di Eleonora Rubino
22/01/17
La corruzione è uno dei fattori che condiziona maggiormente lo sviluppo economico e sociale dell’Italia. Il contrasto alla corruzione vive costantemente l’evoluzione dei cambiamenti, non solo, del sistema organizzativo della pubblica amministrazione, ma anche, del fenomeno della corruzione, del mercato e dell’operatività delle grandi imprese.
In particolare, per ciò che riguarda la lotta alla corruzione si è passati da una repressione ex post ad una prevenzione ex ante, sempre sotto il controllo dello Stato, ma affidata ad una responsabilità imprenditoriale di organizzazione in più ambiti operativi, come ad esempio: nella valutazione e gestione del rischio di corruzione, nel monitoraggio delle aree ed attività a rischio, nella formazione dei dipendenti, nell’impegno dei vertici di impresa, nell’elaborazione di best practices e di codici etici, nella trasparenza e nel whistleblowing (l’incoraggiamento alla segnalazione di illeciti).
L’ulteriore controllo previsto per la pubblica amministrazione dalla legge n. 190/2012 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, si traduce in burocratizzazione e duplicazione di interventi e adempimenti fra loro non sempre coerenti e talvolta contraddittori. Per fare un esempio, nelle società quotate e operanti sul mercato, si introduce una differenza rilevante – fra quelle private tout court e quelle private di c.d. mano pubblica − negli obblighi di trasparenza e di informazione, che comporta evidenti conseguenze, in tema di disparità di trattamento e di competitività, da ritenersi ancor più paradossali se si pensa che la nuova prospettiva di contrasto alla corruzione è mirata soprattutto a garantire la competitività e la par condicio di tutti coloro che operano con la pubblica amministrazione in concorrenza fra loro.
Occorre tener presente che, nel rapporto tra i sistemi di controllo e la prevenzione della corruzione, le profonde modifiche dei princìpi e delle regole di governo dell’impresa, soprattutto per la grande impresa e le società quotate, hanno inciso in modo positivo sulle regole in tema di amministrazione − dal ruolo strategico del Consiglio di amministrazione al contenuto dei doveri di vigilanza e alla responsabilità per l’organizzazione – ma hanno determinato la necessità di intervenire ulteriormente sul coordinamento tra organi e funzioni, per condurre ad omogeneità la funzione di controllo, divenuta frammentata in una pluralità di segmenti e di organi. Assume, quindi, importanza il controllo sociale diffuso mediante il c.d. accesso civico all’informazione, in attuazione del principio di trasparenza dell’attività amministrativa, così anche, la preliminare semplificazione del sistema normativo di prevenzione affinché elimini sovrapposizioni delle funzioni degli organi nei sistemi di controllo, ed ancora, la qualità dei dati con una adeguata e corretta informativa.
Riguardo quest’ultimo punto, un aspetto interessante da evidenziare è lo stretto legame tra digitalizzazione e contrasto alla corruzione, emerso da un recente studio scientifico, condotto dalla società Forum PA e dalla Corte dei conti, che ha messo a confronto la graduatoria dei paesi Ue più digitalizzati e la classifica delle nazioni meno corrotte di Transparency International. Il risultato è stato un indice di correlazione del 90 per cento, che segnala come il fenomeno della corruzione diminuisca drasticamente nei paesi dove la pubblica amministrazione utilizza tecnologie digitali. Ciò si giustifica, perché l’innovazione tecnologica, fornendo più trasparenza nelle procedure, rende più difficile l’inserimento della maladministration.
Il quadro di prevenzione, avviato dalle linee di tendenza del contrasto alla corruzione per le società pubbliche con la legge n. 190/2012, è stato a sua volta delineato dal protocollo d’intesa tra l’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) e la Corte dei conti, dalle linee guida e dal Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) dell’Anac e dagli indirizzi di attuazione del Mef.
Nell’intesa tra l’Anac e la Corte dei conti, stipulata il 28 maggio 2015, sono stati definiti gli ambiti e gli obiettivi di collaborazione. In particolare, sono tre le finalità che si prefigge l’accordo de quo: 1. Elaborare i criteri selettivi di segnalazioni e denunce di danni erariali in materia di appalti pubblici, fenomeni corruttivi e violazione delle norme in materia di trasparenza; 2. Individuare le problematiche di rilievo generale inseribili nella programmazione annuale delle Sezioni di controllo e Procura generale della Corte dei conti; 3. Consentire l’accesso ai rispettivi sistemi informativi, al fine di rilevare le criticità di settore nonché, mediante l’estrazione e l’analisi delle informazioni, contenute nelle rispettive banche dati, costruire indicatori che rappresentino indizi di un potenziale rischio di illeciti amministrativi nell’ambito dei contratti pubblici.
Le relative linee programmatiche sono definite attraverso un tavolo di lavoro, a periodicità semestrale, con l’utilizzo dei dati contenuti nei propri sistemi informativi e della professionalità delle rispettive risorse umane, senza che ciò comporti una sovrapposizione o stratificazioni delle competenze di controllo. Cioè, partendo dall’innovazione tecnologica è possibile razionalizzare i processi interni e massimizzare l’efficacia dei sistemi di vigilanza, mediante l’elaborazione ed il monitoraggio dei dati, per assicurare il controllo dei costi gestionali e l’equilibrio tra le risorse impiegate e le attività realizzate.
Ciò premesso, l’intesa de quo mira ad una convergenza di sinergie che vede confluire, da un lato, l’azione della Corte dei conti di moralizzazione dei comportamenti gestori nell’ambito delle attività pubbliche, che determina un effetto di deterrenza sia dei fenomeni corruttivi che dell’inefficienza nell’utilizzo di denaro pubblico, e dall’altro lato l’intervento dell’Anac di analisi e valutazione dei rapporti contrattuali e delle nuove iniziative in materia di acquisizione di beni e servizi. Infine, si pone l’attenzione sull’ultimo aspetto di questa sinergia, che non è solo quello di mettere insieme le competenze e le conoscenze, ma anche di individuare, con riferimento al sistema degli appalti, indici di anomalia statistica la cui mancanza rappresenta una delle maggiori carenze presenti in materia di vigilanza in tale ambito. Se si pensa che le attività di controllo nascono anche da una logica casuale in relazione a segnalazioni o notizie di stampa, la ragione di un sistema di indicatori risiede nell’attivare quell’alert che consenta interventi immediati per arginare la mala gestio. Per di più, la conoscenza della presenza dell’alert funge anche da deterrente al maleaffare, poiché c’è la consapevolezza che a seguito della segnalazione dell’alert non è possibile evitare l’attivazione dei sistemi di controllo ad esso collegati. Quindi, in una logica preventiva, l’intesa si pone l’obiettivo non solo di evitare i danni prima che si verifichino, in quanto una volta avverati si riesce a recuperare molto poco, ma anche di delimitare la mala gestio e lo sperpero delle risorse pubbliche.
Nelle linee guida dell’Anac del 17 giugno 2015 sono state delineate le misure di prevenzione della corruzione e della trasparenza, da applicarsi da parte delle società controllate, partecipate e agli altri enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché agli enti pubblici economici. Tale applicazione è stata sospesa per le società con azioni quotate e per le società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e per le loro controllate, in attesa degli esiti del tavolo di lavoro, che Anac e Mef hanno avviato con CONSOB in ragione delle peculiarità del regime giuridico applicabile a tali società.
In sostanza tale determina ha definito una serie di adempimenti che hanno cambiato i profili organizzativi delle società/enti. Per l’amministrazione controllante e partecipante è stato previsto l’obbligo di pubblicare, sul proprio sito istituzionale, la lista delle società partecipate o controllate, con l’elencazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore delle amministrazioni o delle attività di servizio pubblico affidate.
Le società controllate direttamente e indirettamente dal Mef, sono tenute ad adottare un nuovo Modello di organizzazione, gestione e controllo, che comprende oltre ai reati contro la pubblica amministrazione previsti dal d.lgs. n. 231/2001, tutti i reati individuati dalla legge n. 190/2012 e la nomina di un “Responsabile anticorruzione e trasparenza” che elabora il “Piano di prevenzione della corruzione della società”. Il Piano, adottato dall’organo di governo della società e pubblicato sul sito web della stessa, espone una mappa delle aree a rischio di corruzione (appalti, autorizzazioni e concessioni, sovvenzioni e finanziamenti, procedure di assunzione del personale) e dei connessi reati, nonché l’individuazione delle misure di prevenzione.
Basilare è la predisposizione di meccanismi di rotazione degli incarichi o, in alternativa, di distinzione e ripartizione delle competenze.
Al dipendente che intende denunciare episodi caratterizzati da opacità o rischio di corruzione deve essere garantito l’anonimato e non dovranno essere conferiti incarichi a soggetti che si trovino in situazione di conflitto di interessi.
La Corte dei conti è tenuta a valutare il rispetto degli indirizzi per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza nelle società controllate o partecipate dal Mef, contenuti nella direttiva del Ministro del 25 agosto 2015.
Il Piano Nazionale Anticorruzione 2016, predisposto e adottato dall’Anac, in quanto atto di indirizzo, contiene indicazioni per le amministrazioni circa lo svolgimento di analisi delle attività amministrativa e organizzativa, nonché delle attività di pubblico interesse esposte a rischi di corruzione. Tuttavia, la conseguente adozione di concrete misure di prevenzione della corruzione presenta delle difficoltà per le amministrazioni stesse nell’autoanalisi organizzativa, nella conoscenza sistematica dei processi svolti e dei procedimenti amministrativi, nonché nella programmazione unitaria di tutti questi processi di riorganizzazione. Da questa problematicità, è maturata la scelta dell’Anac nella direzione di approfondimento di specifiche realtà amministrative per tipologie di amministrazioni o per settori specifici di attività, al fine di supportare le amministrazioni che hanno mostrato maggiori difficoltà nell’applicazione della legge e in alcuni settori particolarmente esposti a fenomeni di corruzione. Ad esempio, un approfondimento specifico è dedicato alla misura della rotazione ed alcune indicazioni integrative concernono la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti.
Alla luce di quanto detto, si delinea un quadro di misure di prevenzione sempre più articolato e differenziato con effetti diversi per settore, quindi, un quadro di specifiche misure di settore, non più generali ma, calibrate ai processi rilevati ed emerse dalle esperienze concrete delle amministrazioni, che tengano anche conto delle importanti indicazioni e degli orientamenti che provengono dal contesto internazionale.
Riguardo le società quotate controllate, il comma 2 dell’art. 2-bis del d.lgs. n. 33/2013, le esclude dalla categoria delle società in controllo pubblico, cui si applica, in quanto compatibile, il regime di trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Invece, le società quotate e quelle che emettono strumenti finanziari in mercati regolamentati non sono espressamente escluse dall’applicazione del comma 3 dello stesso articolo, che per le società partecipate da pubbliche amministrazioni prevede un regime di trasparenza limitato alle attività di pubblico interesse svolte. Tale impostazione risulta confermata dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, che all’articolo 3, comma 2, lett. b), esclude dall’ambito soggettivo di applicazione della normativa in materia di trasparenza le società quotate, come definite dal Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175).
A tal proposito, l’Anac ritiene plausibile che, “in considerazione delle peculiarità delle società quotate dovute alla quotazione delle azioni e alla contendibilità delle società sul mercato, indice dello svolgimento di attività prevalentemente in regime di libera concorrenza, e valutata l’esistenza di una specifica regolamentazione di settore, le società quotati o che emettono strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati siano considerate, ai fini della trasparenza e della prevenzione della corruzione, quali società partecipate indipendentemente dall’esistenza di una situazione di effettivo controllo pubblico o meno”.
In sostanza, massima trasparenza, individuazione di efficaci meccanismi di prevenzione, percorsi di formazione nelle società pubbliche per diffondere e rafforzare la cultura della legalità, rappresentano i principi a cui fare riferimento nel rapporto tra i sistemi di controllo e la lotta alla corruzione nelle società pubbliche, sicché operi in un quadro più ampio di strumenti, finalizzati a rafforzare i presidi di controllo ed il contrasto ai fenomeni lesivi dell’interesse pubblico, nonché a garantire l’imparzialità intesa come parità di accesso dei cittadini alle risorse e agli oneri di carattere pubblico per impedire gravi e ingiustificate disuguaglianze.