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LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI CRISI NELLE SOCIETÀ A CONTROLLO PUBBLICO: LE RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO NAZIONALE DOTTORI COMMERCIALISTI

17 febbraio 2020

17 febbraio 2020

Vittoria Melchionna

L’art. 6, commi 2 e 4, del decreto legislativo 16 agosto 2016, n. 175 (Tuspp), recante i “Principi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione delle società a controllo pubblico”, prevede particolari oneri circa il governo finanziario delle sole società pubbliche controllate. Gli amministratori di tali società, infatti, sono tenuti a predisporre specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale. Tali programmi devono, poi, essere riportati nella relazione annuale sul governo societario. Quindi, contestualmente alla pubblicazione del bilancio di esercizio e alla chiusura dell’esercizio sociale, i programmi di valutazione in questione devono esser portati a conoscenza all’assemblea riunita per l’approvazione del bilancio.

Il successivo art. 14, comma 2, del Tuspp aggiunge conseguentemente che, qualora dalle analisi dei programmi di valutazione suddetti, emergano uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo della società a controllo pubblico deve adottare senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, e un idoneo piano di risanamento al fine di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause.

A mo’ di chiusura di tale sistema di prevenzione e reazione alle crisi della società il comma 4 dello stesso articolo dispone che la mancata adozione di provvedimenti adeguati da parte dell’organo amministrativo nei termini esposti costituisce grave irregolarità ai sensi dell’art. 2409 del codice civile. Pertanto, in caso di effettiva crisi aziendale, l’inadempimento dei suddetti obblighi può comportare la responsabilità degli amministratori per violazione dei loro doveri e per grave irregolarità nella gestione. Responsabilità che potrà esser fatta valere dai tramite apposita denuncia davanti al Tribunale secondo le modalità previste dalla norma civilistica.

Pur trattandosi di un onere aggiuntivo rispetto alle altre società, il sistema dei programmi di valutazione del rischio aziendale e l’insieme delle conseguenze e sanzioni relative hanno un preciso intento di ausilio e di efficienza nella gestione delle società a controllo pubblico. Tali strumenti, infatti, consentono di realizzare un monitoraggio costante sull’andamento aziendale avendo riguardo, in particolare, ai flussi finanziari della società: l’obiettivo ultimo di tale controllo è la rilevazione preventiva del rischio di crisi aziendale, la sua tempestiva emersione e in ultima istanza la corretta gestione della crisi in atto.

Data la rilevanza degli obiettivi perseguiti dalle norme in esame nel marzo 2019 il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha adottato, per mezzo di un gruppo di lavoro appositamente istituito, un Documento relativo alla “Relazione sul governo societario contenente programma di valutazione del rischio di crisi aziendale”.

Invero, il legislatore del Testo unico non ha fornito una descrizione contenutistica dei documenti oggetto degli obblighi suddetti. Pertanto, il Consiglio ha ritenuto di fornire delle indicazioni (con valore di raccomandazione) sui principali criteri da osservare nella redazione della relazione sul governo societario e dei programmi di valutazione del rischio aziendale, espressamente rivolte agli amministratori delle società che di tale redazione sono onerati.

Nello specifico, il documento contiene una traccia della relazione sul governo societario che incorpora, altresì, sia un modello di programma di valutazione del rischio di crisi aziendale (art. 6, comma 2, Tuspp) sia uno schema di relazione sul monitoraggio e verifica del rischio di crisi aziendale (art. 14, comma 2, Tuspp). Ad avviso del Consiglio, tuttavia, si tratta di modelli generali ed elastici che non devono essere recepiti in modo acritico: “resta, infatti, rimesso in ultima istanza agli operatori (esposti alle connesse responsabilità) e cioè, come detto, all’organo amministrativo della singola società, di predisporre il Programma di valutazione del rischio adeguando lo schema del CNDCEC al caso concreto”. Il Consiglio ha, dunque, preso atto espressamente dell’impossibilità di determinare schemi che possano essere in astratto esaustivi per tutte le realtà esistenti. Gli strumenti di valutazione del rischio aziendale devono essere modulati rispetto alle caratteristiche, dimensioni e complessità dell’impresa in applicazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza. Coerentemente, le realtà di minori dimensioni, in particolare, potranno adottare processi di programmazione semplificati.

Il Consiglio si è raccomandato specialmente di non limitarsi esclusivamente agli indici di bilancio, quali parametri di valutazione della crisi aziendale, considerato che si tratta di dati a consuntivo che rischiano di offrire un’informazione tardiva sullo stato di crisi. Al contrario, la volontà del legislatore del Tuspp è quella di “anticipare- in chiave preventiva- l’emersione del rischio di crisi e dunque di favorire la tempestiva individuazione dei segnali che consentono di prevederla quando ancora non abbia raggiunto un grado di irreversibilità”. Diversamente, “l’analisi di bilancio fornisce una visione retrospettica e con dati sintetici storici (ricavati appunti dai bilanci degli esercizi precedenti) che sono sintomatologici e quindi in grado di esprimere la presenza di indizi ma non anche di escludere la solvibilità nel tempo di un’azienda o anche solo di dare evidenza della probabilità di un’insolvenza futura”. Gli indici di bilancio non sono altro che un’elaborazione dei dati riflessi nelle situazioni economico-patrimoniali e nei bilanci annuali e infrannuali. Gli amministratori della società sono chiamati, invece, a individuare criteri di analisi dell’andamento aziendale in chiave non già storica, bensì prospettica.

Il Consiglio ha puntualizzato, inoltre, che la crisi d’impresa, cui si riferiscono gli articoli del Tuspp in esame e l’insolvenza, quale presupposto della disciplina relativa alle procedure concorsuali, rappresentano fasi diverse della situazione di difficoltà finanziaria di una società: “mentre l’art. 6, co.2, del Testo unico mira a favorire la valutazione del ‘rischio di crisi’ di là da venire, il Codice della crisi interviene in una fase successiva, di crisi già in atto o, comunque, molto probabile”. La disciplina del Tusp e quella del codice della crisi d’impresa si rapportano, quindi, in termini di complementarietà, regolando momenti diversi e susseguenti dello stesso fenomeno di significativo squilibrio economico e finanziario.

Dall’insieme delle esposte considerazioni si può comprendere la rilevanza del programma di valutazione che gli amministratori delle società a controllo pubblico sono chiamati a predisporre. Il programma dovrà, in particolare, “essere in grado di anticipare temporalmente l’emersione del rischio di crisi al fine di consentire all’impresa di assumere internamente le idonee iniziative […]”.

Infine, il Consiglio si è soffermato in maniera esemplificativa e singolarmente su numerosi indici di crisi ulteriori rispetto agli indici di bilancio. Si tratta di dati e parametri tecnici di natura contabile e finanziaria. Tra questi, il più significativo secondo il Consiglio sarebbe il Debt Service Coverage Ratio, indice del rapporto tra i flussi liberi disponibili per un dato debito e lo stesso debito che tramite tali flussi dev’essere soddisfatto.

In definitiva, i particolari obblighi di redazione in esame e le relazioni e programmi che ne costituiscono il contenuto, a ben vedere, non sono altro che una specifica espressione dei generali doveri di gestione di competenza degli organi amministrativi di tutte le società. L’art. 2381 del codice civile, infatti, prescrive all’organo amministrativo di valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile, nonché il generale andamento della società. 

Nel caso specifico delle società a controllo pubblico tali doveri generali sono, tuttavia, ulteriormente articolati negli specifici oneri di documentazione risultanti dal combinato disposto degli articoli 6, co. 2 e 4, e 14, co. 2 e 3, del Tuspp. In questo caso, dunque, la previsione di obblighi particolari e più rigorosi a carico delle società a controllo pubblico in materia di crisi aziendale è chiaramente finalizzata a una migliore prevenzione e garanzia rispetto al rischio di insolvenza di tali società. Il documento del CNDCEC ha percorso questa stessa direzione nell’intento di “agevolare le società a controllo pubblico a munirsi di dispositivi idonei a favorire la tempestiva emersione della crisi e la sua corretta gestione”. Del resto, già in passato nel settembre 2017 lo stesso Consiglio aveva già pubblicato un documento analogo a quello analizzato in questa sede, relativo ai “Principi per la redazione dei piani di risanamento”. 

Una regolamentazione che denota complessivamente il particolare riguardo e l’interesse generale alla gestione economico-finanziaria delle società a controllo pubblico nell’ottica di prevenire e scongiurare quanto più possibile crisi irreversibili.

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