Mario Pizzuti
10/01/2019.
La gestione del ciclo dei rifiuti nella Capitale versa ormai da molto tempo, in una situazione emergenziale, in quanto vi sono delle difficoltà nella chiusura del ciclo della vita dei prodotti, divenuti rifiuti. Il problema, tuttavia, non è da considerarsi come un mero imprevisto, in quanto, vi sono delle carenze sistemiche nel ciclo della gestione dei rifiuti urbani ed assimilati.
La mancanza di una pianificazione volgente lo sguardo al lungo periodo, accompagnata dal sistematico ricorso a contratti per lo smaltimento dei rifiuti in altre Regioni (o addirittura all’estero) e dal verificarsi di eventi nefasti (facendo riferimento all’incendio dell’impianto di trattamento meccanico-biologico situato in Via Salaria, che smaltiva circa un terzo dei rifiuti indifferenziati romani), hanno portato la Capitale ad una situazione di costante emergenza nella gestione del ciclo dei rifiuti urbani ed assimilati.
Parte delle colpe possono essere attribuite alla gestione non ottimale da parte della società affidataria del servizio pubblico AMA (tra i quali compiti figura il miglioramento della qualità del servizio di gestione dei rifiuti). Si registra una carenza impiantistica di rilevante importanza, l’inadeguatezza del parco dei mezzi, l’assenza di centri di riuso e un’insoddisfacente diffusione della raccolta secondo la modalità “porta a porta”.
La mancanza di una corretta pianificazione si ripercuote in modo particolarmente accentuato sulla vita dei cittadini della capitale, con rischi concreti anche sotto il profilo igienico e sanitario, tanto che, l’Associazione Nazionale dei Presidi si è mobilitata minacciando la chiusura delle scuole per il giorno 7 gennaio 2019, in quanto, vi è un rischio concreto di epidemie, incrementato dall’abbandono dei rifiuti sotto il sole e le intemperie, per non parlare del degrado visivo, che ha delle dirette ripercussioni sul turismo e l’immagine internazionale della città.
Delle responsabilità si devono rinvenire anche nei diversi livelli amministrativi. Infatti, in base alla ripartizione delle competenze che emerge dal D. lgs. 152/2006, allo Stato spetta l’adozione e la predisposizione di criteri generali per la gestione del ciclo dei rifiuti, nonché la promozione di “linee guida”. Alle Regioni spetta l’approvazione dei progetti per la realizzazione di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti, nonché, la redazione dei piani Regionali per la gestione dei rifiuti stessi, di cui all’art. 199 del Codice dell’Ambiente.
Nel Lazio non si redige un nuovo piano per la gestione dei rifiuti dall’ormai lontano 2012, e la Regione per il compimento dell’iterdi consultazione per la redazione del piano, abbisogna delle informazioni che dovranno essere fornite dalle Province, che detengono le funzioni di programmazione ed organizzazione del recupero al livello provinciale.
I Comuni hanno delle competenze concorrenti nella gestione dei rifiuti urbani ed assimilati, nel nostro caso è AMA, una società per azioni nella quale l’unico azionista è il Comune di Roma (ravvisandosi il requisito del c.d. “controllo analogo” tipico delle società in house).
La maggior parte delle responsabilità sono da attribuire alla Giunta Capitolina, la quale è stata sempre contraria ad aprire nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti (inceneritori e discariche), ed ha puntato ad un incremento della raccolta differenziata fino al 70% dei rifiuti prodotti entro il 2021. Quest’obbiettivo è ancora lontano (se non utopistico), in quanto, la quota di raccolta differenziata ammontava al 44.33% dei rifiuti prodotti con riferimento a quanto riportato nel sito del comune di Roma nell’anno 2017, arrivando al 45.33% nell’anno 2018, con un aumento dell’1% annuo.
Le criticità relative alla gestione dei rifiuti urbani nel Comune di Roma sono rintracciabili in molte fasi della filiera dal momento in cui i rifiuti vengono raccolti fino al momento in cui vengono smaltiti.
Nella Capitale vengono prodotti ogni giorno circa 4700 tonnellate di rifiuti di cui il 45.33% sono rifiuti differenziati che vengono gestiti dai consorzi di filiera. I materiali differenziati vengono portati negli impianti di selezione, dove vengono ulteriormente smistati attraverso la separazione meccanica. Successivamente i consorzi di filiera, a seguito delle operazioni di recupero e riciclo, rimettono tali materie prime secondarie nel mercato, a disposizione dell’industria. A seconda del materiale i rifiuti da imballaggio vengono spediti nei consorzi di filiera, che operano all’interno del CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) e sono: Coerve per il vetro, Coerpla per la plastica, Cial per l’alluminio e Ricrea per l’acciaio, Comieco per la carta e il cartone.
Le difficoltà nello smaltimento dei rifiuti urbani sono destinate a ripercuotersi, in modo quasi meccanico, sul servizio di raccolta dei rifiuti, nel quale si possono rintracciare con estrema facilità delle criticità rilevanti come: una diffusa disomogeneità, obsolescenza tecnologica e arretratezza del parco dei mezzi AMA ( i mezzi dell’affidataria del servizio pubblico hanno un’età media di 8.2 anni e vi sono dei mezzi che hanno addirittura 19 anni). L’AMA su quest’ultimo versante si è proposta l’obbiettivo di modernizzare i mezzi che devono essere impiegati nella raccolta, attuando una drastica sostituzione degli stessi entro l’anno 2021.
Un’altra criticità si deve riscontrare nella mancata attuazione di un sistema diffuso di raccolta dei rifiuti secondo la modalità “porta a porta”, essenziale per aumentare la filiera dei rifiuti differenziati. Allo stato dei fatti, la raccolta dei rifiuti della Capitale avviene principalmente con la modalità c.d. “su strada”, essendo la raccolta “porta a porta” operativa in soli tremunicipi (il I, il VI e il IX Municipio). Grazie ai benefici riscontrati attraverso il suddetto metodo di raccolta dei rifiuti, si sta provvedendo ad estendere la metodologia anche in altri Municipi della Città. Il traguardo ambizioso di AMA è proprio quello di estendere questo metodo di raccolta su tutto il territorio della romano, anche se per ora il successo è abbastanza limitato. Si evince che, grazie ai censimenti preventivi, che vengono svolti dalla società di gestione del servizio pubblico, è venuto in luce il fatto che: migliaia di utenti fino a pochissimo tempo addietro, erano degli evasori totali della tassa dei rifiuti, a discapito di altrettanti di utenti onesti che, come è risaputo, pagano un prezzo molto alto per il servizio della gestione dei rifiuti, rispetto alla media nazionale. Si registra un successo che non deve essere sottovalutato per quanto riguarda l’abbattimento del sommerso.
Emerge il grande potenziale della raccolta “porta a porta”, specie se si fa riferimento ad alcuni esempi avvenuti proprio nella capitale, con riferimento alla raccolta “porta a porta” con il microchip, che è stata attuata nel “quartiere ebraico” e grazie alla quale si è raggiunto un livello di raccolta differenziata fino all’86% dei rifiuti prodotti. Ebbene grazie a questo modello virtuoso, si potrebbe avere sempre meno bisogno di impianti di smaltimento dei rifiuti urbani, con una sempre maggiore valorizzazione della parte differenziata della filiera, in linea con le teorie dell’economica circolare, da ultimo messe in atto nel c.d. “pacchetto” di direttive europee sull’economia circolare, entrato in vigore il 4 luglio del 2018.
Fino a quando non si attuerà un livello ottimale di raccolta differenziata avremmo ancora bisogno di smaltire i rifiuti e mediante il trattamento meccanico biologico, la termovalorizzazione e lo smaltimento in discarica. In particolare, il trattamento meccanico-biologico è indispensabile per ridurre l’ancora importante peso della frazione dei rifiuti indifferenziati, per il recupero di materiali che possono essere inseriti nel circuito virtuoso del riciclo e del recupero. Il tutto avviene tramite delle fasi di separazione meccanica, in un primo momento, e di compostaggio e digestione anaerobica della frazione umida proveniente dalla prima fase, in un secondo momento.
Negli impianti TMB romani, i rifiuti vengono trattati con produzione di frazione organica stabilizzata (FOS) e combustibile da rifiuto (CDR), a cui si aggiunge un apparato mobile di tritovagliatura dei rifiuti urbani residui (RUR), che opera nel caso in cui vi siano dei particolari picchi di produzione dei rifiuti.
L’impianto TMB in via Salaria, andato distrutto a seguito del rogo, e fuori uso dal 7 dicembre dello scorso anno, aveva un particolare valore strategico per lo smaltimento dei rifiuti. Nel periodo relativo al 2016 sono state trattate circa 117.433 tonnellate di rifiuti, della frazione indifferenziata 26.271 tonnellate di CDR (22%), 18.809 tonnellate di FOS (16%), 433 tonnellate di materiali ferrosi (0,4%), 53.572 tonnellate di scarti (46%), 773 tonnellate di rifiuti liquidi prodotti dall’impianto (0,7%).
Risultano evidenti le ripercussioni sull’intero ciclo dei rifiuti romano, in quanto l’altro impianto TMB di Rocca Cencia non è in grado di supplire alla carenza impiantistica che si è venuta a creare, con la conseguenza che i rifiuti dovranno essere smaltiti in altri impianti, situati in diverse regioni, e con evidenti ripercussioni sulla tariffa da pagare per i cittadini, che già pagano un prezzo altissimo per la gestione dei rifiuti. Il dato è allarmante, in considerazione del fatto che, già si registravano delle pesanti carenze impiantistiche nello smaltimento dei rifiuti della Capitale, per il fatto che, delle 310 mila tonnellate annue di rifiuti indifferenziati prodotti ogni anno, i rifiuti venivano smaltiti in parte all’interno della Regione tra Latina, Frosinone e Viterbo, in parte finivano negli impianti del Nord Italia o addirittura all’estero, dove i rifiuti, sono una fonte di guadagno a seguito della loro valorizzazione e conseguente eliminazione.
Una possibile strada per uscire da questa situazione emergenziale, o per lo meno attenuarla, può rinvenirsi nel miglioramento del servizio di gestione integrata, partendo dalla fase della raccolta, in quanto, con il metodo di raccolta dei rifiuti “su strada”, si registrano delle inefficienze, dovute alla perdita di utilità e di materiali preziosi, per il fatto che, molti rifiuti che dovrebbero confluire nella filiera differenziata (e tramite i consorzi di filiera, essere rimessi al servizio del sistema produttivo), vengono gettati come rifiuti indifferenziati (anche a causa dell’incuria della popolazione residente), moltiplicando le c.d “esternalità negative”.
Un altro nodo da sciogliere è quello del miglioramento infrastrutturale nella filiera dello smaltimento dei rifiuti indifferenziati, in quanto, gli impianti sono obsoleti e basta un minimo intoppo per avere un’invasione dei rifiuti sulle strade. Solo attraverso gli investimenti nel settore è possibile realizzare un modello improntato sull’economia circolare, riducendo le “esternalità negative” per favorire l’ambiente ed il sistema economico. Oggi è possibile ricavare, dalla frazione indifferenziata, anche dell’acqua potabile, nonché, il compost per coltivare la terra, il gas metano e l’energia elettrica.
Purtroppo le promesse elettorali della Giunta Capitolina in materia di gestione dei rifiuti (improntate sull’incremento esponenziale della filiera differenziata a scapito di quella indifferenziata) non sono ancora state ancora portate a compimento. Si auspica che con il tempo possano essere prese delle misure di pianificazione ottimale per chiudere il ciclo dei rifiuti attuando il c.d. “principio di prossimità”, a vantaggio della cittadinanza, che è parte lesa di una gestione dei rifiuti sub-ottimale che dura ormai da anni, sia sul versante ambientale e igienico-sanitario, che sul versante economico.