Lab-IP

Il report sulla percezione della corruzione di transparency international premia l’Italia. Ma il mondo è ancora attanagliato dalla corruzione

A cura di Eugenio Parisi

14/02/2022

A fine gennaio 2022, Transparency International (TI), organizzazione non governativa tedesca che si occupa di monitorare la corruzione nel mondo, ha pubblicato il report di percezione della corruzione (Corruption perceptions index o CPI) per l’anno 2021.

Nato nel 1995, il report misura la percezione del fenomeno corruttivo nel settore pubblico. Il meccanismo di comparazione e di calcolo si basa sull’analisi di diverse fonti da parte di due esperti interni alla Ong e due esterni. Il report si basa su situazioni prese in considerazione e valutate da imprenditori ed esperti. Nella fattispecie, la Ong si basa sull’analisi della corruzione; sul dirottamento fraudolento di fondi pubblici; su casi di peculato o comunque di uso della propria posizione per interessi personali; di nepotismo e di State capture, ovvero quel fenomeno dove grandi imprese private manipolano la politica in modo che possano essere emanate leggi e regolamenti a loro favorevoli.

Le fonti e i dati visti pocanzi vengono poi valutati e analizzati in base a dei criteri che ne permettono di filtrare il contenuto e la valutazione. 

In primo luogo, si controlla l’affidabilità della fonte. Tale affidabilità si basa sulla metodologia di ricerca e sulla raccolta dei dati da parte dell’istituzione; i dati ricevuti devono essere contestualizzati, vengono cioè analizzati in basi al tipo di corruzione e a che livello questa è consumata e come i meccanismi di prevenzione alla corruzione sono applicati e la relativa efficacia; Per stilare la classifica dei 180 Paesi esami, Transparency International fa una vera e propria comparazione dei dati ricevuti e analizzati per il singolo Paese. I dati esaminati devono essere quindi facilmente comparabili nei vari contesti nazionali. Fondamentale è la disponibilità pluriennale dei dati. Il CPI, infatti, misura come la percezione e la lotta alla corruzione si modifica nel tempo. I dati devono essere quindi comparabili nel lungo periodo, rendendo inutilizzabili tutte le informazioni non ripetibili nel tempo.

Uno dei problemi dei dati trasmessi per la pubblicazione del PCI è che non sono pubblicabili. Infatti, la Ong in molti casi non ha il permesso di pubblicare le fonti provenienti da privati. Rendendo per certi versi non trasparente l’analisi dei dati e quindi discutibile il risultato finale.

Ogni fonte, viene quindi standardizzata, il che permette l’aggregazione nel punteggio del CPI. La standardizzazione permette di conferire più facilmente il voto da 0 a 100. Più bassa è la votazione, più incisivo è il fenomeno corruttivo in quel Paese, più alto è il voto, minore corruzione viene percepita in quello Stato. Il voto viene calcolato attraverso una statistica dei risultati pervenuti dall’analisi delle informazioni ricevute. Nonostante il procedimento sia oramai oliato e aggiornato, l’Ong si riserva un margine di errore del 10%.

Transparency international, nel suo report, enfatizza il fatto che libertà di espressione, di riunione e l’accesso alla giustizia garantiscono la partecipazione alla vita politica del Paese, permettendo quindi di tenere sotto controllo la corruzione, in particolar modo quella politica. La Ong sottolinea infatti, che l’attuale ondata di autoritarismo che sta interessando diverse parti del globo, compreso il Vecchio continente, non è caratterizzata da colpi di stato e violenze, come invece accaduto nei regimi del XX secolo, ma da graduali riforme che minano la democrazia. Questo di solito inizia con attacchi ai diritti civili e politici, azioni canalizzate nel compromettere l’autonomia degli organi di vigilanza, libertà dell’elezione e indipendenza dei media. Tali attacchi consentono a questi regimi di eludere la loro responsabilità e limitare, se non eliminare ogni tipo di opposizione, creando così un circolo vizioso che permette alla corruzione di prosperare.  Il report sottolinea come a causa la pandemia da Covid-19, a parte particolari casi come quello italiano, che vedremo più avanti, buona Parte dei Paesi esaminati si trova in uno stato di stagnazione, ovvero, che non vi sono stati particolari progressi rispetto all’anno passato, oppure stati fatti dei passi indietro, retrocedendo a posizioni inferiori nella scala e nella media dell’area geografica di appartenenza. Questo perché, ad avviso della Ong, la pandemia è stata la giustificazione di governi per limitare le libertà fondamentali. Il report sottolinea quindi come Paesi che proteggono i diritti umani e le libertà fondamentali siano in grado di gestire meglio il fenomeno corruttivo.

Secondo l’ultima pubblicazione i livelli di corruzione percepita sono rimasti sostanzialmente gli stessi rispetto al 2020. Su 180 Paesi 131 non hanno registrato progressi degni di nota. La media dei punteggi quest’anno, a detta della Ong è arrivata a 43 su 100.  I risultati del report indicano che il Paese con minor corruzione al mondo è il Regno di Danimarca, con una votazione di 88, mentre fanalino di coda è la Repubblica del Sudan del Sud. L’Italia negli ultimi anni ha ottenuto ottimi risultati. Da un voto 42 del 2012, è oggi salita di 14 punti, vedendosi assegnare nel 2021 un 56. L’Italia ha incrementato il suo posto nella classifica del CPI grazie alla testimonianza dei c.d. stakeholder del settore privato, ovvero tutti i portatori di interessi specifici di un’azienda che stanno apprezzando gli sforzi di promozione dei principi di trasparenza, anticorruzione e integrità da parte delle istituzioni.

Nonostante le lodi, la Ong ha criticato l’Italia per una serie di impegni non mantenuti

L’Italia continua a essere in ritardo nel recepimento della direttiva 2019/1937 sulla protezione dei c.d. whisteblowing, il cui termine di recepimento è scaduto il 17 dicembre 2021. 

L’assenza dei decreti attuativi per la pubblicazione del registro dei c.d. titolari effettivi, questi ultimi sono identificati dalla normativa antiriciclaggio, come tutte quelle persone fisiche per conto delle quali è realizzata un’operazione. Nel caso il soggetto fosse una persona giuridica, le persone fisiche che possiedono o controllano tale ente che ne risultano beneficiari. L’istituzione del registro si è avuto con il recepimento della direttiva Ue 2019/843, nota anche come Quinta direttiva antiriciclaggio.

Infine, si attende la risposta positiva del Senato della Repubblica per quanto riguarda la disciplina lobbying, già approvata alla Camera dei deputati, ma che attende la risposta dell’altro ramo del Parlamento. La normativa ha l’obbiettivo di ampliare la trasparenza delle attività di lobbying, nella fattispecie, attraverso l’istituzione di un registro per la trasparenza delle attività di rappresentanza di interessi presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust); presso la medesima autority si prevede l’istituzione di un comitato di sorveglianza sulla trasparenza dei processi decisionali pubblici, al quale sono attribuite le funzioni di controllo e irrogazione delle sanzioni, anch’esse previste nel testo di legge.

 Secondo il report, i Paesi più virtuosi, per quanto riguarda trasparenza e mezzi alla lotta alla corruzione sono quelli dell’Europa Occidentale e dell’Unione europea, i quali hanno intrapreso una politica di anticorruzione e implementazione della trasparenza. Nonostante questo, il CPI sottolinea come anche in quest’area le restrizioni legate alla pandemia da Covid-19 rischiano di minare diversi sforzi.

L’emergenza sanitaria ha avuto ripercussioni piuttosto pesanti anche in Asia Centrale e Pacifica, nelle Americhe e nell’Est europeo. Infatti, proprio la possibilità di giustificare con la pandemia restrizioni delle libertà civili e poca trasparenza ha permesso anche in Paesi, fino a quel momento premiati dal CPI, di incrementare la corruzione, la quale sta piano piano erodendo le strutture della P.a. e della politica, diventando sempre più un fenomeno difficilmente gestibile.

Non vi sono cambiamenti significativi invece, nel Vicino Oriente e in Nord Africa. Infatti, qui, gli interessi di politici e oligarchi continuano a dominare la politica e l’amministrazione. Le limitazioni alle libertà fondamentali, che oramai fanno parte della quotidianità della maggior parte dei Paesi di questa regione da decenni, non permettono progressi nella trasparenza e nell’implementazione di mezzi anticorruzione.

Per quanto riguarda l’Africa Subsahariana i conflitti che ormai martoriano la popolazione civile, le transizioni di potere che sfociano in guerre civili, e la crescente minaccia terroristica porta alla quasi totale inosservanza di impegni riguardanti l’anticorruzione, privando buona parte della popolazione africana di diritti e servizi fondamentali.

Transparency international conclude il report auspicando che siano i cittadini a portare a un cambiamento. Infatti, la Ong a chiedere ai propri governi di agire contro il fenomeno corruttivo e aprire ai diritti umani. TI ricorda che una serie di battaglie contro la corruzione sono iniziate e sono state vinte partendo dal basso e dal coraggio della gente comune.

Descritto il meccanismo di calcolo e analisi per la redazione del Corruption perceptions index, bisogna sottolineare che questo sistema non brilla per oggettività. Da più parti si sono infatti, alzate voci contro il PCI il quale non prende in considerazione la corruzione nel mondo economico, ma esclusivamente quello della P.a. e della politica. Questo si riflette, sulla trasparenza e in alcuni modi sulla veridicità del report, essendo le informazioni per la redazione del report provenienti esclusivamente da fonti del mondo imprenditoriale.

FacebooktwitterredditpinterestlinkedintumblrmailFacebooktwitterredditpinterestlinkedintumblrmail