di Marianna Moscarelli
13/03/16
La l. 124/2015 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, meglio conosciuta come Legge Madia di Riforma della PA, prevede la riorganizzazione dell’assetto amministrativo in materia di: semplificazioni amministrative, organizzazione, personale e deleghe per la semplificazione normativa.
Lo scorso 20 gennaio il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare il decreto legislativo denominato “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” attuativo della delega all’art. 18 della suddetta legge, che ha ad oggetto la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. L’obiettivo del Governo è una razionalizzazione delle partecipate, comportando una loro riduzione, tramite due meccanismi: da una parte, entro 6 mesi dalla pubblicazione del testo in gazzetta ufficiale, le amministrazioni devono effettuare una ricognizione e individuare quelle che devono essere eliminate entro un anno. Dall’altra si prevede invece, che le amministrazioni procedano annualmente alla razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche.
Il testo unico, in particolare, presenta dei meccanismi di controllo. Tra questi si prevede, all’art.15 del testo, la creazione di una struttura, individuata dal Mef, di vigilanza ad hoc che tiene un elenco pubblico, “accessibile anche in via telematica”, di tutte le partecipate esistenti. Non solo dovrà verificare il rispetto degli atti di chiusura delle partecipate non più idonee tramite segnalazioni periodiche, ma ha anche il compito di controllare l’attuazione del decreto. Tale organismo fornisce orientamenti per la promozione delle migliori pratiche per la conduzione delle partecipazioni pubbliche, adottando, nei confronti delle stesse società, le direttive sulla trasparenza e sulla separazione contabile e verificandone il rispetto . Dovranno, inoltre, essere inviati a tale organo bilanci e altri documenti obbligatori. Gli sono affidati, infine, poteri ispettivi nei confronti di tutte le società partecipate in caso vengano ravvisate gravi irregolarità o inefficienze di gestione.
Accanto a questa forma di controllo incentrata sulla creazione di un organo intermedio, è previsto, all’art. 20, un controllo periodico annuale, con un meccanismo di regulatory review, da parte delle amministrazioni sull’assetto delle società di cui detengono partecipazioni sia dirette che indirette, predisponendo se necessario un piano di riassetto che può comportare la fusione o la soppressione della società ovvero anche la messa in liquidazione o cessione. Questi piani di razionalizzazione sono adottati solo nei casi previsti al comma 2, ossia quando le amministrazioni pubbliche rilevino, tra le altre, partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie previste dal decreto ovvero società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti o ancora società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali. I predetti piani devono essere resi disponibili alla struttura competente per il controllo e alla sezione di controllo della Corte dei conti competente. Il tutto è accompagnato da un meccanismo sanzionatorio che prevede, da un lato, il pagamento di una somma che va da 5.000 a 15.000 euro in caso di mancata adozione degli atti previsti e, dall’altro, la cancellazione d’ufficio dal registro delle imprese da parte del conservatore, previa comunicazione dell’avvio del procedimento agli amministratori o ai liquidatori di quelle società a controllo pubblico che per tre anni consecutivi non abbiano depositato il bilancio d’esercizio o non abbiano compiuto atti di gestione. Entro il termine di questi 60 giorni, per evitare la cancellazione, gli amministratori possono presentare una domanda formale e motivata di prosecuzione dell’attività corredata dall’atto deliberativo delle amministrazioni pubbliche socie.
La realtà che fa da sfondo all’entrata in vigore di questo testo unico – ed in particolare della costituzione di un organo di vigilanza ad hoc – è una realtà in cui la governance delle partecipate è dubbia e connessa a un problema di responsabilità amministrativa o politica riferibile ad una distinzione tra indirizzo politico e gestione vera e propria. Questa distinzione aumenta il gap già esistente tra la programmazione finanziaria e quella gestionale; ci troviamo sempre più spesso di fronte a una politica che non fissa gli obiettivi da perseguire o comunque non lo fa in maniera chiara. L’introduzione del nuovo organo di vigilanza e del sistema di revisione periodica delle partecipazioni ha il compito di indurre le amministrazioni al rispetto della manutenzione delle società partecipate indirizzandole verso l’applicazione di criteri prestabiliti in modo chiaro, nonché quello di permettere un’omogenea organizzazione delle stesse, comportando anche un drastico ridimensionamento del numero esistente. Alla luce delle linee guida del rapporto Irpa 1/2015, si può capire come sia necessario che il Governo si ponga degli obiettivi, affiancando alla spending review non solo una sharehoder review, ma anche un sistema di controlli per rendere più efficace e trasparente il ruolo dello stato all’interno delle partecipate e le modalità di gestione delle società stesse.