12/12/2022
A cura di Gaspare Mariani
I recenti avvenimenti che hanno portato alla guerra in Ucraina fanno emergere ancora una volta le difficoltà relative alla dipendenza energetica del nostro paese. Le ipotesi avanzate dal dibattito pubblico per affrontare questa emergenza (in primis riapertura di centrali a carbone ed estrazione del gas dall’adriatico) risultano decisamente gravose per tempistiche e inquinanti, quindi contrarie all’indirizzo dettato da Green Deal Europeo. Lo stesso Green Deal potrebbe essere la strada maestra per uscire dalla crisi energetica con l’aumento di approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili.
A frenare la svolta verso fonti sostenibili è sicuramente anche le differenze tra discipline degli Stati Membri e relativi accordi nazionali. L’ulteriore problema da prendere in considerazione è la farraginosità della macchina burocratica del nostro paese che ci porta attualmente a previsioni scoraggianti. Infatti, entro il 2030 è necessario installare almeno 70 GW di potenza da fonti rinnovabili se si vogliono rispettare gli obiettivi fissati a livello europeo che prevedono una riduzione del 55% delle emissioni, al 2030, rispetto ai livelli del 1990 e una copertura da rinnovabili del 72% per la parte elettrica. Questa sarebbe la strada per mantenere la temperatura al di sotto del grado e mezzo e che l’Italia con i suoi 0,8 GW di potenza media annua installata negli ultimi 7 anni rischia di veder raggiunti non prima del 2100. Da cosa deriva questa lentezza nell’attuare adeguatamente gli impegni del Green deal? Da molteplici fattori. Lentezza nel rilascio delle autorizzazioni, discrezionalità nelle procedure relative alla valutazione di impatto ambientale e norme disomogenee. I tempi medi per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico, ad esempio, sono 5 anni contro i 6 mesi previsti dalla normativa. La lentezza della burocrazia, inoltre, ha anche ripercussioni sulle imprese e sulla realizzazione degli stessi impianti. Infatti, a causa di tempi così lunghi si rischia, una volta ottenuta l’autorizzazione di ritrovarsi con progetti tecnologicamente superati che richiedono una variante sul progetto autorizzato. A testimoniare la difficile conciliazione delle normative tra autorità diverse possiamo citare la legge regionale 14/2021 del Lazio che ha sospeso le autorizzazioni dei grandi impianti fotovoltaici ed eolici fino al giugno del 2022 in attesa che i comuni indicassero le “aree non idonee”. La stessa interruzione la troviamo nella legge regionale 8/2021 dell’Abruzzo che è stata censurata dalla Corte Costituzionale in quanto la definizione di “aree idonee” sarebbe dovuta spettare allo Stato.
L’Italia per fronteggiare questa lentezza ha introdotto con il d.lgs. 199/2021 (recependo gli indirizzi della Direttiva n. 2001 del 2018 UE) nuove procedure amministrative per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. In primo luogo, si prevede l’istituzione di una piattaforma unica digitale per la presentazione delle istanze di cui all’articolo 4, comma 2 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, realizzata e gestita dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE). Questa è funzionale alla presentazione delle domande per l’autorizzazione che riguarda la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili e fornisce guida e assistenza lungo tutte le fasi della procedura amministrativa, garantendo l’interoperabilità con gli strumenti informatici per la presentazione delle istanze già operativi in ambito nazionale, regionale, provinciale o comunale.
Inoltre, con ulteriore decreto del Ministero della transizione ecologica da emanarsi, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sono regolamentate le modalità di funzionamento di una piattaforma digitale realizzata presso il GSE con la finalità di includere tutte le informazioni e gli strumenti necessari alla Regioni e alle Province autonome per connettere ed elaborare i dati per la caratterizzazione e qualificazione del territorio, la stima del potenziale e la classificazione delle superfici e delle aree. Mentre quindi gli artt 19 e 21 del d.lgs. 199/2021 ci riportano a obbiettivi di digitalizzazione della macchina amministrativa, l’art 22 spinge verso una semplificazione attuata con l’abbreviazione dei termini (un terzo) delle procedure di autorizzazione per impianti in aree idonee. Attualmente non è stata data attuazione degli artt 19 e 21 in quanto il MiTE non ha ancora definito quali siano i criteri tecnici per definire le aree idonee. In tal senso rimane in vigore la disciplina che identifica tali aree come quelle in cui è già presente un impianto istallato, cave o miniere la cui attività è terminata, aree non vincolate al livello paesaggistico, siti in disponibilità di ferrovie e autostrade.
Per quanto riguarda l’edilizia il d.l. 17/2022, poi convertito in l.34/2022, ha allargato i limiti di potenza massimi per i nuovi impianti a terra. Sulle aree idonee sarà possibile costruire impianti fino a 1 MW autorizzati tramite DILA, impianti da 1 a 10 MW con la Procedura Abilitativa Semplificata, impianti oltre 10 MW con L’Autorizzazione Unica.
Il decreto all’ articolo 9, comma 1, prevede che non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso, l’installazione, con qualunque modalità, di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici (o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, ivi comprese strutture, manufatti e edifici già esistenti all’interno dei comprensori sciistici) e la realizzazione di tutte le opere funzionali alla connessione alla rete elettrica, nonché nelle relative pertinenze, compresi eventuali potenziamenti e/o adeguamenti della rete esterni alle aree dei predetti edifici. Si tratterà quindi di edilizia libera.
Fanno eccezione gli impianti installati in aree o immobili individuati mediante apposito provvedimento amministrativo come di notevole interesse pubblico. In questo caso la realizzazione degli interventi è consentita previo rilascio dell’autorizzazione da parte dell’amministrazione competente, ai sensi del codice dei beni culturali e paesaggistici. L’articolo 10, inoltre, estende il campo di applicazione del modello unico semplificato per la comunicazione dell’installazione di piccoli impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici agli impianti di potenza superiore a 50 kW e fino a 200 kW.
L’effetto dei nuovi interventi normativi sembra finalmente aver sbloccato la situazione. A incoraggiare sono i dati di Terna che nel primo semestre del 2022 registra un totale cumulato di 1.211 MW derivante da rinnovabili (+168% rispetto allo stesso periodo del 2021).