di Alessandra Rambaldi
11/03/16
Fin dagli albori delle Comunità, è stato evidente il ruolo delle corti nel garantire l’applicazione del diritto comunitario. Lo stesso non può dirsi per i rimedi amministrativi e la spiegazione di questo fenomeno a ‘doppio binario’ deriva dalla formazione della stessa amministrazione europea.
Da un lato, Jean Monnet proponeva di dare vita ad un ordinamento puramente sovranazionale, che si avvalesse delle strutture amministrative degli Stati membri senza crearne di nuove. Dall’altro, Altiero Spinelli proponeva di costituire una struttura burocratica comunitaria (ora la definiremmo europea) autonoma e distinta dagli apparati interni nazionali. Questa seconda idea era anche appoggiata da Robert Schuman, ispiratore del progetto europeo, che mirava all’affermazione di un’amministrazione ‘di missione’, capace di adottare provvedimenti e decisioni in via autonoma.
Negli anni Cinquanta, questo dibattito si concludeva preferendo l’impostazione di Monnet: si spiega così perché nei Trattati istitutivi alla tematica dell’amministrazione veniva attribuito un rilievo limitato, risultando evidente l’asimmetria con la disciplina ampia e dettagliata delle fonti e della giurisdizione1. In questa fase, il divario tra settore giudiziario e settore amministrativo era lampante: mentre nel 1952 veniva istituita la Corte di Giustizia come organo di controllo sull’applicazione del diritto comunitario della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca), l’istituzione di una struttura burocratica comunitaria era osteggiata da molti. Ed anche nelle tappe subito seguenti, il panorama era quello di un’amministrazione ad uno stato embrionale, ed in un simile contesto, la giustizia amministrativa non trovava sua ragion d’essere.
Ciononostante, con il passare degli anni e con una crescita fortissima dell’Unione, sia soggettiva, con le numerose adesioni di nuovi Stati membri, sia oggettiva, con l’ampliamento delle competenze dell’UE, si avvertiva l’esigenza di dare una vera e propria struttura all’apparato esecutivo. È così che il lento cammino verso la tutela amministrativa ha un’accelerazione.
Con l’aumento d’attenzione verso la materia amministrativa, più importanza veniva data alle forme di tutela dei soggetti nei confronti di quest’ultima: tutele già consuete negli ordinamenti statali. A tal proposito, menzioniamo il Trattato di Maastricht (1992) che ha introdotto il Mediatore Europeo nel panorama delle istituzioni europee. Nonostante le varie letture ed interpretazioni di questa innovazione da parte della dottrina, che oscillano dal pessimismo ad un entusiastico ottimismo, questa istituzione è il segno tangibile della voglia di assicurare, non solo un’amministrazione comunitaria, ma anche il suo buon funzionamento.
La svolta più importante, però, si ha con il Trattato di Lisbona (2007): qui l’amministrazione europea viene finalmente consacrata e con essa anche i suoi principi (art. 298 TUFE parla di un’amministrazione aperta, efficiente ed indipendente). Viene, inoltre, dato via libera alla creazione di rimedi amministrativi extra giurisdizionali, utilizzabili dai cittadini europei per proteggersi rispetto la formazione di atti delle istituzioni europee. Da questo momento, inizia uno lo sviluppo di istituti non giurisdizionali di protezione nei confronti dell’attività amministrativa, diversi dal Mediatore europeo: basti osservare come nei regolamenti delle diverse agenzie europee, ormai, venga spesso introdotta una parte in cui vengono indicate le modalità con cui può essere presentato un ricorso nei confronti delle stesse agenzie, in particolare, presso delle commissioni di ricorso. Queste ultime sono interne alle agenzie stesse, ma sono dotate di un carattere di indipendenza, per garantire al meglio la loro funzione.
È, inoltre, anche molto diffuso il ricorso contro atti amministrativi delle agencies può essere rivolto verso la Commissione europea, organo politicamente indipendente dell’Unione. In questo meccanismo molto diffuso nella normativa vigente, la Commissione viene vista in una posizione sovraordinata rispetto le agenzie, instaurando quello che ricorda il ricorso amministrativo gerarchico, previsto in molti ordinamenti nazionali, tra cui anche quello italiano.
Resta da capire, però, se il ruolo ricoperto dalla Commissione sia un modo per tamponare l’assenza di adeguati strumenti di tutela extra-giurisdizionali a cui, ancora oggi, non si è data la giusta organizzazione. Mancando, infatti, una normativa uniforme e il modo in cui ogni regolamento delle differenti agenzie europee preveda modelli differenti di ricorsi ne è la prova.