29/04/2024
A cura di Marta Nigrelli
Il 27 marzo 2024 è entrata in vigore la legge 5 marzo 2024, n. 21, recante interventi a sostegno della competitività dei capitali, nonché una delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al d. lgs. n. 58/1998 (T.u.f.), e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel Codice civile applicabili anche agli emittenti.
La c.d. Legge Capitali si compone di 27 articoli, suddivisi in: semplificazione in materia di accesso e regolamentazione dei mercati di capitali (capo I); disciplina delle autorità nazionali di vigilanza (capo II); misure di promozione dell’inclusione finanziaria (capo III); modifiche alla disciplina del patrimonio destinato (capo IV); disposizioni finanziarie (capo V).
Le disposizioni del capo I assumono rilevanza in quanto volte all’agevolazione del procedimento di quotazione delle società per azioni e ad una più semplificata regolamentazione del mercato di capitali.
In particolare, all’art. 8, vengono introdotte semplificazioni nelle procedure di ammissione alla negoziazione, mediante l’abrogazione delle disposizioni di cui agli artt. 66-bis e 66-ter del T.u.f: viene soppressa la possibilità della Consob di regolare con propri regolamenti i requisiti ed i limiti di alcune società in quotazione (di trasparenza, di adeguatezza della struttura organizzativa e del sistema dei controlli interni delle società controllate e delle società finanziarie) e inoltre viene abrogato il termine di 5 giorni dell’esecuzione delle ammissioni alla quotazione, dalla comunicazione della decisione di ammissione alla quotazione alla Consob.
L’intervento rientra in un più ampio progetto del legislatore, volto ad agevolare la quotazione di società per azioni, favorendo quindi l’accesso al mercato di capitali e l’applicazione della relativa regolamentazione.
Tale intenzione, infatti, emerge anche con riferimento alle società a partecipazione pubblica: basti pensare alle disposizioni del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica che, espressamente, regolano il procedimento di quotazione di tali società, al fine di garantir loro il beneficio dell’esenzione dal T.u.s.p. (Art. 4, comma 9; art. 18).
L’art. 11 della legge, nel disciplinare lo svolgimento delle assemblee delle società per azioni quotate, introduce l’art. 135-undecies. 1, secondo cui lo statuto può prevedere che l’intervento in assemblea e l’esercizio del diritto di voto avvengano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società ai sensi dell’articolo 135-undecies: salvo che lo statuto disponga diversamente, le società con azioni quotate designano per ciascuna assemblea un soggetto al quale i soci possono conferire una delega con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all’ordine del giorno.
La delega ha effetto per le sole proposte in relazione alle quali siano conferite istruzioni di voto.
La delega è conferita mediante la sottoscrizione di un modulo di delega il cui contenuto è disciplinato dalla Consob con regolamento.
Il soggetto designato come rappresentante è tenuto a comunicare eventuali interessi che per conto proprio o di terzi abbia rispetto alle proposte di delibera all’ordine del giorno.
Al soggetto designato come rappresentante non possono essere conferite deleghe se non nel rispetto del presente articolo.
Al rappresentante designato possono essere conferite anche deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies, in deroga all’articolo 135-undecies, comma 4.
L’art. 135-novies prevede che colui al quale spetta il diritto di voto può indicare un unico rappresentante per ciascuna assemblea, salva la facoltà di indicare uno o più sostituti.
Viene inoltre differito al 31 dicembre 2024 il termine di cui all’articolo 106, comma 7, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Decreto Cura Italia): la possibilità di ricorrere al rappresentante designato, infatti, era stata estesa anche alle società a controllo pubblico nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili e senza maggiori oneri per la finanza pubblica.
Le ragioni dell’intervento sono legate alla necessità di assicurare il buon funzionamento dell’organo assembleare nel periodo di approvazione dei bilanci in società, pur non quotate, con azionariato grandemente diffuso e rilevanti per il mercato finanziario, le quali altrimenti non potrebbero utilizzare il rappresentante designato.
Le perplessità sorgono in relazione alla possibilità che l’esercizio di voto avvenga “esclusivamente” mediante il rappresentante designato, privando dunque l’azionista del diritto di partecipare all’assemblea, eventualmente anche in via telematica, non avvalendosi quindi della possibilità fornita dalla società di partecipare per delega all’assemblea.
Per quanto riguarda il sistema di governance e, nello specifico, la composizione del consiglio di amministrazione nelle società per azioni quotate, l’art. 12 della Legge Capitali introduce l’art. 147-ter.1 al T.u.f: viene prevista, in maniera definitiva, la possibilità per il consiglio di amministrazione uscente di presentare una lista di candidati per l’elezione dei componenti dell’organo di amministrazione.
Gli emittenti provvedono all’adeguamento degli statuti in maniera da consentire l’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo a decorrere dalla prima assemblea convocata per una data successiva al 1° gennaio 2025.
Come già rilevato dalla Consob a seguito dell’approvazione del DDL Capitali, il nuovo meccanismo consente ai soci di esprimere individualmente la propria volontà in relazione ad un ventaglio di candidati più ampio (in coerenza con le best practices internazionali).
Inoltre, è in tal modo incentivato il rispetto delle previsioni sui requisiti di composizione del Cda, con particolare riferimento al criterio del riparto tra i generi.
Le nuove previsioni si coordinano anche con quanto previsto dal T.u.s.p: l’esclusione delle società quotate dai T.u.s.p. è giustificata proprio dalla necessità di favorire l’apertura al mercato di tali società, in linea con gli obiettivi della Legge Capitali.
Inoltre, la nuova disciplina contribuisce a rafforzare le stringenti regole di trasparenza e correttezza cui sono comunque sottoposte le società partecipate tramite apposita normativa pubblicistica.
Una delle novità più significative riguarda, infine, la disciplina del voto plurimo e del voto maggiorato.
Gli artt. 13-14 della Legge Capitali intervengono, rispettivamente, sui due istituti, apportando modifiche alla disciplina prevista dall’art. 2351 c.c. (per le azioni a voto plurimo) e dall’art. 127-quinquies del T.u.f. (per le azioni a voto maggiorato).
Per quanto riguarda le azioni a voto plurimo, viene previsto l’aumento (da tre a dieci) dei voti esercitabili mediante il possesso di tale categoria di azioni.
Per le società quotate l’articolo 127-sexies del T.u.f. esclude la possibilità di emettere azioni a voto plurimo, salve le azioni eventualmente emesse anteriormente all’inizio delle negoziazioni in un mercato regolamentato (e salva l’emissione di azioni a voto plurimo con le medesime caratteristiche e diritti di quelle già esistenti in caso di aumenti di capitale, fusioni e scissioni, al fine di mantenere inalterato il rapporto tra le varie categorie di azioni).
L’art. 127-quinquies del T.u.f, tuttavia, consente alle società quotate di prevedere una maggiorazione del voto a favore di coloro che (nella sua formulazione originaria) posseggono azioni della società per un determinato periodo di tempo: lo statuto può consentire l’attribuzione di un voto maggiorato, fino a un massimo di due voti, per ciascuna azione appartenuta al medesimo soggetto per un periodo continuativo non inferiore a ventiquattro mesi.
Non si tratta quindi di una categoria speciale di azioni, come accade invece nel caso delle azioni a voto plurimo, ma di una sorta di “premio fedeltà” dell’azionista di medio-lungo periodo.
Questa possibilità è stata introdotta, con la legge 11 agosto 2014, n. 116, per incentivare il processo di quotazione, allo scopo di evitare che il timore di perdere il controllo della società possa costituire, per le famiglie imprenditoriali, un ostacolo al ricorso al mercato del capitale di rischio: la poca flessibilità dell’ordinamento previgente, a causa dell’obbligatorietà del principio “un’azione-un voto”, infatti, portava le imprese a ricorrere ad altri strumenti di rafforzamento del controllo come i gruppi piramidali o la stipulazione di patti parasociali.
Tali rischi sono stati superati, in parte, proprio con l’introduzione della maggiorazione del voto e delle azioni a voto plurimo per le società non quotate, al fine di incentivare le famiglie a perseguire i propri obiettivi di controllo societario a prescindere dal possesso azionario.
Tuttavia, a seguito della pubblicazione del Libro Verde 2022 su “La competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita”, il legislatore ha ritenuto opportuno aggiungere, al comma 2 dell’art. 127-quinquies del T.u.f, l’ulteriore disposizione secondo cui “Gli statuti possono altresì disporre l’attribuzione di un voto ulteriore alla scadenza di ogni periodo di dodici mesi, successivo alla maturazione del periodo di cui al comma 1, in cui l’azione sia appartenuta al medesimo soggetto iscritto nell’elenco di cui sopra fino a un massimo complessivo di dieci voti per azione”.
È fondamentale, in tal senso, che lo statuto preveda specificamente tale ampliamento, non essendo sufficiente il mero decorso del tempo (anche mediante modifica statutaria successiva all’introduzione del voto maggiorato nella misura minima).
In ogni caso, nelle ipotesi di maggiorazione del diritto di voto ai sensi dell’art. 127-quinquies del T.u.f, non è possibile determinare a priori il numero dei voti esprimibili in assemblea, con la conseguenza che gli equilibri assembleari possono mutare continuamente in dipendenza della maturazione o della perdita dei requisiti necessari per l’attribuzione del voto maggiorato: probabilmente per tale ragione è posta la regola della tendenziale inammissibilità delle azioni a voto plurimo nelle società quotate.
Mediante la tecnica del voto maggiorato, infatti, è più probabile che il potenziamento del diritto di voto abbia un impatto meno invasivo sulla contendibilità del controllo societario, che nelle società quotate è considerata un valore da tutelare al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato pubblico dei capitali.
Proprio la minore flessibilità dell’ordinamento italiano rispetto a quella di altri paesi e la maggiore onerosità del processo di quotazione hanno suscitato il dibattito su cui si concentra il Libro Verde, e sono stati ritenuti un limite alla competitività dei nostri mercati dei capitali.
Per quanto riguarda le società quotate a partecipazione pubblica, nell’elenco Consob delle società che hanno adottato il voto maggiorato figurano Hera S.p.A. e Iren S.p.A., società a partecipazione pubblica locale.
Si tratta di due tra le venticinque maggiori aziende italiane per fatturato, entrambi operative nell’ambito dei servizi energetici e ambientali.
Le due società, tra l’altro, hanno inserito tale previsione statutaria mediante deliberazione assembleare emessa alle origini dell’introduzione dell’istituto del voto maggiorato (rispettivamente nel 2015 e nel 2016).
Dall’elenco Consob emerge l’assenza di società partecipate direttamente dallo Stato: Hera S.p.A. e Iren S.p.A, infatti sono società a partecipazione comunale.
Dall’analisi condotta emerge, nell’ambito delle società quotate a partecipazione pubblica, la presenza di fattori ed esigenze comuni, che rendono le varie discipline non così distanti, ma anzi coordinabili alla luce dei principi superiori di trasparenza, correttezza, efficacia, uguaglianza e sostenibilità, che riguardano entrambi i tipi di società.
Tuttavia, il quadro giuridico di riferimento risulta ancora complesso, essendo necessario operare una costante interpretazione combinata delle discipline di settore al fine di estrarne la normativa applicabile, data la rilevanza che tali società hanno assunto sia in termini economici che sociopolitici. L’obiettivo principale del legislatore, comunque, è quello di incentivare la competitività dei capitali e favorire la quotazione di società per azioni: il nuovo quadro giuridico, dunque, è in linea con l’obiettivo del Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, che all’art. 1, comma 2, prevede l’applicazione delle relative disposizioni avendo riguardo all’“efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica”.