di Roberta Talone
17/02/17
L’acronimo CETA fa riferimento al trattato di libero scambio – Comprehensive Economic and Trade Agreement – negoziato recentemente tra Europa e Canada.
Il CETA ha come obiettivi: la soppressione di quasi tutti i dazi all’importazione (99%); la soppressione delle limitazioni concernenti l’accesso agli appalti pubblici; l’apertura del mercato dei servizi, grazie alla quale alcune categorie di professionisti potranno più facilmente lavorare in Canada. Inoltre con tale accordo il Canada riconosce la tutela speciale che l’UE accorda alle indicazioni geografiche e accetta di proteggere sul suo territorio un elenco di oltre 140 prodotti europei.
La firma del CETA é stata apposta in occasione del summit Ue-Canada a Bruxelles il 30 Ottobre del 2016, per il Canada ha firmato il primo ministro, Justin Trudeau mentre per l’Ue hanno firmato i presidenti di Commissione e Consiglio Ue, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk.
L’iter di approvazione prevede che, dopo l’assenso dei ministri dei Ventotto stati membri e quello della Plenaria del Parlamento europeo (discussione all’ordine del giorno di mercoledì 15 febbraio 2017), il CETA entrerà in vigore in maniera provvisoria. Perché il trattato entri in vigore in maniera definitiva serviranno infatti i voti di ben 38 Parlamenti.
Tra le tante innovazioni presenti nel trattato merita attenzione la previsione di un nuovo meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stato, l’ICS, che consente agli investitori stranieri che si sentano danneggiati da un provvedimento dell’autorità pubblica, di citare in giudizio lo Stato che lo ha emesso davanti ad un tribunale speciale con lo scopo di ottenere il risarcimento dei danni.
In un comunicato stampa del 16 settembre 2015 Bruxelles aveva infatti reso pubblico che la Commissione europea aveva approvato la proposta relativa a un sistema di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati nuovo e trasparente: il sistema giudiziario per la protezione degli investimenti, l’ICS.
Il vecchio sistema ISDS (Investor-State Dispute Settlement), attualmente previsto da molti accordi commerciali bilaterali negoziati dai governi dell’UE, era utile per controversie sorte relativamente ad investimenti realizzati in Paesi in via di sviluppo e prevedeva tribunali ad hoc composti da arbitri privati.
L’idea che il CETA potesse prevedere tale tipo di tribunali è stata fortemente avversata per la paura che questi avrebbero favorito gli interessi delle grandi lobby industriali, per ovviare al problema la Commissione Europea ha spinto il governo canadese a prevedere un nuovo sistema di tribunali basato su una giurisdizione moderna trasparente e permanente, tale da rendere il nuovo sistema ICS (Investement Court Sysem) più simile ad un tribunale classicamente inteso.
Tuttavia per prudenza, essendo quest’ultimo uno strumento nuovo negli accordi commerciali ed essendo il dibattito pubblico sul tema ancora aperto in molti paesi, la Commissione e gli Stati membri hanno deciso di escluderlo dal campo di applicazione provvisoria del CETA, quindi l’attuazione dell’ICS avverrà solo dopo il completamento delle procedure nazionali di ratifica da parte di tutti gli stati membri.
Il CETA da un lato fa esplicito riferimento al diritto dei governi di regolamentare nel pubblico interesse e con norme più chiare e precise la protezione degli investimenti, dall’altro crea un sistema giudiziario indipendente per la protezione degli investimenti, costituito da un tribunale permanente ed una corte d’appello.
Il nuovo meccanismo previsto dal trattato sarà pubblico, non si fonderà su tribunali ad hoc e avrà procedure più trasparenti e giudici nominati dall’UE e dal Canada. Tuttavia, malgrado i progressi compiuti, l’ICS non può essere veramente considerata come una corte pubblica, non avrà una sua struttura e un suo personale, ma utilizzerà i servizi del Cirdi, un organismo d’arbitraggio stabilito da Washington.
Rimane comunque un obiettivo sia dell’Unione che del Canada collaborare con altre parti interessate per la creazione di un tribunale internazionale multilaterale per gli investimenti.
Il CETA istituisce due organi giudicanti: il Tribunale permanente per gli investimenti e corte d’appello i cui membri avranno le stesse qualifiche dei membri della Corte internazionale di giustizia e dovranno essere eticamente irreprensibili.
Il sistema ICS prevede l’esistenza di 15 giudici permanenti con un mandato da cinque a dieci anni, nominati in parti uguali dal Canada, dall’Unione europea e dai Paesi terzi scelti tra ex-giudici nazionali e “giuristi di competenza riconosciuta”, a condizione che essi abbiamo esperienza in materia di investimenti e di commercio internazionali. Essi andranno a costituire un “consiglio” da cui verranno estratti di volta in volta, tramite sorteggio, i giudici del tribunale in sezioni di tre membri.
Con il sistema ISDS si poneva il rischio che gli arbitri potessero interpretare i trattati differentemente, per ovviare a questo problema, il CETA introduce per la prima volta un meccanismo di appello, a cui si potrà accedere salvo due limiti:
1 – L’intervento del tribunale d’appello sarà limitato all’interpretazione della legge, ma non potrà andare a cercare nuove prove o audizioni di nuovi testimoni o esperti.
2 – La giurisprudenza sarà vincolante solo per i casi legati al CETA, ma potrà essere sempre contraddetta da alcuni tribunali ISDS emersi da altri trattati.
La corte d’appello rivedrà le decisioni del tribunale solo per i motivi di revisione fissati dallo stesso trattato.
Onde evitare conflitti di interesse, il trattato vieta ai membri del tribunale di operare in veste di consulenti o esperti in controversie in materia di investimenti nuove o in corso e inoltre la Vallonia ha ottenuto che venga formulato un nuovo “codice di condotta” per i giudici che introduca un sistema di sanzioni, li forzi a rivelare le loro attività passate ed attuali, ed introduca l’interdizione di “professioni e incarichi specifici durante un certo lasso di tempo prima della fine del loro mandato”, tale codice si baserà sulle norme etiche dell’International Bar Association (IBA – Associazione internazionale forense) e, qualora risultasse che un membro del tribunale abbia violato il codice, questo sarà sostituito con decisione adottata da una parte esterna indipendente, il presidente della Corte internazionale di giustizia.
A garanzia della loro indipendenza oltre all’estrazione a sorte dei tre giudici, per limitare il rischio di collusione con le parti, è prevista, in caso di conflitto d’interessi evidente, la possibilità di promuovere una proceduta di revoca.
Il trattato si occupa di garantire anche l’indipendenza economica dei giudici per i quali è prevista una remunerazione fissa da parte del tribunale, per il semplice fatto di essere disponibili, di circa 2.000 euro al mese, a cui si aggiunge un alto onorario giornaliero, 3.000 dollari al giorno spesi sul caso, che saranno a carico della parte soccombente.
Per non caricare eccessivamente il nuovo organo è stata prevista una limitazione ai casi proponibili, circoscrivendoli alle violazioni di alcune disposizioni fondamentali in materia di protezione degli investimenti quali la non discriminazione, l’espropriazione solo per finalità pubbliche e contro un risarcimento adeguato e il trattamento giusto ed equo e in caso di danni ad uno specifico investitore.
Si è tentato tramite le trattative di elaborare un testo che fosse il più chiaro e preciso possibile così da non lasciare discrezionalità ai membri del tribunale.
Per rivolgersi al tribunale è necessario avere la qualifica di “investitore” per la quale è necessario svolgere un’attività commerciale concreta nel territorio di uno degli stati, rimangono perciò escluse le cosiddette società di comodo (shell companies) o società fittizie (mailbox companies).
Sempre con lo scopo di dare maggior chiarezza al sistema e di evitare ricorsi massicci al tribunale , il trattato introduce una norma specifica stabilendo che si avrà una violazione dell’obbligo di trattamento giusto ed equo solo in caso di: diniego di giustizia in procedimenti penali, civili o amministrativi; violazione fondamentale del giusto processo e della trasparenza nei procedimenti giudiziari e amministrativi; arbitrarietà manifesta; discriminazione per motivi manifestamente illeciti (genere, razza o credo religioso); trattamenti abusivi degli investitori, come coercizione, costrizione o vessazioni.
Se si volesse modificare tale norma occorrerebbe il consenso sia dell’UE che del Canada.
È stata concordata una terminologia dettagliata per chiarire cosa costituisce un’espropriazione indiretta, escludendone i provvedimenti legittimi di interesse pubblico adottati per proteggere la salute, la sicurezza o l’ambiente. Solo i provvedimenti manifestamente eccessivi rispetto all’obiettivo che si prefiggono potranno costituire espropriazione indiretta. L’investitore dovrebbe essere sostanzialmente privato dei diritti fondamentali di proprietà per aprire un procedimento, a tal proposito è stata formulata una casistica, non sarà sufficiente ad aprire il contenzioso un semplice aumento dei costi a seguito di un provvedimento.
L’UE e il Canada hanno però voluto conservare logicamente il diritto di regolamentare alcuni settori chiave per gli Stati in vista di realizzare degli obiettivi legittimi in materia di politica, come la protezione della sanità pubblica, la protezione sociale o dei consumatori, o la promozione e la protezione della diversità culturale”. Il CETA precisa anche che tali misure “non costituiscono una espropriazione indiretta” salvo “in rare circostanze dove l’impatto di una misura o di una serie di misure è così grave riguardo al loro scopo che a loro sembrano manifestamente eccessive”.
Il problema è che le imprese potrebbero contestare queste definizioni.
L’incertezza potrebbe essere regolata attraverso le “interpretazioni vincolanti” che il CETA consente di formulare ai Paesi firmatari qualora non siano soggetti convenuti.
L’accordo prevede inoltre in modo esplicito che i governi possano cambiare le loro leggi, anche producendo effetti sulle aspettative degli investitori in termini di profitto a patto che l’applicazione della normativa dell’UE sugli aiuti di Stato non costituisca una violazione delle norme sulla protezione degli investimenti.
Il trattato prevede che nell’ambito dei contenziosi il diritto nazionale dell’UE o degli Stati membri sarà esaminato solo come elemento di fatto, la decisione in merito alla legittimità di una misura nell’ordinamento nazionale resta esclusivo appannaggio dell’UE e dei suoi Stati membri, oppure del Canada.
Il solo settore chiaramente escluso dal campo dell’ICS è la stabilità finanziaria: gli Stati avranno la possibilità di prendere delle “misure ragionevoli” per garantire “l’integrità e la stabilità del loro sistema finanziario” o per delle “ragioni prudenziali”, una protezione contro le domande degli investitori nell’eventualità di una ristrutturazione del debito.
Come detto sopra il CETA punta alla trasparenza nei procedimenti e prevede che tutti i documenti (argomentazioni delle parti, decisioni del tribunale) siano a disposizione del pubblico su un sito web delle Nazioni Unite, che tutte le udienze siano aperte al pubblico, e che le parti interessate (ONG, sindacati) possano presentare le proprie osservazioni. Le informazioni potranno essere negate solo in caso di segreti aziendali e informazioni considerate riservate a norma del diritto nazionale dello Stato destinatario.
Per evitare di avere doppi risarcimenti o sentenze divergenti, il CETA vieta che si svolgano procedimenti paralleli, il che vuol dire che gli investitori non possono rivolgersi contemporaneamente ai tribunali nazionali (o ad altre istanze internazionali) e al tribunale per gli investimenti del CETA.
Per maggiore organicità non è consentito agli investitori utilizzare le disposizioni sostanziali contenute in altri accordi nelle procedure di risoluzione delle controversie.
Il CETA contempla inoltre norme di prevenzione della frode o della manipolazione nell’ambito delle domande di risoluzione.
Vige l’impossibilità per le decisioni degli organi del CETA di determinare l’abrogazione di una misura nell’Unione, in uno Stato membro o in Canada; il massimo che si potrà ottenere da un Paese è un risarcimento, limitato alla compensazione delle perdite effettivamente subite, non sarà possibile imporre ammende, una precisazione non presente nella maggior parte degli altri accordi internazionali.
Per deflazionare il numero dei contenziosi si prevedere un limite (3 anni, prorogabili se è in corso un procedimento giudiziario nazionale) per la presentazione di una denuncia e dispone di un sistema che consente di respingere rapidamente le domande di risoluzione futili o infondate.
In aggiunta a ciò, il CETA contiene specifiche disposizioni sulla mediazione per favorire una soluzione amichevole e introduce modifiche destinate alle PMI: la possibilità di tenere le consultazioni tramite videoconferenza, la possibilità di far trattare la causa da un membro unico del tribunale, previo accordo delle parti, e la possibilità per le parti dell’accordo di stabilire limiti massimi dei costi dei procedimenti avviati da PMI.
Sono sorte molte perplessità e preoccupazioni sul contenuto di questo nuovo accordo, innanzitutto si teme che il semplice fatto che esiste tanta incertezza sull’interpretazione del CETA potrebbe creare un “effetto paralizzante” sui governi, che si asterrebbero dal prendere decisioni per il bene pubblico per limitare il rischio di essere perseguiti in arbitraggio.
Un’altra preoccupazione diffusa è che l’arbitraggio del CETA possa essere usato da numerose imprese americane di attaccare gli Stati europei, visto l’attuale stallo di negoziati del TAFTA (Transatlantic Free Trade Agreement – chiamato anche TTIP) tra Europa e Stati Uniti, infatti è risaputa la pratica del “forum shopping” che consiste nel fatto che le multinazionali stabiliscano le loro filiali in altri paesi per beneficiare del trattato di investimento più favorevole.
Per evitare questo, il CETA esige che un’impresa che lancia una procedura d’arbitraggio contro uno Stato europeo abbia delle “attività commerciali sostanziali” in Canada, o sia la filiale di un’impresa canadese. Ironicamente, alcune imprese europee potrebbero anche rivolgersi contro il proprio Paese passando per la loro filiale canadese, piuttosto che utilizzare la loro giustizia nazionale.
In conclusione rimangono alcuni problemi di disparità in quanto l’ICS è comunque percepita come una giurisdizione a senso unico, visto che solo le imprese possono citare gli Stati, e inoltre l’ICS resta molto costoso (diversi milioni di euro per ogni vicenda) e sarà quindi appannaggio soprattutto delle grandi aziende (Bruxelles si è tuttavia impegnata a prevedere misure di “(co)finanziamento” per ridurre il carico finanziario delle procedure al fine di renderle più accessibili.