08/05/2023
A cura di Antonio Iuliano
Il piano economico-finanziario (PEF) rappresenta uno dei documenti chiave in materia di concessioni, in particolar modo quando finanziate attraverso la finanza di progetto. Tale documento, come si preciserà più avanti, dà forma all’equilibrio raggiunto tra il soggetto pubblico e quello privato nell’allocazione dei rischi. E’ dunque un elemento imprescindibile ai fini della configurazione di un’operazione di partenariato pubblico-privato contrattuale, essendo funzionale a garantire la sussistenza delle due componenti essenziali: il trasferimento del rischio operativo in capo al privato e l’equilibrio economico finanziario.
Ai fini della comprensione del ruolo del PEF, risulta utile il richiamo alla recente sentenza del Consiglio di stato, sez. V, n. 795/2022, ove si specifica che se la concessione si qualifica per il trasferimento del rischio operativo dal concedente al concessionario, il PEF è lo strumento mediante il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti del rapporto, la cui adeguatezza e sostenibilità deve essere valutata dall’amministrazione concedente alla luce delle discipline tecniche ed economiche applicabili e sulla base delle eventuali prescrizioni che la stessa amministrazione ha dettato con la lex specialis della procedura per la selezione del concessionario.
Il nuovo codice dei contratti pubblici (d. lgs. 36/2023) contiene vari riferimenti al PEF, tra i quali si ritiene opportuno segnalare l’art. 182, dove, a proposito delle procedure di aggiudicazione delle concessioni, stabilisce che il bando e i relativi allegati, ivi incluso il PEF, sono definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità; l’art. 185 ove, nello stesso ambito, prevede che, prima di assegnare il punteggio all’offerta economica, la commissione aggiudicatrice verifica l’adeguatezza e la sostenibilità del PEF; l’art. 190 in relazione alla risoluzione e al recesso dalla concessione; l’art. 192 in riferimento alla revisione del contratto di concessione; l’art. 193 a proposito delle procedure di affidamento tramite finanza di progetto.
La varietà di contenuti delle disposizioni richiamate consente di evidenziare la centralità del PEF non soltanto nella fase prodromica alla stipulazione del contratto, ma anche rispetto alle vicende successive, e, dunque, per la vita e l’esecuzione dello stesso.
Va da subito sottolineato come l’art. 193, a differenza delle altre disposizioni menzionate, faccia riferimento al Piano economico-finanziario asseverato e non semplicemente al PEF.
Ciò è in linea con il “vecchio” Codice dei contratti pubblici (d. lgs. 50/2016), il cui art. 183 (sempre a proposito di finanza di progetto) prevedeva che le offerte/proposte dovessero contenere anche un PEF asseverato da un istituto di credito, da società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso ed iscritte nell’elenco degli intermediari finanziari oppure da una società di revisione.
Anche il d. lgs. 50/2016 conteneva molteplici riferimenti al PEF, facendo riferimento al PEF asseverato soltanto nelle disposizioni relative al Project financing. Tali disposizioni avevano peraltro il pregio di individuare i soggetti competenti all’asseverazione.
Le premesse potrebbero indurre a concludere che l’asseverazione sia necessaria soltanto ove si tratti di Project financing; tuttavia, le P.A. –sulla scia di quanto previsto dall’ANAC nella Guida alle pubbliche amministrazioni per la redazione di un contratto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche in Partenariato pubblico privato, approvata con delibera 1116 del 22 dicembre 2020 – sono solite prevedere per tutte le operazioni di PPP l’asseverazione del PEF, come si può agevolmente constatare nella sentenza del Tar Lecce di cui infra.
La stessa guida ANAC non precisa quali siano i soggetti competenti ad asseverare il piano, facendo riferimento all’asseverazione – a tratti dandola per scontata – soltanto quando detta la definizione di Piano economico-finanziario.
Sarebbe stata auspicabile, con l’adozione del Nuovo Codice dei contratti pubblici, la generalizzazione, a livello normativo, dell’asseverazione, estendendola dunque anche ai PEF svincolati da operazioni di Project financing.
Il PEF, difatti, è un documento che contiene dati e indicazioni la cui comprensione e interpretazione non sono accessibili ai più. In un tale scenario, l’intervento di professionisti dotati di specifiche competenze economiche e finanziarie è da considerarsi imprescindibile.
Il Nuovo codice, inoltre, a differenza del precedente, non contiene alcuna indicazione circa i soggetti cui è demandata l’asseverazione.
In tale contesto è di notevole interesse la sentenza del Tar Lecce 284/2023 del 01/03/2023 con cui si chiarisce che il Piano economico finanziario deve essere sottoscritto non soltanto dal legale rappresentante del concorrente (o dal suo procuratore), ma anche da un dottore commercialista o da un ragioniere abilitato all’esercizio della professione, i soli competenti ad asseverare la corretta allocazione dei rischi, tenuto conto dell’ineliminabile margine di aleatorietà, legato al trasferimento del rischio operativo in capo al privato, che consegue alla stipula del contratto di concessione (che manca invece nell’appalto).
E’ necessario precisare che la sentenza in questione interviene in relazione ad una procedura di gara il cui disciplinare stabiliva, coerentemente con quanto sopra affermato, che l’offerta dovesse essere corredata da un PEF sottoscritto oltre che dal legale rappresentante del concorrente -o dal suo procuratore- anche da un dottore commercialista o da un ragioniere abilitato all’esercizio della professione.
Per le ragioni in precedenza esposte, tuttavia, è da rilevarsi la portata potenzialmente generalizzata delle statuizioni ivi contenute.
Nella sentenza si precisa che il difetto della relativa sottoscrizione da parte dei succitati soggetti implica che il documento non contenga le caratteristiche per essere qualificato come PEF, mancando la fondamentale funzione di quest’ultimo, ossia consentire all’amministrazione di valutare la correttezza del criterio di allocazione dei rischi.
Il difetto di sottoscrizione implica la sostanziale mancanza del PEF, che non possiede dunque le caratteristiche per essere considerato tale.
La naturale conseguenza di tale affermazione è che la sua mancanza non può essere sanata mediante soccorso istruttorio, che per pacifica giurisprudenza consente di sanare qualunque elemento formale dell’offerta ma non di formare documenti nuovi, tale dovendo essere considerato un PEF che, non essendo sottoscritto entro il termine di presentazione delle offerte, implica una nuova valutazione dei rischi, determinando, quindi, la formazione di un documento ex novo oltre la scadenza dei termini, in violazione della par condicio competitorum e della segretezza dell’offerta tecnica. La sentenza rammenta, inoltre, come il PEF abbia la fondamentale funzione di garantire l’equilibrio economico e finanziario attraverso la corretta allocazione dei rischi, nonché di dimostrare la concreta capacità dell’operatore economico di eseguire correttamente la prestazione per l’intero arco temporale di durata del contratto, così da consentire all’amministrazione concedente di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione (v. anche Cons. Stato, sez, V, 4760/2013), in altri termini la sostenibilità dell’offerta, a dimostrazione che l’impresa sia in condizione di trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività (v. anche Cons. Stato, sez. V, 653/2010 e Cons. Stato, sez. V, 795/2022).