di Erika Masini
11/06/16
Molti indicatori di salute e di qualità dell’assistenza sanitaria in Italia sono al di sopra della media OCSE, tuttavia, in materia di assistenza e prevenzione, la sanità italiana risulta arretrata rispetto a quella di altri Paesi. La sanità (o quanto meno la buona sanità) non può configurarsi quale mera voce di spesa, ma deve essere accompagnata da una crescente attenzione alla qualità dei servizi offerti. Affinché la sanità consenta la piena attuazione del diritto alla salute, è necessario rafforzare la continuità assistenziale, e predisporre strumenti di misurazione della qualità. Nel servizio sanitario pubblico, tuttavia, vi è una scarsa competizione fra produttori, che contribuisce a far si che il produttore si trovi ad operare in un contesto di monopolio spaziale. Il quadro è ulteriormente aggravato dall’assenza di un sistema incentivante ad alto potenziale, in cui la componente di remunerazione ancorata ad indicatori di qualità della performance sia parte significativa. Inoltre, asimmetria informativa fa si che l’utente finale, contrariamente a quanto accade nel mercato, goda di un’autonomia di scelta decisamente inferiore. Il paziente infatti, tende ad affidarsi al professionista sanitario in quanto esperto, e, qualora la prestazione ricevuta non l’abbia soddisfatto, esso ha ben poche possibilità di stimolare la qualità delle prestazioni erogate minacciando di passare al concorrente. Date queste questioni, lo Stato cerca sempre di definire standard qualitativi minimi del servizio, per esempio mediante la predisposizione di protocolli diagnostici o tramite l’accreditamento con produttori non pubblici convenzionati. Allo scopo di garantire la qualità del servizio, in Italia, con D.lgs. 30 Giugno 1993 n. 266, è stata istituita l’Agenzia per i servizi sanitari regionali (AGENAS), che opera in stretta sinergia con le Regioni, monitorando le strutture pubbliche e private, e proponendo soluzioni tese ad implementare la qualità dei servizi sanitari. All’AGENAS si affianca il SIVEAS, previsto dall’art. 1 comma 288 della l. n. 23 Dicembre 2005 n. 266. Il coordinamento del SIVEAS è affidato ad un comitato paritetico, il Comitato Permanente per la verifica di erogazione dei livelli di assistenza. Esso fa capo al Ministero della Salute, che ne approva il programma previa intesa con la Conferenza Stato Regioni. Tale meccanismo è finalizzato a garantire una massima condivisione delle linee di azione tra tutti i livelli istituzionali. Ciò avviene attraverso un sistema complesso, che coinvolge organi di natura differente. Alcuni di essi sono riconnessi ad apparati ministeriali, altri, ad esempio, sono previsti a livello regionale. Tale difformità genera non pochi problemi applicativi, rendendo difficile sia l’individuazione di un quadro uniforme di standard da rispettare, che la predisposizione di un quadro coerente di indicatori di performance. Ciò comporta divari fra la qualità del Servizio Sanitario tra le varie Regioni del SSN. Tali divari vengono particolarmente accentuati dalla questione della sostenibilità del SSN, che spesso, nel dibattito politico, viene ritenuta prioritaria alla qualità del servizio. In prospettiva comparata, risulta particolarmente interessante lo spunto offerto dal NHS inglese. Sin dal Governo Blair, infatti, il NHS ha predisposto una serie di modelli di valutazione della qualità dei servizi offerti, e standard uniformi di prestazione da rispettare. Nel 1999, infatti, è stato istituito il National Institute Clinical Excellence (NICE). Esso è un istituto preposto a monitorare la qualità delle prestazioni erogate sul territorio nazionale. Ancora, sempre sotto il Governo Blair, si è assistito allo sviluppo della clinical governance. Essa si configura quale un sistema di monitoraggio delle prestazioni sanitarie. La clinical governance si consiste in una cornice che consente alle organizzazioni sanitarie di migliorare in maniera continuativa la qualità dei loro servizi, e di salvaguardare la salute pubblica, in un sistema in cui vengono assicurati alti standard della qualità delle prestazioni erogate. Affinché ciò sia possibile, vengono previste linee guida in materia di qualità dei servizi erogati, politiche di gestione dei rischi, e procedure di implementazione della performance. Ciò è avvenuto con una serie di interventi susseguitisi nell’arco di dieci anni, che hanno visto uno stanziamento delle risorse nelle strutture, nei sistemi, nella ricerca e nella formazione. La clinical governance è stata prevista per la prima volta nel White Paper presentato dal Partito Laburista nel Dicembre del 1997. Successivamente, nel 1998, il Department of Health ha previsto una guida sulla clinical governance, “A first class service”. Nel 1999, è stato dato l’obbligo, a tutte le strutture sanitarie, di adottare al loro interno un’unità per la clinical governance. Al fine di valutare le criticità ed i punti di forza del servizio, la riforma Blair ha introdotto un nuovo sistema di valutazione della performance, basato sulla logica degli obiettivi. In particolare, esso si basava sul meccanismo dello Star Rating System, un modello multidimensionale della performance rimasto in vigore fino al 2005. Lo strumento si proponeva di collegare la pianificazione degli obiettivi stabiliti a livello nazionale, con la fase di programmazione disposta dai singoli trusts, e con la successiva fase di erogazione della prestazione sanitaria, favorendo un giudizio agevole da parte degli utenti. Gli indicatori venivano divisi in due macro categorie: vi erano i Key National Targets, che rispondevano agli obiettivi chiave predisposti dal Governo, e i Balanced Score Card Indicators, preposti a monitorare l’attività clinica, la soddisfazione del paziente, e la capacità organizzativa. Durante gli anni di applicazione dello Star Rating System, è stata rilevata l’incapacità dello strumento di individuare in maniera precisa le cause alla base di variazione di performance. Non è chiaramente provato, difatti, che il generale incremento di performance registrato negli anni della sua applicazione sia dovuto ad un reale miglioramento della qualità dei servizi offerti, e non, invece, il risultato di politiche opportunistiche che hanno portato i trusts ad implementare la qualità delle prestazioni nelle sole aree soggette a valutazione, con esclusione di quelle escluse dal modello. Sebbene il SSN sia uno dei sistemi sanitari che maggiormente si è avvicinato al NHS inglese, esso non ha mai completamente assimilato gli aspetti della clinical governance. Nell’ordinamento italiano, infatti, il meccanismo della clinical governance si trova ancora in uno stato embrionale, ed il suo potenziale non è mai stato completamente sfruttato. Sempre guardando all’esperienza inglese, la recente riforma costituita dall’Health and Social Care Act 2012 ha disposto lo smantellamento di buona parte dell’infrastruttura pubblica del sistema sanitario inglese. La burocrazia del sistema dunque, è stata chiaramente stemperata, con l’obiettivo dichiarato di ottenere un consistente risparmio di spesa da reinvestire nella qualità dei servizi offerti. La possibilità riconosciuta all’utente, di optare tra una vasta gamma di providers pubblici e privati in competizione tra loro, funge da incentivo all’implementazione della qualità del servizio. Ai providers è stata riconosciuta maggiore autonomia, che consente ai clinici di erogare le prestazioni che meglio rispondano alle esigenze del paziente. La maggiore autonomia concessa ai providers è stata accompagnata da un’intensa attività di regolazione. La vigilanza sul rispetto degli standard qualitativi minimi è garantita dal Monitor, organismo regolatore che opera in stretta sinergia con la Care Quality Commission, e che rilascia ai providers l’autorizzazione per il rilascio dell’attività. A livello locale, è stato previsto l’Health Watch, una sorta di difensore civico finalizzato al miglioramento della qualità delle prestazioni sanitarie, e teso a rendere effettiva la voce dei pazienti.
Riferimenti bibliografici:
CLERICO G. La governance nella sanità pubblica, Milano, Giuffrè, 2015.
BEGG M. BLAIR I. HAWKER J. REINTJES R. WEINBERG J. Communicable Disease Control Handbook, Wiley–Blackwell, 2008.
GIOVANNELLI L. La valutazione della performance in ambito sanitario, Torino, Giappichelli, 2013.
PIOGGIA A. I servizi sanitari: organizzazione, riforme, sostenibilità. Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2011.