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Le criticità del sistema italiano di localizzazione delle infrastrutture strategiche e le soluzioni mutuabili dall’estero

di Marco Tricarico

15/02/16

Le infrastrutture strategiche rappresentano uno dei fattori cruciali dello sviluppo e della crescita di ogni Paese. La qualità e la quantità delle infrastrutture incide in modo determinante sui costi della produzione di beni e servizi, sulla competitività delle imprese e sul loro accesso ai mercati, sulla qualità della vita e sulla coesione sociale; sulla sicurezza e l’incolumità delle persone.

L’infrastrutturazione del paese, lo sviluppo e l’ammodernamento degli impianti e delle infrastrutture strategiche è perciò una delle sfide fondamentali che gli Stati contemporanei devono affrontare. Questo principio è quanto mai valevole per l’Italia.

Innumerevoli ricerche hanno infatti messo in luce le insufficienze e le criticità del nostro sistema infrastrutturale, e le sue ben note carenze, tali da limitare, se non pregiudicare, la competitività del nostro sistema economico e il livello di crescita del PIL.

In questo senso il Rapporto del WEF (World Economic Forum settembre 2015), in relazione ai Basic Services and Infrastructure, a confronto con le trenta nazioni più avanzate, assegna all’Italia un punteggio di 5.35 (con punteggi da 1 a 7 punti) ed una posizione di 28/30 ( dove le prime tre posizioni sono ricoperte rispettivamente da Svizzera 6.27, Paesi Bassi 6.23 e Finlandia 6.22).

Rilevato il gap infrastrutturale che caratterizza il nostro Paese al confronto con gli altri paesi dell’Unione europea (tra non molto, se la situazione dovesse rimanere invariata, anche con i Paesi BRICS) si pongono due interrogativi.

Il primo riguarda le motivazioni alla base di tale consolidato divario infrastrutturale; il secondo riguarda le soluzioni percorribili.

Per quanto concerne il primo interrogativo, sembra che il gap infrastrutturale sia dovuto, in particolare, all’’incapacità della Pubblica Amministrazione di realizzare una programmazione efficace(ossia in grado di garantire la fattibilità di progetti preventivamente discussi e valutati, sui quali vi sia già il pieno consenso delle Amministrazioni competenti) per lo sviluppo del territorio e quindi perla realizzazione di infrastrutture adeguate al raggiungimento degli obiettivi generali e specifici che da ciò derivano.

Questo è dovuto in gran parte al fatto che in Italia a differenza degli altri Paesi mancano strumenti istituzionalizzati di confronto e di dialogo che, introdotti sin dall’inizio del processo decisionale quando ancora sono aperti molti spazi per agire sulle caratteristiche di un progetto infrastrutturale, possano contribuire a migliorare l’efficacia e l’efficienza del progetto stesso ed il suo rapporto col territorio, evitando così conflitti di difficile risoluzione.

In generale, emerge una diffusa incapacità di anticipare le cause del conflitto, di rispondere alle domande che esso pone, di governarlo. Questa incapacità tende a trasformare la potenziale spinta dinamica del conflitto in una situazione statica di blocco decisionale. Vale dunque la pena di riflettere se non sia possibile affrontare tali conflitti secondo modalità che risultino non solo più democratiche, ma anche più efficaci e capaci di generare scelte condivise.

Da questo discende la risposta al secondo quesito, sulle soluzioni percorribili per aumentare l’efficienza della programmazione e della realizzazione delle nostre infrastrutture strategiche.

Una possibile soluzione è quella di osservare le esperienze maturate da altri Paesi come la Francia e la Gran Bretagna; così da individuare gli istituti mutabili, introducendoli nel nostro sistema.

Nel caso di tali Paesi vi è, in particolare, la presenza di due principali categorie di istituti: la prima include soluzioni a carattere organizzativo (quali la Commissione nazionale per il dibattito pubblico, la CNDP, in Francia, o la Commissione per la pianificazione delle infrastrutture britannica, la IPC); la seconda comprende i meccanismi di tipo procedimentale, come il Débat public e le Public Inquiries.

Per quanto riguarda la prima categoria, l’esame delle esperienze straniere mostra che un modello efficiente di localizzazione e realizzazione di infrastrutture non può prescindere dalla presenza di un organo caratterizzato da particolari competenze tecniche e da una posizione di totale indipendenza rispetto alla politica. Sia in Francia che nel Regno Unito vi sono apposite autorità indipendenti, istituite con l’intento di integrare e correggere un sistema già molto evoluto sul piano procedurale, costruito sulle inchieste pubbliche.

Alcune criticità proprie del sistema italiano, quindi, potrebbero essere corrette tramite l’istituzione di una autorità di garanzia per la localizzazione delle infrastrutture strategiche. A tale organo dovrebbe essere affidato il compito di stabilire le regole per le procedure di consultazione/partecipazione, assicurare che vi abbiano accesso tutti gli aventi diritto, garantire l’affidabilità e sufficienza degli elementi informativi forniti ai partecipanti. La autorità dovrebbe occuparsi solamente delle infrastrutture strategiche, analogamente a quanto avviene in Francia.

L’autorità potrebbe giocare il ruolo non solo di accreditamento dell’intervento statale, tramite le informazioni e la discussione sul progetto e quindi della domanda pubblica che ne è alla base, ma anche di dimensionare gli interessi in gioco, probabilmente conflittuali. Questo, d’altronde aiuterebbe a svelare i punti profondi di conflitto, eliminando quelli pretestuosi.

Il modello di riferimento più indicato, in particolare, sembra essere quello francese della CNDP per il Débat public. La Commissione francese si occupa infatti solo di una parte del procedimento (vale a dire quella iniziale, implicante le scelte di fondo sull’opera e la sua localizzazione; il progetto sarà poi sottoposto ad altre verifiche procedurali, come l’inchiesta pubblica, volte a garantire una ampia e completa istruttoria, senza però che venga messa in discussione la localizzazione determinata a seguito del Débat).

Tra le principali carenze del sistema italiano vi è, come citato, l’incapacità di prevenire i conflitti causati da un preventiva localizzazione delle infrastrutture da parte del Governo. In Francia e nel Regno Unito l’esigenza di garantire una partecipazione ampia e “tempestiva” è pienamente soddisfatta e, soprattutto, ha costituito una delle principali ragioni di riforma del sistema delle inchieste pubbliche. I meccanismi partecipativi di questi due Paesi sono caratterizzati da tre obiettivi strategici nella realizzazione di opere pubbliche: consentono la massima partecipazione delle collettività interessate; permettono di “costruire”, tramite il procedimento, un largo consenso intorno alle infrastrutture e agli impianti da realizzare; si svolgono in tempi scanditi e, soprattutto, certi.

Una nuova disciplina delle procedure di localizzazione delle infrastrutture in Italia dovrebbe puntare a un rafforzamento degli istituti di partecipazione. Dunque, per quanto riguarda la seconda categoria di istituti mutuabili, guardando ai modelli stranieri, la via percorribile sembra essere quella ispirata all’esperienza francese e, nello specifico, al Debat public (Loi Barnier 1995).

La previsione di un dibattito pubblico offrirebbe ampie garanzie di trasparenza e partecipazione, e soprattutto permetterebbe di ascoltare le popolazioni interessate nella fase di localizzazione dell’infrastruttura e non solo in quella di realizzazione. Per poter realizzare tale innovazione, appare evidente che debba essere garantita la “terzietà” e la elevata competenza tecnica dell’organo istruttorio rispetto all’amministrazione decidente. Quest’ultimo rappresenta un elemento imprescindibile nel dibattito pubblico, necessario per rendere le decisioni sulla localizzazione trasparenti, partecipate e legittimate dal punto di vista tecnico-scientifico. Di conseguenza, l’introduzione della procedura di dibattito pubblico in Italia dovrebbe essere accompagnata dalla costituzione di un’apposita autorità indipendente.

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