di Alessio Pontillo
07/12/16
- La regolamentazione delle imprese innovative in Inghilterra.
- Il progetto Start-up Britain.
1. La regolamentazione delle imprese innovative in Inghilterra.
Il Regno Unito rappresenta, ad oggi, certamente una delle realtà più interessanti, non solo in Europa, nel campo dell’efficienza nella regolamentazione delle imprese innovative.
Forte di una tradizione ormai ampiamente consolidata, essendo lo U.K. Uno dei primi paesi ad aver predisposto forme di agevolazione al fenomeno Start-up, addirittura fin dal 1994 (la prima fonte di regolazione, in Italia, è arrivata solo nel 2012, con il Decreto Crescita 2.0 – D.L. 179/2012, convertito con lex 221/2012), il sistema inglese si caratterizza per semplicità e velocità con la quale è possibile entrare nel mercato, costituendo una nuova impresa: il procedimento di costituzione può, infatti, essere completato integralmente on-line in circa un’ora.
Anche qui, coloro i quali vogliono intraprendere una nuova attività (c.d. Start-uppers) risultano propensi a costituire una società a responsabilità limitata, così da evitare la confusione tra il patrimonio della società e quello dei singoli soci. Nel Regno Unito la forma di società a responsabilità limitata più utilizzata in questi casi è quella delle Private company limited by share, più comunemente conosciute come Private limited company (Ltd). Tale tipo di società può essere costituita, anche da un unico socio, persona fisica o giuridica, e non richiede un capitale sociale minimo; a differenza di quanto accade in Italia, per la costituzione non è necessario l’intervento di un notaio. Per completare la procedura di costituzione è poi prevista la registrazione presso il Companies House Register, corrispettivo del nostro Registro Imprese; la società, una volta registrata, ottiene il Certificate of Incorporation, documento che prova la legale esistenza della stessa, riportandone numero e data di costituzione.
Non trascurabile, infine, è l’ammontare decisamente contenuto dei costi di tali procedure.
Altro punto di forza del sistema inglese risulta essere il regime di tassazione, data la previsione di un’ampia serie di incentivi fiscali sugli investimenti, ed una pressione fiscale a carico delle società certamente vantaggiosa, nella fattispecie pari al 20% per le Ltd (c.d. corporate tax), cifra che sale al 23% superate le 300.000£ di profitti. Per fare un rapido confronto, in Italia l’Ires presenta un’aliquota di prelievo pari al 27,5% , alla quale va sommata l’Irap con aliquota ordinaria al 3,9% che sale al 4,97% nelle Regioni con sistemi sanitari in deficit; nell’ambito dell’Eurogruppo invece, si oscilla tra il 12,5% dell’Irlanda e l’oltre 34% di Francia e Belgio (fonte “Il Sole 24 ore”, 26 febbraio 2016).
Ma a risultare florido ed “effervescente” è, in generale, tutto il settore, tanto dal punto di vista pubblico quanto da quello privato: basti pensare che nei soli mesi tra novembre 2015 ed aprile 2016 gli investimenti in materia di Start-up ammontano a circa 2,4 miliardi di dollari; in Italia nel medesimo periodo la cifra rilevata è di poco superiore ai 72 milioni di dollari, dunque oltre trenta volte meno della Gran Bretagna (fonte “Dealroom.co” riportato da “Il Sole 24 ore”, 24 maggio 2016). Per tutti questi motivi, il mercato inglese risulta oggi fra i più appetibili in Europa, meta ambita non solo da soggetti che vogliono costituire una nuova azienda, ma anche da imprese già formate, che spesso e volentieri decidono di trasferire la propria sede legale nel Regno unito. Questa tendenza sembrava in pericolo alla luce dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea: molti esperti avevano predetto un crollo dell’appetibilità del sistema inglese nel caso in cui la c.d. “Brexit” si fosse effettivamente concretizzata; ad oggi, tuttavia, dopo cinque mesi dal voto del 23 giugno 2016, tale flessione non sembra essersi verificata. Naturalmente, formulare un giudizio definitivo sulla questione e prevedere i possibili sviluppi futuri risulta ancora molto complesso, mi sembra dunque opportuno sospendere, per ora, ogni parere in materia.
2. Il progetto Start-up Britain.
Nell’ambito delle misure approntate dall’amministrazione inglese al fine di proseguire sull’ottima strada intrapresa fin’ora mi pare interessante, in particolare, focalizzare l’attenzione su un progetto specifico: “Start-up Britain”.
Ciò che, più ogni altra cosa, mi ha colpito di questa iniziativa sono le particolari modalità di realizzazione della stessa, che la rendono senz’altro peculiare rispetto a qualsivoglia intervento della nostra Pubblica Amministrazione in materia: andando a vedere, infatti, quella che è la definizione che del progetto viene fornita sul sito ufficiale dello stesso, lo vediamo descritto come “a national campaign by entrepreneurs for entrepreneurs”. Una definizione che vuole probabilmente cogliere lo “spirito” dell’iniziativa, ma che forse nasconde quello che è stato, ed è, il ruolo dell’amministrazione inglese nel promuovere e coordinare l’unione e gli sforzi congiunti delle imprese private.
La campagna, che potremmo dunque descrivere, più propriamente, come sostenuta dal Governo inglese e finanziata da aziende private, nasce dall’impegno di otto imprenditori fondatori: Duncan Cheatle (The Supper Club), Emma Jones (Enterprise Nation), James Murray Wells (Glasses Direct ed Hearing Direct), Lara Morgan (Company Shortcut) Michael Hayman, (Seven Hills),Oli Barrett (Co-sponsorship Agency), Rajeeb Dey (Enternships.com) e Richard O’Connor (Chocolate and Love). Vine lanciata nel 2011, ed in particolare il 28 marzo di quell’anno, con una conferenza stampa di presentazione che ha visto l’intervento dell’allora presidente Cameron in persona; l’iniziativa è volta ad incentivare lo sviluppo economico del paese in generale e della piccola imprenditoria in particolare, sfruttando l’esperienza e la professionalità di imprese già affermate, spesso vere e proprie multinazionali leader nei rispettivi settori, le quali dovranno andare a fornire alle Start-up tanto un pacchetto completo di conoscenze, expertise e supporto tecnico-gestionale, quanto una vasta gamma di servizi in campi che risultano fondamentali per una realtà imprenditoriale in fase di lancio. Per fare alcuni esempi, la compagnia assicurativa AXA offre uno sconto del 10% sulle polizze assicurative, Microsoft propone a 5000 Start-up corsi di formazione su come usare la tecnologia al servizio delle attività di business e marketing, incluse risorse tecnologiche del valore di 400£ per ogni impresa; Google supporta le nuove imprese offrendo una somma iniziale in advertising, Regus con un mese di gratis di business world membership, O2 con un mese gratis di traffico telefonico, PayPal offre tre mesi di esclusione dalle fees per i nuovi account registrati su Powa.com e Fujitsu 30 giorni gratis per l’IT cloud. Questo breve elenco delinea, mi pare efficacemente, quella che è la “spina dorsale” del progetto: imprese già affermate (grandi multinazionali, come negli esempi sopra riportati, ma anche compagini più piccole, ma egualmente solide e presenti sul territorio) che lavorano insieme, incentivate e coordinate dall’amministrazione statale, al fine di fornire alle nuove imprese non solo la propria esperienza e professionalità, ma anche e soprattutto quella sconfinata gamma di servizi accessori ormai divenuti fondamentali per una società che voglia destreggiarsi nella complessità del mercato odierno; e che un organismo statale, per quanto preparato ed organizzato, difficilmente potrebbe fornire ad un livello tanto mirato.
Tutto questo, inoltre, con la peculiarità che tutti i servizi saranno apprestati tramite fondi esclusivamente privati, con lo Stato che interviene assicurando un benefit package di 1500£ per ogni impresa che aderisce al programma e predisponendo una serie di misure volte a stimolare ulteriormente la diffusione della cultura delle Start-up, come un incremento del “tax relief” (letteralmente sollievo fiscale) del 30% e l’introduzione di alcune norme che faciliteranno i meccanismi di investimento nel capitale di rischio delle imprese stesse.
L’azione concreta di Start-up Britain si sviluppa lungo tre direttrici fondamentali: le “online resources” il “local support” ed i “bus tours”: le online resources andranno a costituire un’apposita sezione nel portale del progetto, tramite la quale gli utenti potranno usufruire, in maniera rapida ed assolutamente gratuita, di tutta una serie di informazioni, consigli ed esperienze, utili alla loro idea di business; ad oggi il servizio non risulta fruibile.
Il local support ed i bus tours ci mostrano, invece, quanto sia importante, nell’ottica del progetto, il radicamento sul territorio, la vicinanza alle imprese ed agli imprenditori, e la capillarità del servizio.
Il primo si confà di una mappa interattiva, continuamente aggiornata dallo staff di Start-up Britain, tramite la quale gli utenti possono andare a ricercare quelli che sono i servizi attivi nel proprio territorio, servizi che possono variare dagli acceleratori d’impresa ai vari tipi di supporto allo specifico business portato avanti dall’impresa richiedente; servizi prestati da soggetti considerati “di fiducia” dal progetto stesso, e dunque rispondenti a standard minimi di professionalità e competenza che li rendono senz’altro affidabili per un’utenza non sempre in grado di districarsi tra la varietà di offerte e scegliere il servizio migliore.
Interessante e senz’altro “sui generis” è l’iniziativa dei bus tours, giunta nel 2016 alla quinta edizione: l’ormai consueto tour estivo vuole tramutare un tradizionale bus a due piani in una sorta di centro di consulenza itinerante, per innovatori ed imprese. Obiettivo del tour è incentivare l’imprenditorialità, fornendo ispirazione e supporto agli utenti, anche grazie al supporto di volontari, e farlo portando concretamente il proprio supporto sul territorio, andando a toccare circa 30 città in tutto il paese. Oltre ai volontari, imprenditori locali saranno di volta in volta “reclutati” per offrire consulenze gratuite nelle singole città; inoltre avvocati ed esperti di settore saranno a bordo per fornire la propria expertise.
Il progetto nasce, come detto, nel 2011 con un obiettivo di politica economica ben preciso, dare nuovo slancio all’imprenditorialità in un momento di forte crisi economica; l’idea del presidente Cameron era quella di favorire il lancio di un numero sempre maggiore di Start-up, con conseguenti benefici per l’intero settore. Ed in effetti i risultati del programma sono stati molto positivi: grazie al sostegno del governo, tramite incentivi e sgravi fiscali, ed al numero sempre crescente di imprenditori che sono andati ad affiancare gli originali otto (oltre 60, ad oggi), aderendo così al progetto, il numero di nuove realtà inserite nel mercato grazie a Start-up Britain è andato crescendo di anno in anno, passando dalle 440.600 del 2011 alle 610.948 di un 2016 che deve, naturalmente,
ancora concludersi.