di Vittoria Vetrano
15/03/2017
Le direttive comunitarie 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE in tema di appalti nei settori ordinari, nei settori speciali, e di concessioni di lavori e servizi, hanno operato un riordino e uno snellimento della disciplina vigente in materia ed hanno puntualizzato la possibilità di un uso strategico degli appalti pubblici, promuovendo l’innovazione tecnologica, la crescita sostenibile e la tutela ambientale. Infatti si era fatta strada da un può nel diritto comunitario è l’idea degli appalti inseriti nell’ambito della green economy come strumento di politica ambientale. Le tre direttive però, presentavano ancora la distinzione di regole fra appalti nei settori ordinari e in quelli speciali, nonostante nel dibattito giuridico non erano mancate voci a favore, se non dell’identità totale di regole, quanto meno di un’unica direttiva organica imperniata su di un ceppo di regole comuni. L’opzione formale è rimasta quella della separazione in due testi normativi distinti (direttive 2014/24/Ue e 2014/25/Ue) anche se nella sostanza si è registrata una maggiore consonanza tra le discipline. Confermando l’orientamento precedente (direttiva 2004/18/CE) gli appalti nel settore idrico hanno continuato a formare oggetto di autonoma e separata regolamentazione, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “settore escluso”. Le ragioni sono da rintracciarsi stesso all’interno delle direttive. Il considerando 30 della direttiva 2014/23/Ue specifica che: «Le concessioni nel settore idrico sono spesso soggette a regimi specifici e complessi che richiedono una particolare considerazione data l’importanza dell’acqua quale bene pubblico di valore fondamentale per tutti i cittadini dell’Unione. Le caratteristiche particolari di tali regimi giustificano le esclusioni nel settore idrico dall’ambito di applicazione della presente direttiva…». Ancora il considerando 7 della direttiva 2014/25/Ue asserisce che «È opportuno rammentare che nessuna disposizione della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva. La prestazione di servizi sulla base di disposizioni legislative, regolamentari o contratti di lavoro dovrebbe esulare dall’ambito di applicazione della presente diretti va. In alcuni Stati membri ciò potrebbe verificarsi, ad esempio, per la fornitura di certi servizi alla collettività, come l’alimentazione con acqua potabile.»
A livello nazionale le tre direttive sono state recepite dal Governo con il d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (codice dei contratti pubblici), dando attuazione alla legge delega 11/2016. Nonostante il codice non abbia preso posizione sui grandi temi che impattano sulla materia dell’organizzazione del servizio idrico, che rimane appunto un “settore escluso”, preme in questa sede sottolineare che alcuni rilievi in materia sono comunque rinvenibili nel codice dei contratti pubblici per due ordini di motivi. In primo luogo l’interesse nasce per la presenza di norme esplicitamente rivolte al settore idrico e in secondo luogo per l’assonanza tra la disciplina dei settori ordinari e dei settori speciali. Partendo dalle origini, già la legge delega n. 11/2016 conteneva un criterio puntuale sulle concessioni del servizio idrico, alla lettera hhh) che era così formulato: «hhh) disciplina organica della materia dei contratti di concessione mediante l’armonizzazione e la semplificazione delle disposizioni vigenti, nonché la previsione di criteri per le concessioni indicate nella sezione II del capo I del titolo I della direttiva 2014/23/UE, nel rispetto dell’esito del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico». Tuttavia tale criterio non ha ricevuto alcuna attuazione dal codice dei contratti, che si è limitato, nell’art. 12 a recepire l’esclusione, dal suo ambito di applicazione, delle concessioni del servizio idrico. Il Consiglio di Stato con la pronuncia n. 855/ 2016 ha immancabilmente rilevato il non corretto recepimento del punto di delega che richiamava proprio al rispetto dell’esito del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico, tuttavia lo ha solo segnalato non potendo considerare ciò una violazione della legge delega, quanto piuttosto una questione di merito politico in ordine alla scelta di non intervenire sul tema dell’affidamento delle concessioni nel settore idrico. Va solo rilevato, sul piano tecnico, che il mancato esercizio di una parte della delega, nei termini assegnati, non è rimediabile ex post in sede di adozione di decreti correttivi del codice, ammissibili solo per emendare disposizioni relative a parti di delega attuate.
In ogni caso l’essere le concessioni del servizio idrico fuori dal codice degli appalti non ha esonerato nei relativi affidamenti, dall’osservanza dei principi declinati nell’art. 4, d.lgs. n. 50/2016, di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica. Fermo restando poi che non spetta al codice dei contratti pubblici stabilire se e in che limiti è possibile l’affidamento del servizio idrico a una società in house, la relativa disciplina ha però alcuni effetti sul servizio idrico. Un rilievo diretto per il settore del servizio idrico si rinviene quanto agli eventuali affidamenti a società in house da parte di enti aggiudicatori operanti nel settore dell’acqua. In particolare il primo comma dell’art. 12, dir. 2014/24/UE sui settori ordinari e l’identico art. 28 della direttiva settori speciali n. 2014/25/UE sono stati recepiti nel codice nell’art. 5. L’articolo 5 reca, nei settori ordinari o speciali, i principi comuni in materia di esclusione, dall’ambito di applicazione del codice, di una concessione o di un appalto pubblico aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato. Si rintraccia dunque la disciplina positiva dell’in house providing, definendone i presupposti e individuando anche parametri oggettivi cui ancorare, nel concreto, la verifica di ricorrenza di un modello di gestione in house, stabilendo che l’appalto pubblico aggiudicato da un’amministrazione aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato può essere sottratto alle regole dell’evidenza pubblica ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
- a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di che trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi;
- b) oltre l’80 % delle attività di tale persona giuridica sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici controllanti o da altre persone giuridiche controllate dalle amministrazioni aggiudicatrici di cui trattasi; e
- c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportino controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, e che non esercitino un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.
È interessante evidenziare come il legislatore comunitario abbia scelto un parametro numerico per definire il requisito dell’attività prevalente, non ponendo l’accento, come in passato, sul concreto atteggiarsi dell’attività e come abbia ammesso la possibilità di affidare senza gara la gestione di un servizio anche a società partecipate da privati, sempreché tale partecipazione non si traduca nell’esercizio di un diritto di veto o di controllo. Sembra si sia superata così la consolidata giurisprudenza interna e comunitaria, che aveva sempre escluso la legittimità dell’in house providing in favore di società miste. Invero, per quanto riguarda il SII , le forme di affidamento restano disciplinate dall’art. 149-bis, t.u. in materia ambientale n. 152/2006, in quanto norma speciale, tuttavia l’art. 149-bis rinvia anche al modello comunitario che è quello descritto nel suddetto art. 5. Ad esempio un possibile rinvio operato dal 149- bis potrebbe ammettersi riguardo la possibilità di affidamento in house del servizio idrico ad una società partecipata da una pluralità di enti locali, in virtù delle ipotesi di controllo analogo previste dall’art 5 del d.lgs.50/2016. Un altro rinvio astrattamente possibile poteva essere quello in merito alla possibilità di effettuare un affidamento diretto del servizio idrico integrato ad una società pubblica all’interno della quale si collochi una partecipazione di capitali privati, sia pure con forme e percentuali non determinanti sulla governance, viste le aperture legislative introdotte dall’art.5. In questo caso però si è pronunciata la Corte dei conti, [C. conti Campania sez. contr. delibera, 29.4.2016, n. 108], la quale ha ribadito che con riferimento al servizio idrico integrato, è consentito l’affidamento in house ai soli soggetti a integrale partecipazione pubblica, specificando che il codice dei contratti, ha lasciato inalterata la previsione speciale del t.u.(D.lgs. n. 152/2006), che all’articolo 149-bis consente la deroga alla regola generale dell’evidenza pubblica (con la possibilità di affidamenti in house), limitatamente ai soli casi di società interamente pubbliche.
Infine per gli affidamenti di cui sopra, specifica il d.lgs. 50/2016 all’art.192 , è istituito presso l’ANAC, un registro delle società in house delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori al fine di garantire adeguati livelli di pubblicità e trasparenza nei contratti pubblici.
Ovviamente il codice non detta nessun tipo di indirizzo riguardo a problematiche relative ad opere infrastrutturali nel settore idrico, tuttavia le incisive disposizioni relative alla progettazione, alle procedure di evidenza pubblica per la scelta dei progettisti, al dialogo tra i concorrenti per l’individuazione di idee innovative, si spera potranno essere uno spunto e un modello per supportare future scelte e attività nel settore idrico.