Di Matteo Manocchio
20/11/15
La direttiva 2014/59/UE (c.d. Banking Resolution and Recovery Directive, di seguito BRRD) introduce in tutti i paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle imprese di investimento. Le nuove norme consentono di gestire le crisi in modo ordinato attraverso strumenti più efficaci e l’utilizzo di risorse del settore privato, riducendo gli effetti negativi sul sistema economico ed evitando che il costo dei salvataggi gravi sui contribuenti. Ma che cosa è la risoluzione di una banca? Quando può essere sottoposta a risoluzione? Quali sono gli strumenti di intervento?
Dall’analisi della direttiva BRRD, si evince che sottoporre una banca a risoluzione significa avviare un processo di ristrutturazione gestito da autorità indipendenti che, attraverso l’utilizzo di tecniche e poteri offerti dalla direttiva, mira a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali bancari, a ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti. Va osservato, però, che la direttiva non fornisce indicazioni prescrittive circa le modalità con cui le autorità di risoluzione possono esercitare i poteri di risoluzione nei confronti della banca in dissesto. Le opzioni possono essere due: l’autorità esercita il controllo sulla banca soggetta a risoluzione, in modo da dirigerne le attività esercitando tutti i poteri dei suoi azionisti e dell’organo di amministrazione; oppure le autorità di risoluzione possono decidere di avviare un’azione di risoluzione anche mediante provvedimento esecutivo, conforme alle competenze e procedure amministrative nazionali, senza esercitare il controllo sulla banca. La BRRD mette, inoltre, a disposizione delle autorità di supervisione strumenti di intervento tempestivo (early intervention) che integrano le tradizionali misure prudenziali e sono graduati in funzione della problematicità dell’intermediario. Gli strumenti di risoluzione sono molto vari, le autorità di risoluzione possono:
-vendere una parte dell’attività a un acquirente privato;
-trasferire temporaneamente le attività e passività a un’entita’ (c.d. bridge bank) costituita dalle autorità stesse per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato;
-trasferire le attività deteriorate a una c.d. bad bank che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli
-applicare il bail-in, ossia svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà.
L’intervento pubblico è previsto soltanto in circostanze straordinarie per evitare che la crisi di un intermediario abbia gravi ripercussioni sul funzionamento del sistema finanziario nel suo complesso. La direttiva BRRD infatti persegue proprio l’obiettivo di spezzare il legame tra rischio bancario e rischio sovrano; essa prevede che gli Stati membri possano rifinanziare una banca in crisi solo attraverso la previa “condivisione degli oneri” da parte degli azionisti, obbligazionisti e depositanti oltre 100.000 Euro.
La direttiva BRRD implica, perciò, una riallocazione dei rischi dal settore pubblico al settore privato. Tale disciplina si iscrive coerentemente nel quadro dell’Unione Bancaria Europea, nell’ambito di un profondo ripensamento dell’assetto regolamentare del sistema finanziario, volto a orientare la vigilanza verso obiettivi macro-prudenziali di gestione del rischio sistemico.
Comprendiamo che l’impostazione della BRRD si muove nella logica di una rete di autorità di risoluzione nazionali che collaborano tra di loro, di una disciplina comune di poteri e di strumenti applicabili e dell’istituzione di fondi di risoluzione delle crisi bancarie su base nazionale: un assetto che costituisce indubbiamente un notevole passo in avanti rispetto al quadro normativo-istituzionale preesistente, in quanto contribuisce a ridurre al minimo le differenze nelle procedure e nelle prassi nazionali e le conseguenti frammentazioni nel mercato unico venute in rilievo nel corso della crisi finanziaria. Il nuovo disegno complessivo delineato dalla direttiva, tuttavia, è stato ritenuto non pienamente idoneo per gli Stati membri che condividono una moneta unica e sono vigilati dalla stessa autorità, la Banca Centrale Europea. E’ maturata, cosi’, la consapevolezza che la strada della collaborazione e del coordinamento tra le autorità nazionali può rivelarsi non ottimale, soprattutto per la gestione di insolvenze di banche di ampie dimensioni. E’ stata quindi presentata una proposta normativa che configura il passaggio da una concezione fondata su una rete di autorità di risoluzione nazionali all’idea di un Meccanismo di Risoluzione Unico (Single Resolution Mechanism – SRM), basato sull’accentramento dei poteri decisionali per la gestione delle insolvenze bancarie in capo a un’unica autorità di risoluzione europea. Nel disegno politico-istituzionale, infatti, un siffatto sistema di gestione delle crisi è ritenuto in grado di fronteggiare in maniera più efficace e rapida la risoluzione di una banca rispetto a un assetto imperniato su responsabilità frammentate tra numerose autorità nazionali, aventi risorse, capacità ed esperienze più limitate.