Angelica Pizzini
23 novembre 2020
L’Australia viene annoverata fra quei paesi che sono stati in grado di gestire in maniera più corretta il diffondersi del Covid-19.
A differenza di altri paesi, essa non ha dovuto introdurre nuove misure né fare ricorso a poteri “emergenziali”; al contrario essendosi datata di una normativa primaria relativa alla biosecurity già nel 2015 a potuto fare affidamento (come la Corea del Sud) su un legal framework preesistente.
Nonostante ciò anche nella riposta australiana sono emerse alcune criticità, soprattutto con riguardo le forti limitazioni che ha subito il controllo parlamentare rispetto alle regulations emanate per far fronte alla diffusione del virus.
L’atto di riferimento è il Biosecurity Act del 2015 che disciplina la dichiarazione dello stato di emergenza e i poteri che possono essere esercitati come conseguenza della dichiarazione stessa.
L’articolo 475 della legge stabilisce che la competenza a dichiarare l’emergenza spetta al Governor-general il quale può procedere alla dichiarazione (denominata human biosecurity emergency declaration) a patto che vengano rispettate alcune condizioni.
Anzitutto, il fatto che ci si trovi di fronte ad una listed human disease (una malattia viene considerata “listed” sulla base di una determinazione scritta del Director of human biosecurity, nel caso del Covid-19 tale determinazione è intervenuta il 21 Gennaio 2020) e che questa malattia rappresenti una minaccia grave ed immediata o stia causando danno alla salute umana su una parte significante del territorio. A questo requisito si affianca quello della necessità di contrastare l’entrata e la diffusione della malattia nel territorio australiano.
Gli articoli 477 e 478 si occupano poi di disciplinare i poteri del ministro della salute il quale, a partire dalla dichiarazione di emergenza e per tutto il periodo dell’emergenza “may issue any direction to any person(art. 478) e “may determine any requirement” (art. 477), che ritenga necessario al fine di prevenire o controllare l’ingresso, l’emergere, l’istituzione o la diffusione del virus in Australia, prevenire o controllare la diffusione di COVID-19 in un altro paese o attuare una raccomandazione dell’OMS ai sensi del regolamento sanitario internazionale.
Dei poteri quindi molto ampi che però risultano essere sprovvisti di controllo parlamentare. Ordinariamente le regulations e gli strumenti di legislazione secondaria sono sottoposti ad un duplice controllo sulla base del Westminster Parliamentary Model: la parliamentary review che comprende anche il potere di veto (denominato disallowance) e il meccanismo della public consultation che però non è considerato come obbligatorio. A questi controlli preventivi si aggiunge poi il controllo successivo nella forma della judicial review.
Nel caso della lotta al coronavirus le regulations adottate sulla base del Biosecurity Actrisultano, per espressa menzione del testo stesso, sprovviste di controllo parlamentare. Questa forzatura del sistema di controllo si estende anche alla dichiarazione del Governor-general e addirittura alla introduzione del Covid come listed human disease (tutti atti che vengono sottratti alla disallowance).
Oltre a questo, le disposizioni dell’atto che riguardano le emergenze sanitarie arrivano perfino a sovvertire la normale gerarchia delle fonti introducendo delle “Henry VII clauses” (tratte dall’ordinamento UK) con le quali si attribuisce possibilità alle regulations di operare al di là di qualsiasi altra disposizione di legge (art. 477), permettendo in tal modo ad strumenti di legislazione secondaria di operare al di là di strumenti primari.
Dalla data di dichiarazione di emergenza il Ministro della Salute ha emanato numeroseregulations fra cui quelle che impongono limitazioni all’ingresso nel territorio australiano, e quelle che dispongono il controllo dei prezzi di alcuni health-related goods.
L’Australia si è trovata così in una situazione di incertezza che ha fatto parlare addirittura di disruption of administrative law e che potrà essere risolta solamente alla fine del perdurare dello stato di emergenza (recentemente esteso), o solo qualora le disposizioni adottate vengano poste sotto scrutinio tramite judicial review.