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IL GIUSTO RICONOSCIMENTO AI LAVORATORI IMPIEGATI TRAMITE FORME DI ESTERNALIZZAZIONE

25 maggio 2020

ARIANNA OTTAVIANI

La sentenza della Corte Costituzionale 14/02/2020 n. 20 analizza la legge 2 maggio 2017 n. 4 (Disposizioni in materia di assunzione di personale nelle aziende e negli enti del servizio sanitario regionale) con la quale, la Regione Lazio ha cercato di innovare il sistema di valutazione dei titoli ai fini del curriculum formativo e professionale allo scopo di tener conto del nuovo modello organizzativo e funzionale adottato dalla Regione Lazio per adempiere alle esigenze del Servizio sanitario nazionale.

Dopo la riforma operata dal d.lgs. n. 502 del 1992 nel settore sanitario, la Regione Lazio ha fatto ricorso a forme esternalizzate di impiego ossia ha permesso che, a svolgere prestazioni di cura presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario regionale, fossero non più solo soggetti impiegati presso la sanità pubblica, ma anche dipendenti terzi di cooperative e di società di somministrazione. 

La misura risponde all’esigenza avvertita dal legislatore regionale di riconoscere l’esperienza maturata nel settore lavorativo anche ai soggetti impiegati attraverso forme di esternalizzazione presso le aziende sanitarie nel momento in cui decidono di concorrere per l’assunzione nel Servizio sanitario regionale.

Tuttavia, il Presidente del consiglio dei ministri ha promosso un giudizio di legittimità costituzionale poiché riteneva che la normativa in questione violasse l’art. 117, comma 3, della Costituzione, relativamente alla materia «tutela della salute».

La Regione Lazio si è costituita chiedendo di dichiarare inammissibile e non fondata la questione di legittimità. 

La Corte Costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale.

L’intervento normativo della Regione Lazio modifica i parametri di valutazione dei curricula stabiliti dalla disciplina statale ai fini dell’assunzione di personale nelle aziende e negli enti del Servizio sanitario regionale. 

In particolare, la misura regionale impugnata impone che la commissione, nel valutare i curricula dei candidati, assegni uno specifico punteggio agli anni di lavoro dei soli soggetti impiegati nelle aziende sanitarie regionali attraverso processi di esternalizzazione.

In assenza della previsione regionale in esame, nella fase di analisi dei candidati, la commissione è chiamata ad assegnare un punteggio sulla base di tre criteri di valutazione dei titoli (carriera, titoli accademici e di studio, curriculum formativo e professionale) che impongono che il punteggio attribuibile sia «globale». L’attribuzione di tale punteggio globale da parte della commissione esaminatrice garantisce un certo margine di discrezionalità alla commissione, al fine di attribuire la giusta importanza agli elementi del curriculum ritenuti qualificanti rispetto all’incarico da ricoprire.

La ratio dell’intervento regionale sta nel fatto che l’attività sanitaria svolta in forma esternalizzata non può esser valutata come servizio prestato, di conseguenza, viene valutata in misura minima nell’ambito del curriculum.  Quindi, mentre coloro che hanno prestato servizio alle dipendenze degli enti sanitari vedono valutata l’attività svolta come titolo di carriera in modo più incisivo, lo stesso non accade per i soggetti che hanno prestato attività interinale o come dipendenti di cooperative.

La Regione Lazio rivendica i diritti di questa categoria di lavoratori che, pur non avendo avuto un “rapporto diretto” con il datore di lavoro pubblico, hanno comunque prestato assistenza diretta o indiretta nelle strutture del Servizio sanitario regionale, così contribuendo a garantire i livelli qualitativi delle prestazioni nel settore della sanità. La resistente, pertanto, ritiene legittimo riconoscere l’esperienza da loro acquisita nello specifico settore per il quale è indetta la procedura ordinaria di reclutamento.

Ad avviso del ricorrente, la disposizione regionale non solo contrasta con i criteri di valutazione del curriculum così come stabiliti dalla normativa statale, ma incide altresì sulla discrezionalità attribuita alla commissione, laddove le impone di assegnare uno specifico punteggio, in relazione agli anni di lavoro svolto, unicamente al personale sanitario che sia stato impiegato nelle aziende sanitarie regionali attraverso processi di esternalizzazione, creando così un ingiusto vantaggio alla categoria. Inoltre, il Presidente del consiglio dei ministri ritiene che la Regione Lazio sia tenuta al rispetto dei principi costituzionali contenuti nella disciplina statale.

Tuttavia, la Corte Costituzionale ha affermato che i rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni sanitarie essendo strumentali alla prestazione del servizio, e incidendo sulle condizioni di fruizione delle prestazioni rese all’utenza attengono alla potestà legislativa regionale.

La stessa Corte non ritiene ravvisabile una violazione ad opera della legge in esame della sfera di discrezionalità rimanendo affidato alla commissione esaminatrice il compito di operare una corretta valutazione dell’esperienza lavorativa svolta nell’ambito del curriculum formativo e professionale.

Anche il rischio di favorire i soggetti impiegati attraverso processi di esternalizzazione non è configurabile. Infatti, mentre i lavoratori già assunti con contratti a tempo determinato da enti sanitari possono partecipare sia alle procedure di assunzione straordinarie disciplinate dalla legge 208/2015 sia alle procedure ordinarie, diversamente, i lavoratori impiegati nelle aziende sanitarie con processi di esternalizzazione possono partecipare solo alle procedure concorsuali ordinarie. 

In conclusione, la Regione Lazio ha adottato una misura coerente con l’assetto costituzionale, che risulta oggettivamente funzionale alla nuova struttura organizzativa adottata per assicurare il Servizio sanitario. Con questa misura, la resistente ha garantito un equo riconoscimento delle prestazioni lavorative anche ai soggetti impiegati tramite le nuove forme di esternalizzazione di cui la Regione stessa si è avvalsa nell’esercizio della sua competenza in materia di organizzazione amministrativa.

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