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INTERAZIONI E CRITICITA’ DEI REGOLAMENTI EUROPEI A TUTELA DEL MERCATO UNICO

6 novembre 2024

A cura di Gian Marco Ferrarini

Ritornano, a quattro anni di distanza, le parole di E. De Smijter, Responsabile dell’unità per l’applicazione del Regolamento sulle sovvenzioni estere distorsive del mercato interno, pronunciate in un discorso davanti alla Dg Concorrenza:

L’UE deve essere un’economia aperta, ma con limiti alla sua tollerenza: se qualunque comportamento economico fosse tollerato, sarebbe proprio l’economia aperta, libera e concorrenziale promossa dall’Unione europea a venir meno, a soccombere a fronte di fenomeni anticoncorrenziali, predatori, o a diventare rischiosa, pericolosa per l’Unione stessa e i suoi interessi, compromettendo anche il suo mercato.

Dunque, si continua a perseguire l’idea di un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, ma con una serie di correttivi, certamente necessari, e, forse, anche sufficienti, per rispondere alle nuove sfide delineate dal progressivo avanzamento della deglobalizzazione e del multipolarismo. La crisi sanitaria da COVID-19 e il conflitto in Ucraina hanno, nello specifico, portato alla luce questioni in precedenza scarsamente considerate. La prima riguarda l’impatto degli investimenti diretti esteri (“IDE”) sul mercato interno e il mutato concetto di sicurezza, oggi non più limitato alla sfera degli armamenti o alla protezione dei confini territoriali, ma esteso anche alle nuove opportunità legate all’attuale trasformazione tecnologica. La seconda questione attiene, invece, alla consapevolezza del trattamento deteriore cui erano sottoposti gli operatori economici comunitari, in virtù della normativa sugli aiuti di Stato, rispetto ai competitor extra-UE. Questi mutamenti hanno determinato un cambio di paradigma che, apparentemente in contrasto con principi e libertà fondamentali e fondanti l’UE, come la libera circolazione dei capitali e la libertà di stabilimento, mira all’adozione di un approccio protezionistico a tutela del mercato unico. A tal proposito, l’azione difensiva comunitaria si è articolata principalmente in due direzioni regolamentari, prima facie profondamente dissimili tra loro: da un lato, a tutela della concorrenza; dall’altro, a tutela della difesa delle attività e degli asset strategici. In tale contesto si collocano, rispettivamente, il reg. UE n. 2560/2022, riguardante le sovvenzioni estere distorsive del mercato interno, e il reg. UE n. 452/2019, che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti diretti esteri all’interno dell’Unione europea.

Il primo regolamento ha avuto il merito di introdurre un meccanismo di controllo ad hoc, volto a esaminare ogni tipo di sovvenzione estera erogata alle imprese operanti nel mercato europeo, perseguendo così l’obiettivo di mantenere un piano in cui si giochi a parità di condizioni. Prima della sua introduzione, infatti, i contributi finanziari provenienti da Paesi extra-UE sfuggivano alla normativa europea sul Divieto di aiuti di Stato, risultando pertanto sottratti a qualsivoglia verifica. Il sistema di screening istituito dal regolamento de quo estende il proprio ambito di applicazione alle concentrazioni e alle procedure di appalto, conferendo in particolare alla Commissione europea (“Commissione”) una serie di poteri altamente pervasivi. Questi includono sia poteri investigativi che di avvio di procedimenti ex officio, sia poteri sanzionatori che correttivi in caso di rilevazione di irregolarità, nonché di mancata osservanza degli obblighi di notifica preventiva nell’ipotesi di concentrazioni e partecipazioni a gare di appalto pubbliche, il cui valore superi determinate soglie.

Per quanto riguarda, invece, il secondo regolamento, quello emanato nel 2019, non sembra un’esagerazione definirlo come una grande innovazione dal punto di vista della compatibilità dei vari meccanismi nazionali di controllo sugli investimenti diretti esteri. L’intervento normativo ha tenuto conto, nella specie, della indispensabile cooperazione e mutua assistenza tra Stati, resa tale in considerazione della ampia incidenza territoriale degli investimeti, diretti in uno Stato ma capaci di produrre effetti anche in altri. Per queste e altre ragioni il regolamento oltre ad armonizzare i diversi sistemi di screening adottati dagli Stati membri, ha altresì introdotto un quadro settoriale di riferimento che i Paesi UE possono utilizzare per valutare se un investimento costituisca una potenziale minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico. Infine, esso ha istituito un sistema di cooperazione caratterizzato da obblighi di notifica alla Commissione in merito alle operazioni societarie ritenute rilevanti.

Le ipotetiche interazioni e sovrapposizioni tra i due regolamenti hanno sin da subito destato particolare interesse nel mondo giuridico che, a tal riguardo, ha iniziato a formulare le prime riflessioni di carattere sistematico. Attraverso un confronto tra i due provvedimenti, si propone in questa sede una breve analisi che tenga conto delle principali connessioni, differenze e criticità.

In primo luogo, il sistema europeo di controllo degli investimenti, trova sovente applicazione nei confronti di operazioni societarie messe in atto da soggetti esteri, tra le quali vi rientrano anche quelle degli altri Paesi membri (quindi non esclusivamente extra-UE, seppure con un approccio più soft). In particolare, tale sistema consente agli Stati di imporre a questi soggetti precise restrizioni giustificate da valutazioni strategiche riguardanti la tutela dei preminenti interessi di sicurezza e ordine pubblico, escludendo, in linea di massima, considerazioni di carattere puramente economico. Al contrario, il regolamento sulle sovvenzioni estere si occupa di indagare e valutare i contributi concessi da Stati terzi a imprese già attive sul mercato comunitario. Nella disciplina europea sugli investimenti, la competenza circa l’adozione o meno di misure restrittive, è accordata ai singoli Stati membri, con la Commissione chiamata a ricoprire un ruolo solo consultivo e di coordinamento, svolto, nello specifico, attraverso gli uffici della Dg-Trade. Parallelamente, quando si tratta invece di controllare il sistema dei contributi finanziari erogati direttamente o indirettamente da un Paese terzo, tale accertamento viene svolto ab origine dalla Commissione europea che, avvalendosi questa volta degli uffici della Dg-Competition, assume l’esclusiva guida procedimentale e la relativa competenza circa la scelta di scritunare o meno le concentrazioni o le gare d’appalto rilevanti.

Le finalità perseguite dai due regolamenti, di salvaguardia degli asset strategici da un lato, di tutela della concorrenza dall’altro, hanno in verità radici comuni. Sia il regolamento sugli investimenti esteri diretti, che il regolamento sulle sovvenzioni estere, sono stati introdotti in risposta alle preoccupazioni di alcuni Stati membri riguardo all’incidenza degli investimenti cinesi in entrata, incidenza riconosciuta dall’Unione in varie occasioni.

Sul piano delle interazioni, entrambi i regolamenti attribuiscono particolare rilievo al controllo o, comunque, all’influenza esercitati dallo Stato di provenienza sulla società che realizza l’operazione di concentrazione o che partecipa alla gara, poiché nei sussidi esteri tale influenza potrebbe compromettere la concorrenza nel mercato unico, mentre negli investimenti esteri diretti essa potrebbe indicare un intento di ingerenza ostile da parte di uno Stato straniero. Tale controllo, già prima dell’entrata in vigore del regolamento sulle sovvenzioni, era esercitato, incidenter tantum, solo attraverso il regolamento sugli IDE che, tra gli altri elementi, considerava aspetti oggi rientranti nell’attuale disciplina sul divieto di “aiuti di Stato”esteri, in quanto indagava e, tutt’ora indaga, seppur per altre ragioni, l’assetto proprietario delle società e l’eventuale presenza pubblica all’interno dello stesso. In ogni caso, si comprende come i due regolamenti rappresentino un inevitabile restringimento dell’apertura verso gli investimenti stranieri; in particolare, gli interessi perseguiti dalle normative sono paralleli ma strettamente interconnessi: rappresentano infatti limiti strategici, motivati da esigenze di sicurezza o di tutela della concorrenza, alla libera circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento.

Nonostante le distanze strutturali, un importante punto di contatto tra le due normative emerge dalla lettera del regolamento sulle sovvenzioni estere. Il considerando 3 chiarisce infatti come l’ambito applicativo del regolamento UE 2560/2022 si estenda a tutti i settori economici, compresi quelli di interesse strategico per l’Unione e le infrastrutture critiche, come quelli di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del reg. n. 452/2019. Da questa disposizione discende inevitabilmente una prevalenza, in un rapporto tra genus e species, dei settori economici disciplinati dal regolamento sulle sovvenzioni estere, rispetto a quelli considerati dal regolamento del 2019. Tale predominanza è immediatamente comprensibile: l’interesse pubblico che il regolamento sulle sovvenzioni persegue, ossia la tutela della concorrenza nel mercato unico, è intrinsecamente collegato a ogni tipo di attività economica. La conseguenza diretta di questa impostazione è che un’operazione rilevante ai sensi del reg. UE n. 452/2019 può sempre rientrare anche nell’ambito applicativo del reg. UE n. 2560/2022, ma non viceversa.

In merito alle criticità rilevate, oltre alle difficoltà di coordinamento tra le diverse direzioni generali della Commissione, incaricate della gestione delle numerose notifiche, si evidenzia una certa preoccupazione per l’assenza totale di riguardo circa le valutazioni o segnalazioni delle autorità nazionali indipendenti all’interno del processo decisionale. Invero, a differenza del regime di controllo sulle concentrazioni, la normativa sulle sovvenzioni estere affida, come detto, la conduzione dell’intero procedimento esclusivamente alla Commissione, senza però riconoscere alcun ruolo alle autorità nazionali antitrust degli Stati membri (si pensi, ad esempio, alle competenze dell’AGCM in Italia). Ne potrebbe derivare una situazione complessa, soprattutto non chiaramente disciplinata dal regolamento, in cui le disposizioni di un’autorità antitrust nazionale, in mancanza di un obbligo di coordinamento, possono entrare in contrasto con l’analisi della Commissione.

Un ultimo problema, forse il più significativo, inerente la sovrapposizione tra normative, è rappresentato dall’assenza di un obbligo di notifica alla Commissione delle operazioni societarie che potrebbero non rientrare nel perimetro applicativo definito dall’articolo 4 del regolamento sugli investimenti diretti esteri. Questo potrebbe generare incertezze dovute all’applicazione ex post di misure previste dal regolamento sulle sovvenzioni estere, misure che potrebbero entrare in conflitto con le prescrizioni degli Stati membri finalizzate alla tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico. Detto altrimenti, come procedere nel caso in cui, ad esempio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, non ritenendo l’operazione rilevante per i settori strategici individuati dal regolamento sugli IDE, decida di esercitare il Golden power e contestualmente non notificare l’operazione alla Commissione europea? Se, a distanza di due anni, la Commissione, avendo ricevuto informazioni su sovvenzioni concesse da un fondo sovrano legato alla società acquirente, decidesse di esercitare i propri poteri ex officio e concludere il procedimento con prescrizioni in contrasto con le decisioni prese dal Governo italiano, si genererebbe una situazione di conflitto non contemplata dal quadro normativo attuale.

I dubbi sull’interazione tra i due quadri normativi non sono di poco conto. Attualmente, tali incompatibilità non sembrano risolvibili nemmeno alla luce della proposta di revisione del regolamento sugli IDE, che potrebbe ancora subire variazioni in itinere. La riforma del reg. UE n. 452/2019 potrebbe prestarsi come un’opportunità per un progressivo accentramento delle competenze in capo alla Commissione, anche in materia di adozione di misure di controllo sugli investimenti stranieri in tutti gli Stati membri. A titolo esemplificativo, si potrebbe prevedere di attribuire alla Commissione una competenza esclusiva per l’adozione di provvedimenti di screeening degli investimenti esteri in relazione a progetti di interesse dell’Unione, in conformità con la sua competenza in materia di politica commerciale comune.

Una volta superate le difficoltà di coordinamento tra i regolamenti esaminati, appare evidente come questi possano, seppur ispirati da principi distinti, svolgere assieme un ruolo fondamentale nella tutela degli operatori economici facenti parte del mercato unico.

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