetto delle prescrizioni normative sulla gestione dei rifiuti ed in particolare sull’osservanza del principio di prossimità da parte dei Comuni o che possa direttamente intervenire, tramite poteri sostitutivi di qualsiasi genere, sugli appalti comunali.

FacebooktwitterredditpinterestlinkedintumblrmailFacebooktwitterredditpinterestlinkedintumblrmail