Tommaso Mezzetti Di Pietralata
18/01/2021
L’ordinanza n. 6452/2020 delle Sezioni Unite Civili della Cassazione ha stabilito che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le domande promosse da investitori ed azionisti nei confronti di Banca d’Italia e Consob per i danni conseguenti ad omissioni nella vigilanza.
Oggetto del giudizio è l’accertamento della responsabilità extracontrattuale di Banca d’Italia e Consob per le omissioni ed i ritardi nello svolgimento dei compiti di vigilanza, che avrebbero determinato un conseguente danno agli azionisti.
Banca d’Italia aveva proposto un regolamento preventivo di giurisdizione con cui chiedeva alle Sezioni Unite di dichiarare la giurisdizione del giudice amministrativo. Nella prospettiva dell’autorità ricorrente le controversie afferenti alla “vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare” sono oggetto della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133 lett. c) del codice del processo amministrativo.
Nella pronuncia esaminata le Sezioni Unite muovono dal principio secondo cui la giurisdizione esclusiva presuppone che la pubblica amministrazione agisca come titolare di un potere autoritativo, così come stabilito per la prima volta dalla sentenza n. 204/2004 della Corte Costituzionale, e poi recepito dal legislatore con l’articolo 7, comma 1, del codice del processo amministrativo.
Secondo la sentenza n. 204/2004 della Corte Costituzionale le materie di giurisdizione esclusiva “devono partecipare della loro [quelle assegnate alla giurisdizione di legittimità] medesima natura, che è contrassegnata dalla circostanza che la pubblica amministrazione agisce come autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo”.
Pertanto per escludere la giurisdizione del giudice amministrativo non è sufficiente la qualificazione della situazione soggettiva come diritto soggettivo. Tuttavia per la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è necessario che la pubblica amministrazione agisca nel caso concreto utilizzando poteri autoritativi.
Nei confronti dei soggetti vigilati le autorità esercitano certamente dei poteri amministrativi, mentre nei riguardi degli investitori l’azione delle autorità non comporta l’attuazione di “scelte ed atti autoritativi” bensì di “comportamenti doverosi”, i quali sono posti in essere a beneficio degli investitori stessi e pertanto “soggetti al rispetto del principio generale del neminem laedere […] la cui violazione può essere denunciata davanti al giudice ordinario”.
La situazione soggettiva oggetto del ricorso assume dunque la consistenza del diritto soggettivo, il quale “non è collegato ad alcuna relazione di potere con la P.A.”. La questione pertanto non può dirsi connessa all’esercizio di poteri amministrativi, il che è necessario per la sussistenza della giurisdizione amministrativa.
L’attività degli organi di vigilanza qui censurata riguarda dei comportamenti che non costituiscono esercizio di un potere amministrativo in senso proprio.
Secondo le Sezioni Unite, la circostanza che i “comportamenti doverosi” posti in essere dalle Autorità ai fini della tutela degli investitori siano regolati dalla legge non ne implica di per sé la qualificazione come poteri amministrativi sindacabili dal giudice amministrativo.
La responsabilità extracontrattuale dell’amministrazione infatti può ben scaturire, oltre che dalla violazione dei comuni standard di diligenza, prudenza e perizia, anche dalla violazione di norme legislative o regolamentari che disciplinano lo svolgimento di un pubblico servizio.
In altri termini, quando la domanda di risarcimento non investe “scelte ed atti autoritativi dell’amministrazione” bensì una semplice attività materiale posta in essere senza rispettare regole tecniche, ovvero i comuni canoni di diligenza e di prudenza, tale attività ricade nella giurisdizione del giudice ordinario.
Secondo le Sezioni Unite non rileva in senso contrario la circostanza che i soggetti lesi dal comportamento delle autorità siano degli azionisti e non dei risparmiatori. La Cassazione ha infatti ribadito che gli azionisti sono in realtà dei beneficiari in via mediata dei poteri esercitati dall’autorità di vigilanza, i cui destinatari immediati e diretti sono invece “le banche e gli intermediari che agiscono tramite i loro organi amministrativi e di controllo”.
L’ordinanza ha inoltre escluso la rilevanza della decisione 10095 del 2015 delle Sezioni Unite in cui si affermava che spetta al giudice amministrativo la giurisdizione sulla domanda proposta dagli investitori per sollecitare la Consob a porre fine alla propria inerzia adottando le misure idonee a ripristinare la corretta informazione sulla reale situazione patrimoniale del soggetto vigilato.
La citata questione di giurisdizione riguardava solamente la domanda inibitoria (in senso lato quale cessazione dell’inerzia), ossia la domanda volta ad evitare il protrarsi del comportamento illecito, e non anche la domanda risarcitoria, la cui attribuzione al giudice ordinario non era in discussione.
Secondo le Sezioni Unite per individuare il giudice competente è necessario accertare la “natura dell’interesse sostanziale leso” che, nella controversia del 2015, era l’interesse legittimo al ripristino del corretto esercizio dei compiti di vigilanza. Nel caso in esame l’oggetto della controversia è il diritto soggettivo a non soffrire ingiuste lesioni della propria sfera giuridica.
L’attuale ordinanza chiarisce le relazioni tra gli attori coinvolti dalle attività di vigilanza. In particolare, respinge la tesi secondo cui gli azionisti, diversamente dai risparmiatori, sono diretti destinatari di un potere amministrativo. Come i risparmiatori, infatti, anche gli azionisti sono beneficiari dell’attività di vigilanza, che dunque non costituisce nei loro confronti l’esercizio di un potere amministrativo.
Alla luce dell’orientamento espresso dalle Sezioni Unite, può dunque considerarsi ininfluente la circostanza che sugli azionisti gravino obblighi informativi verso le autorità vigilanti (si pensi a quelli in materia di patti parasociali e di acquisizione di partecipazioni rilevanti nelle società quotate), nel senso che tali obblighi informativi non valgono a trasformarli in soggetti vigilati, i quali restano le banche e gli intermediari.