EMMA MUSCO
15/11/2018
I recenti fatti di cronaca, relativi ai disastri causati dal maltempo e dalle costruzioni abusive, impongono delle riflessioni sull’argomento condono edilizio che è tornato a far parlare di sé non solo per le tragedie di questi giorni, ma anche per alcuni contenuti del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, il c.d. “Decreto Genova”. Il provvedimento, approvato alla Camera con modifiche lo scorso 1° Novembre, è stato appena approvato dal Senato: ora è legge.
Il decreto, oltre alle misure straordinarie per il sostegno al comune ligure dopo il crollo del Ponte Morandi, prevede numerose ed eterogenee disposizioni che vanno a fronteggiare diverse emergenze. Tra i nodi più problematici, che hanno acceso polemiche e ritardato i lavori di conversione, spiccano senza dubbio i condoni edilizi, o presunti tali, per le zone del Centro Italia e per l’isola di Ischia, colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017. Il riferimento è agli articoli 25 e 39 ter che vanno, con criteri diversi, a sanare alcuni abusi edilizi allo scopo di favorire la ricostruzione nei territori colpiti.
Quanto a Ischia, l’articolo 25 disciplina la definizione delle istanze di condono pendenti – presentate ai sensi dei tre condoni edilizi, quelli del 1985, 1994 e 2003 – relative agli immobili danneggiati dal sisma del 2017, prevedendo l’indizione di apposite conferenze di servizi per assicurare la conclusione dei procedimenti entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione al fine di accelerare le procedure rimaste ancora inevase a causa delle numerose richieste accumulate. A scatenare le polemiche è stata l’ultima parte del 1 comma che dispone, per la definizione delle istanze, l’esclusiva applicazione delle disposizioni del “primo” condono edilizio, cioè quelle dettate dai capi IV e V della L. 47/1985: dunque, per definire anche le pratiche presentate ai sensi dei condoni del 1994 e del 2003 si devono utilizzare le disposizioni del 1985. E qui sta il punctum dolens: il condono approvato dal governo Craxi è precedente a molte normative di tutela del territorio, del paesaggio, di contrasto al rischio sismico, vulcano e idrogeologico, mentre le disposizioni dei condoni successivi, in particolare quelle dell’ultimo condono del 2003, sono state adeguate a questi standard e sono dunque più restrittive.
Dal 2003 a oggi, infatti la stessa giurisprudenza costituzionale ed amministrativa ha chiarito ripetutamente che le opere edilizie abusive, realizzate in aeree sottoposte a specifici vincoli, sono sanabili ai sensi del terzo condono edilizio, purché ricorrano congiuntamente, oltre al previo parere favorevole dell’autorità preposta al vincolo (come già richiesto dalla legge n. 47 del 1985), ulteriori tre condizioni: 1) che si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo, anche se questo non comporta l’inedificabilità assoluta dell’area; 2) che, seppur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; 3) che siano opere di minore rilevanza, quali opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, senza quindi aumento di superficie.
Con riguardo a Ischia, area vincolata paesaggisticamente da diversi decenni, il decreto Genova sembrerebbe aver cancellato tutte queste condizioni, consentendo anche la sanatoria di opere abusivamente realizzate tra il 1994 e il 2003, che mai si sarebbero potute sanare con le regole del terzo condono edilizio. E in ciò sta il motivo delle aspre critiche e del perché si continui a parlare con perplessità di un “nuovo quarto condono edilizio”.
Le modifiche apportate al testo nel corso dell’esame alla Camera sembrano non aver limitato la portata del condono. Sono state però inserite disposizioni concernenti la necessità del previo rilascio del parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico per la definizione delle istanzedi condono del 2003 (c.d. terzo condono edilizio) e, per le istanze indicate, l’esclusione della sanatoria per le opere eseguite da soggetti condannati con sentenza definitiva per alcuni delitti (tra cui quello di associazione mafiosa). Un’ulteriore modifica è volta a precisare che il contributo ai soggetti danneggiati dal sisma comunque non spetta per la parte relativa ad eventuali aumenti di volume oggetto del condono.
Nel corso dell’esame al Senato, la Commissioni congiunte Ambiente e Lavori pubblici aveva approvato, in data 13 novembre, l’emendamento 25.12 che andava, di fatto, a restringere la portata del condono. L’emendamento chiedeva la soppressione, al comma 1, del periodo che prevede – per la definizione delle istanze – la esclusiva applicazione delle disposizioni relative al “primo” condono edilizio del 1985. Le domande dunque sarebbero state riesaminate secondo i condoni a cui facevano riferimento, evitando di concedere la sanatoria ad abusi importanti (presumendo che le pratiche più numerose si riferiscano ai condoni del 1994 e del 2003). Questo ridimensionamento era stato richiesto con forza dalle opposizioni, dagli enti interessati e dalle associazioni ambientaliste. Ma ieri, l’Aula del Senato ha respinto tale emendamento. Si torna quindi al testo iniziale dell’articolo approvato alla Camera per cui restano il riferimento e l’applicazione della legge sul condono dell’85 per le istanze pendenti su immobili danneggiati dal sisma di un anno fa.
Il decreto-legge su Genova contiene un “mini-condono” anche per le zone del Centro Italia colpite dagli eventi sismici del 2016. L’articolo 39-ter, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, che innova ed amplia le sanatorie dell’art. 1-sexies del D.L. 55/2018 (c.d. “Decreto Emergenze”), contiene la disciplina relativa alle lievi difformità ediliziee alle pratiche pendenti ai fini dell’accelerazione dell’attività di ricostruzione o di riparazione degli edifici privati. Sarà possibile mettere in regola una serie di interventi edilizi, realizzati tra il 2003 e il 2016, senza alcuna autorizzazione, pagando una sanzione di importo compreso tra 516 e 5.164 euro.
Si è di fronte dunque ad una sanatoria applicabile in assenza di qualsiasi richiesta di autorizzazione passata, con un limite di tolleranza del 20% della cubatura esistente. Di fatto, significa che è possibile sanare non solo piccole difformità, ma anche – nei casi più estremi – situazioni più complesse e pericolose (come la chiusura di un balcone o una piccola sopraelevazione). Nei 140 Comuni del cratere sarà possibile condonare, al momento della richiesta di contributo per la ricostruzione, non solo interventi di manutenzione straordinaria per le parti strutturali di una casa, ma anche interventi di ristrutturazione, risanamento e restauro. Inoltre, per interventi che sono al di sotto del limite del 5% della cubatura dell’immobile non servirà neanche presentare una richiesta formale, visto che l’intervento verrà considerato “regolare e non da sanare”: la disposizione prevede infatti che si possa derogare l’art. 34 del DPR 380/2001, aumentando la tolleranza dal 2 al 5% di volumetria, per cui una difformità edilizia non viene considerata tale.
Per poter applicare queste disposizioni è necessario che le costruzioni non siano state interessate da interventi edilizi totalmente abusivi per i quali sono stati emessi i relativi ordini di demolizione.
Nel corso dell’esame al Senato, erano stati presentati alcuni emendamenti con cui, essenzialmente, si chiedeva – anche per questo condono- di restringerne la portata: eliminare la possibilità di sanare difformità fino ad agosto 2016, mantenendo i termini del condono del 2003 come data massima, e stralciare la deroga che innalza la tolleranza dal 2 al 5% di incremento di volumetria. In fase di votazione, il Senato non ha approvato tali proposte di modifica.
Dunque, il testo del decreto viene oggi convertito in legge – non senza difficoltà e polemiche – nella sua forma originaria. In tema di emergenza sismica, oltre alle contestate misure sulle domande dei vecchi condoni edilizi di Ischia e Centro Italia, il provvedimento introduce ulteriori risorse e novità al fine di agevolare la ricostruzione nelle zone colpite.