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Il limite del 30 percento al subappalto e il no della Commissione Europea: la necessità di un passo indietro?

di NICCOLO’ MACDONALD

 

April  10  2017

 

La disciplina del subappalto continua ad essere uno dei temi più controversi del nuovo Codice Appalti.

L’articolo 105 del decreto legislativo n. 50 del 2016, ha confermato il limite del 30% dell’importo complessivo per tutte le tipologie di appalto (a differenza della prima bozza del decreto legislativo, che prevedeva tale limite solo per le opere superspecialistiche, mentre negli altri casi vi era piena libertà di subappaltare), sulla spinta soprattutto del Consiglio di Stato e dall’Anac, preoccupati dai rischi derivanti da una totale deregulation, soprattutto in termini di corruzione, e da un ulteriore frammentazione del sistema delle imprese.

Tale disciplina ha portato ad accesi dibattiti fra i vari operatori di mercato, ed è stato oggetto dell’esposto dell’Associazione nazionale delle imprese edili (Ance) alla Commissione Europea.

Nello specifico, l’Ance ha presentato un esposto alla Commissione contestando il mancato rispetto della nuova disciplina in materia di subappalto alla Direttiva Europea 2014/24/UE e al diritto dell’Unione in materia di tutela della concorrenza e delle Piccole e Medio Imprese, chiedendo, pertanto, “di dar corso urgentemente alla procedura di infrazione” prevista dal Trattato.

Esposto che interessava tre aspetti attinenti al subappalto: la previsione del 30% dell’importo complessivo quale limite massimo dei subaffidamenti; la scelta di lasciare alle stazioni appaltanti il compito di decidere, gara per gara, se ammettere o meno la possibilità di subappaltare; ed infine l’obbligo di indicare una terna di subappaltatori al momento dell’offerta.

In verità, l’esposto dell’Ance era rivolto maggiormente a contestare gli ultimi due aspetti, e non era volto a prevedere una completa ed indiscriminata possibilità di subappaltare, come aveva spiegato Edoardo Bianchi, vicepresidente dell’Ance, con delega alle opere pubbliche: “noi non siamo per il subappalto al 100%. Si rischierebbe la smobilitazione delle imprese. Tra un estremo e un altro si può trovare un punto di equilibrio”. Più critico invece verso la discrezionalità delle stazioni appaltanti, in quanto “è una scelta contraria al principio di libera organizzazione dei fattori della produzione, che rischia di spazzare via un intero sistema. Quale politica industriale si può impostare sulla base di un’indicazione simile? Devo organizzarmi per fare tutto in casa o posso affidarmi a degli specialisti, se il caso lo richiede? L’impresa è in grado di adeguarsi a qualsiasi scelta, ma una scelta ci deve essere? Per paradosso, allora sarebbe stato meglio vietare del tutto il subappalto, anche se nel 2017 sarebbe una decisione davvero anacronistica, oltre che contraria al diritto europeo”.  Infine, in merito all’obbligo di presentare una terna di subappaltatori, la critica riguardava soprattutto i tempi, considerati troppo anticipati rispetto alla fase di cantiere, e le possibili influenze che potrebbero arrivare da imprese specializzate in un particolare tipo di lavorazione: “in alcune gare si rischia che siano i subappaltatori a decidere chi può partecipare o meno”.

In tale situazione, il Governo è  stato chiamato a redigere la bozza del c.d. Codice Correttivo, decreto che andrà a modificare il d.lgs. 50/2016 – probabilmente in maniera assai pregnante, tanto da far ritenere da parte di molti operatori di mercato che si avrà una sorta di nuovo codice – e che dovrà essere approvato entro il prossimo 19 aprile; ad oggi, la bozza prevede una modifica dell’art. 105, ma non l’abolizione del tetto del 30%, bensì solo una disciplina “più morbida”: il limite del 30% dovrebbe essere riferito solo all’attività prevalente, e non all’importo complessivo dei lavori. Viene modifica anche la disciplina sull’indicazione della terna dei subappaltatori, che dovrebbe essere incentrata sulla discrezionalità dell’Amministrazione (anche se, probabilmente, saranno introdotte indicazioni più certe sui settori in modo da evitare un eccessivo potere discrezionale per le Stazioni Appaltanti).  Tuttavia anche tali correttivi, ed in particolar modo la limitazione al subappalto, sicuramente frutto delle perplessità sulla normativa in vigore, si trovano in contrasto con la disciplina europea, come rilevato dalla recente risposta della Commissione Europea all’esposto Ance succitato.

Infatti, con la lettera della Commissione Europea (DG GROW) n. 1572232 del 23 marzo 2017, L’Unione Europea ha censurato la disciplina nazionale in merito al limite massimo del subappalto (oltre che quella in merito al comma 14 dell’articolo 105, in merito al divieto di ribasso superiore al 20% per le prestazioni affidate in subappalto), in quanto in contrasto con la disciplina europea in materia di appalti.

Nella risposta all’esposto, la Commissione ha rilevato come “la disciplina di cui all’articolo 105 del Codice Italiano dei contratti pubblici sembra creare un sistema in cui il subappalto è, in linea generale, vietato. Il subappalto è infatti consentito unicamente dietro espressa autorizzazione della stazione appaltante, e in ogni caso nel limite massimo del 30% dell’importo dell’opera…. L’introduzione di quello che appare come un divieto generale di subappaltare i contratti, eccetto nei casi specificati nell’articolo 105, e la previsione di limiti quantitativi generali e astratti applicabili laddove il subappalto è consentito, sembrano in netto contrasto con le norme e la giurisprudenza UE”.

Dunque la disciplina nazionale si porrebbe in contrasto con la Direttiva 2014/24/UE, la quale non pone alcun limite al subappalto e, anzi, pone una disciplina volta a favorire la partecipazione delle PMI, mentre le “norme di recepimento dichiaratamente restrittive in materia di subappalto, come quelle adottate dall’Italia, sono in contraddizione con tali obiettivi”.

Inoltre, secondo la Commissione anche la disciplina contenuta nel Codice Correttivo si rileverebbe in contrasto con la disciplina europea, nonostante il parere differente espresso dal Consiglio di Stato, il quale, nel parere sullo schema del Codice Correttivo n. 782 del 30 marzo, aveva affermato che “la nuova direttiva 2014/24 consente agli Stati membri di dettare una più restrittiva disciplina del subappalto, rispetto alla maggiore libertà del subappalto nella previgente direttiva”; Consiglio di Stato che però, allo stesso tempo,  “consiglia” tale soluzione: “il Governo ben potrebbe scegliere “l’opzione zero” ossia di non intervenire sulla scelta di fondo già operata dal codice, difendendo la scelta italiana in sede di eventuale procedura di infrazione (ove essa venisse avviata dalla Commissione europea, a seguito della denuncia formalizzata da ANCE), e se del caso modificando in un secondo momento la norma de quo, a seguito di una eventuale condanna in sede comunitaria”.

Una soluzione quindi che sarebbe probabilmente ed intrinsecamente provvisoria, in quanto in contrasto con la disciplina europea ed in violazione del divieto di gold plating, a discapito di quella certezza del diritto che doveva giudicare la nuova disciplina degli appalti pubblici al fine di evitare gli errori del passato.

Nonostante l’invito della Commissione Europea “di tenere conto, nella redazione del decreto correttivo, dei rilievi svolti circa l’attuale disciplina in materia di subappalto, correggendo le disposizioni interessate in maniera da garantire la piena rispondenza con i principi del diritto dell’Unione Europea”, il Governo sembra essere indirizzato a mantenere il limite, in quanto, secondo il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Delrio, sarebbe una scelta più prudente, date le condizioni italiane, contesto in cui il subappalto è stato spesso veicolo di infiltrazioni criminali: “qui dobbiamo capire se il modo migliore per combattere la corruzione e le infiltrazioni sia meglio adattare le norme Ue alla nostra condizione o non sia meglio aderire alle norme Ue, sforzandoci di comportarci da Paese civile. Dobbiamo anche dire che certo non abbiamo ottenuto i risultati che volevamo limitando il subappalto, ma siccome la politica è l’arte del possibile forse oggi è più prudente abbracciare questo tipo di impostazione”.  Tuttavia le stesse parole del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sembrano suggerire che questa non possa essere la strada da intraprendere.

Tanto il dovere di “Paese civile” tanto gli scarsi risultati conseguiti (gli unici numeri elevati sono quelli sul calo gare, per effetto della nuova disciplina), non possono che determinare la necessità di cercare una nuova soluzione, la quale potrebbe essere rintracciata nell’Anac: quale garante della corruzione ed organo di controllo, e visti anche i rilevanti poteri e strumenti attribuitegli, può sicuramente porsi quale baluardo di fronte alla corruzione e alle infiltrazioni mafiose.

A tal fine l’Autorità Nazionale Anticorruzione potrebbe predisporre adeguate soft-law volte ad indirizzare l’attività delle PA ed a vigilare sui subappaltatori: si eviterebbe così di porre dei limiti al subappalto puramente quantitativi, a scapito delle PMI “per bene”, andando invece a  colpire in via preventiva e repressiva le attività illegittime  e cercando allo stesso tempo di evitare sia lo sfruttamento della attività delle PMI (soprattutto al fine di ottenere le qualificazioni SOA) sia un’eccessiva discrezionalità delle Stazioni Appaltanti.

 

Riferimenti bibliografici.

  • Decreto Legislativo n. 50 del 18 aprile 2016.
  • Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014.
  • CONSIGLIO DI STATO: Parere n.782 del 30 marzo 2017 sulle Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50,
  • COMMISSIONE EUROPEA: Lettera n. 1572232 del 23 marzo 2017.
  • CAMERA DEI DEPUTATI: Schema di decreto legislative recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50 (N.397).

 

 

  • MAMMARELLA PAOLA: Subappalto, Parlamento: “mantenere invariato il tetto al 30% del Codice”, Edilportale, 6 aprile 2017.
  • SALERNO MAURO: Subappalto, esposto Ance a Bruxelles: “Limiti del codice contrari alle regole UE”, Edilizia e Territorio, Quotidiano Sole 24 Ore, 8 marzo 2017.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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