di Elisa Rosso
15/03/2017
“La riorganizzazione della rete assistenziale del Servizio Sanitario Pubblico è oggi una priorità non soltanto per le Regioni che sono coinvolte in un piano di rientro finanziario, ma più in generale per tutte le amministrazioni che devono conciliare la crescente domanda di salute con i vincoli di bilancio esistenti”[1].
In questo contesto, che vede il cambiamento della modalità di erogazione della cura, sia in termini di esecuzione di un atto medico (si pensi alla telemedicina), che di organizzazione dei servizi correlati (chiusura dei presidi sanitari ed articolazione della rete ospedaliera in hub & spoke), l’innovazione digitale può svolgere un ruolo centrale nella realizzazione di modelli sia assistenziali che organizzativi rispondenti alle nuove necessità, come fattore abilitante e, in taluni casi, determinante. Per promuovere in modo sistematico l’innovazione digitale e non lasciare che questa sia realizzata in modo sporadico, parziale, non replicabile e non conforme alle esigenze della sanità pubblica, si è avvertita la necessità di predisporre un piano strategico. Un piano che consenta di modernizzare e migliorare l’organizzazione e la produzione dei servizi sanitari, potenziando la comunicazione e la collaborazione tra operatori pubblici e privati del settore, cittadini/utenti, e aziende potenzialmente coinvolte come fornitori.
Il Patto per la Sanità Digitale (di seguito “Patto”) nasce proprio per rimuovere quegli ostacoli che rallentano, ed in alcuni casi impediscono, la diffusione dell’innovazione digitale (e, più in generale, di tutta l’innovazione). Evenienza questa non più differibile nel panorama istituzionale delle strutture coinvolte nella gestione del Paese.
Sulla base di queste premesse, il 7 luglio 2016 la Conferenza permanente per i rapporti tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, ha sancito l’Intesa sul Patto per la sanità digitale vale a dire un «[…] piano strategico per il conseguimento degli obiettivi di efficienza, trasparenza e sostenibilità del Servizio Sanitario nazionale, attraverso l’impiego sistematico dell’innovazione digitale in sanità»[1].
Per tentare di conciliare la crescente domanda di salute con i vincoli di bilancio, il Patto individua alcuni obiettivi strategici, quali:
– la sperimentazione di soluzioni finalizzate a un rafforzamento del sistema a saldo zero (vale a dire la generazione di risparmi attraverso la razionalizzazione e il reinvestimento nel potenziamento delle prestazioni erogate e della qualità di servizio reso all’utenza);
– la misurazione della sanità in termini di appropriatezza, efficienza ed efficacia per garantire che i Lea – Livelli essenziali di assistenza – siano erogati in condizioni di equilibrio economico; si deve fare solo ciò che serve (appropriatezza clinica), nell’ambiente più corretto (appropriatezza organizzativa) nel modo più efficiente ed efficace possibile.
– lo sviluppo ed il perseguimento di una visione di servizio sanitario fortemente attrattivo e competitivo, anche a livello internazionale (per attrarre utenti di altre nazioni UE e/o extra UE), con il superamento di preconcetti e luoghi comuni e con il perfezionamento dell’offerta nelle sue componenti apparentemente secondarie, quali, ad esempio, l’accoglienza e la sistemazione alberghiera e i servizi per parenti e accompagnatori dei pazienti proveniente da altre realtà geografiche;
– l’individuazione di eventuali problematiche inerenti il Patto, che abbiano necessità di soluzioni di tipo giuridico-normativo e l’eventuale richiesta di intervento delle istituzioni competenti.
Ecco quindi che l’adozione di soluzioni basate sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICTs) diventa un’operazione strumentale al raggiungimento di questi obiettivi, che può essere conseguito ponendo in essere azioni quali: (a) l’implementazione e l’utilizzo di piattaforme e soluzioni ICT interconnesse ai vari livelli di governo in grado di garantire continuità assistenziale; (b) adeguati livelli di care management; (c) la deospedalizzazione, il cui scopo centrale è l’abbattimento dei costi sanitari; (d) l’utilizzo e la diffusione del Fascicolo Sanitario elettronico (FSE); (e) la piena cooperazione tra tutti i soggetti coinvolti nella filiera della salute e del benessere.
Tra le priorità di intervento del Patto, così come riprese nell’Atto, sono altresì annoverati tutta una serie di servizi rientranti nell’ambito della telemedicina, come il tele-salute (presa in carico del paziente cronico con trasmissione a distanza dei rispettivi parametri clinici interpretati e gestiti dai professionisti sanitari all’interno di un piano assistenziale individuale) il tele-consulto, il tele-refertazione, il tele-diagnosi, il tele-monitoraggio ed il tele-riabilitazione.
Per la realizzazione di questi interventi ed, in generale, per la piena attuazione del Patto, le funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo sono esercitate dalla Cabina di Regia del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), in raccordo con altri gruppi o comitati nazionali ed internazionali aventi tra le proprie finalità l’attuazione dell’e-Health. Il NSIS è pertanto lo strumento di misurazione della qualità, efficienza e appropriatezza del SSN in virtù del patrimonio informativo di cui dispone. In sostanza, è la sede in cui tute le esperienze pregresse (nazionali o estere) sono catalogate e quelle nuove monitorare, e deve garantire la diffusione di tutte le informazioni necessarie a una rapida individuazione di buone pratiche.
Proprio per questo, come previsto dalla sesta linea di intervento (par. 6.1) de “l’Atto di indirizzo per l’individuazione delle priorità politiche per l’anno 2017” che individua le strategie governative 2017-2019, sottoscritto dal ministero per la Salute il 23 settembre scorso, sono stati avviati appositi gruppi di lavoro di natura istituzionale con il compito di predisporre degli studi di fattibilità che si inseriscono nel processo di incremento del patrimonio dei contenuti informativi che vedrà luce attraverso l’adozione di appositi decreti ministeriali che definiranno tempistiche e modalità di rilevazione delle prestazioni erogate.
Se poi l’universalità del Servizio Sanitario rappresenta un vincolo imprescindibile, i percorsi di informazione e conoscenza verso altri mercati potranno essere utilizzati e maggiormente fruibili da utenti di altre nazioni UE e/o extra UE.
Infatti, dal lato degli attori coinvolti, il Patto per la Sanità Elettronica rappresenta un’iniziativa rigorosamente precompetitiva, aperta alla partecipazione da parte di tutti gli stakeholders nazionali ed internazionali interessati allo sviluppo di una sanità italiana sempre più efficiente ed efficace. Possono inoltre aderire al patto altri portatori di interessi ed operatori economici e finanziari coinvolgibili nel contribuire al perseguimento degli obiettivi strategici del Patto stesso. In sostanza, l’idea sottesa al Piano è quella di coinvolgere tutte le potenzialità presenti sul Territorio Nazionale, cercando anche di far crescere professionalità adeguate – partendo dalla formazione universitaria -, quanto favore iniziative di start up (o altre) o momento compresse dalla situazione di ristrettezza economica del Paese.
Previsioni, infine, anche a livello comunitario, in relazione al quale è contemplata la prosecuzione delle attività nell’ambito dell’e-Health Network, di cui all’art. 14 della Direttiva UE n. 24 del 9 marzo 2011 relativa cure transfrontaliere, il cui obiettivo è quello di rafforzare la continuità delle cure e garantirne un accesso sicuro e di qualità.
Nel quadro così delineato, il Patto per la Sanità Digitale si configura pertanto come un piano strategico unitario e condiviso per il conseguimento degli obiettivi di efficienza, trasparenza, accountability, coinvolgimento e responsabilizzazione di pazienti, operatori sanitari e stakeholders, attraverso l’impiego sistematico dell’innovazione digitale in sanità. Non andrebbe tuttavia dimenticato il fenomeno del digital divide – il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione e chi ne è escluso per ragioni economiche, culturali ed infrastrutturali – e quindi, andrebbero valorizzate soluzioni multicanale ed integrate (per esempio con servizi telefonici ed online), che coinvolgano farmacie e altri front-office del sistema socio-sanitario e che non penalizzino proprio la fascia di popolazione più bisognosa, suo malgrado, di cure.
[1] Dal Patto sulla Sanità Digitale, Luglio 2016