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La privatizzazione dei beni pubblici in Grecia (e l’antica proposta di Guarino per l’Italia)

Sul Corriere della Sera è stato pubblicato ieri un articolo dell’ex Ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, relativo ad un punto dell’accordo raggiunto all’Eurosummit dello scorso 12 luglio tra Europa e Governo greco.
Il riferimento è, in particolare, alla condizione imposta dai leader europei relativa al trasferimento dei beni pubblici del Paese ad un fondo, con sede a Lussemburgo, deputato alla vendita degli stessi. La proposta è stata ideata dal Ministro delle Finanze tedesco Schauble e, inizialmente, prevedeva un piano triennale di vendita.
L’ex Ministro greco paragona tale tecnica di dismissione del patrimonio pubblico a quella concepita in passato per la gestione dei beni della Germania dell’Est, a seguito della caduta del muro di Berlino: il governo della Repubblica democratica tedesca aveva, difatti, creato un’agenzia, “Treuhand”, con il compito di privatizzare il patrimonio pubblico della Germania dell’Est. La differenza, ad avviso dell’ex Ministro, risiede nel fatto che mentre l’attività del Treuhand originale è stata accompagnata da un consistente piano di investimenti in infrastrutture e trasferimenti sociali, un’analoga condizione non si verifica nei confronti della Grecia.
Come sottolinea Varoufakis, il suo successore, Euclid Tsakalotos, è riuscito comunque a modificare le condizioni dell’accordo, ottenendo che il fondo in questione sia stabilito ad Atene, e non a Lussemburgo e che le vendite dei beni si realizzino nell’arco temporale di trent’ anni (e non più di tre).
Dopo aver analizzato il piano concepito dall’Europa, l’ex Ministro passa a descrivere la proposta alternativa che aveva presentato al governo tedesco e alla Troika. Trattasi di una tecnica di privatizzazione volta a raggruppare i beni pubblici greci, esclusi quelli relativi alla sicurezza, alle bellezze pubbliche e al patrimonio culturale, in una holding separata dall’amministrazione del Governo e gestita da un ente privato, sotto il controllo del Parlamento. Tale holding avrebbe avuto un ruolo centrale nella preparazione dei beni alla vendita: attraverso l’emissione di “un bond sui mercati dei capitali internazionali per raccogliere 30-40 miliardi di euro che” sarebbero stati destinati alla modernizzazione e ristrutturazione degli asset in gestione. Il progetto prevedeva un piano di investimenti di 3 – 4 anni e alla holding sarebbe stata concessa una licenza bancaria entro i due anni successivi, trasformandosi quindi in una Banca dello sviluppo, in grado di svolgere un ruolo centrale negli investimenti privati in Grecia e di collaborare con la Banca europea degli investimenti.
Interessante notare come, secondo la proposta di Varoufakis, la gestione del patrimonio pubblico avrebbe dovuto essere affidata ad un ente privato, anziché ad uno pubblico, come invece accade nella maggioranza dei casi. La stessa separazione dell’ente dall’amministrazione del governo e la sottoposizione al controllo del Parlamento risultano essere aspetti peculiari.
La vicenda greca è forse destinata a riaprire anche in Italia il dibattito sulla proposta ideata, tra gli altri, dall’ex Ministro, Giuseppe Guarino, per abbattere il debito pubblico italiano. Il giurista, da sempre molto attento al grave problema del debito pubblico italiano, nell’ottobre 2005 presentava una proposta radicale: creare una società, la Debito s.p.a. per riportare il debito pubblico a una soglie inferiore al 90 % del pil. In essa lo Stato dovrebbe far confluire immobili pubblici, crediti, concessioni, beni del demanio e quote azionarie, determinando un valore del capitale di circa 430 miliardi di euro. La proposta contemplava anche la redditività di tali beni, da realizzarsi, ad esempio, attraverso contratti di locazione. Inoltre, lo Stato, in una fase iniziale, rimarrebbe l’unico azionista della società; successivamente, secondo il progetto, la Debito s.p.a. dovrebbe vendere le proprie azioni a investitori istituzionali come banche, fondi pensione, sia sul mercato interno che su quello istituzionale. Il reddito della società deriverebbe, dunque, dai dividendi e dai canoni delle locazioni. Secondo Guarino, con questo strumento, il debito (che all’epoca si stimava nella misura del 108% del pil) sarebbe potuto calare al 70 %.

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Benedetta Barmann

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