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IL CONSIGLIO DI STATO TORNA SUI PRESUPPOSTI PER LA RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

23 settembre 2024

A cura di Carlo Maria Fenucciu

Con la sentenza del 13 settembre 2024, n. 7574 il Consiglio di Stato torna sulla responsabilità precontrattuale della PA in materia di contratti pubblici per precisarne confini e presupposti.

La vicenda prende le mosse dall’appalto indetto dal MIT ai fini dell’esecuzione di alcuni lavori di manutenzione straordinaria all’interno del porto di Manfredonia. Il Ministero aggiudicava l’appalto in favore della Granata s.r.l. nel 2008, tuttavia, nonostante numerose sollecitazioni da parte dell’aggiudicataria, non addiveniva alla stipula del contratto sino all’8 febbraio 2016, data in cui chiedeva alla società la disponibilità all’esecuzione dei lavori previsti. La Granata acconsentiva, ma, avendo nel frattempo perso la qualificazione SOA, presentava un contratto di avvalimento per integrare detto requisito. Ciononostante, il ministero disponeva la revoca e la decadenza dell’aggiudicazione per aver la Granata perduto la qualificazione SOA.

Per questo motivo, la società ricorreva al T.A.R. Bari, oltre i termini previsti per l’impugnazione del provvedimento, introducendo un’azione risarcitoria alternativamente qualificata in termini di responsabilità extracontrattuale da provvedimento illegittimo, ovvero di responsabilità precontrattuale, domandando in alternativa il riconoscimento dell’indennizzo ex art. 21-quinquies, l. 241/1990. Il giudice di prime cure riteneva l’azione inammissibile, sul presupposto che non è possibile contestare l’azione delle PA oltre i termini previsti per l’impugnazione del provvedimento che ha concretizzato la lesione per la parte. Questa interpretazione fa leva sul disposto dell’articolo 30, co. 3 del c.p.a., a mente del quale il giudice “esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti“.

La soluzione, come rileverà anche il Consiglio di Stato, è in realtà criticabile in quanto, oltre a non prendere in considerazione le differenze intercorrenti tra responsabilità da provvedimento illegittimo e responsabilità extracontrattuale, ripropone rigidamente la teoria della pregiudiziale amministrativa, qualificando l’azione come inammissibile, anziché infondata. Il T.A.R. motiva la propria decisione facendo riferimento al principio di buon andamento, che impone di non disperdere inutilmente risorse finanziarie, ciò riflettendosi su una tutela preferibilmente reale, piuttosto che risarcitoria. Troverebbe altresì conferma nella sentenza della Corte Costituzionale 4 maggio 2017, n. 94, che dichiara non fondata la q.l.c. inerente al summenzionato comma del c.p.a., proprio dinanzi all’esigenza di “consolidare i bilanci delle pubbliche amministrazioni e di non esporli, a distanza rilevante di tempo, a continue modificazioni incidenti sulla coerenza e sull’efficacia dell’azione amministrativa”.

La Granata proponeva appello, all’esito del quale i giudici di Palazzo Spada riformano la sentenza, sulla base della distinzione tra responsabilità extracontrattuale da illegittimo provvedimento e responsabilità precontrattuale della P.A.

Da un lato, infatti, in coerenza con l’articolo 30, co. 3, c.p.a., è respinta la domanda di risarcimento dei danni prodotti dall’illegittimo provvedimento amministrativo. L’opzione è rispettosa dell’articolo 30, co. 3, c.p.a. e ai principi di diritto enunciati dalla Ad. Plen. 23 marzo 2011, n. 3, secondo i quali la mancata proposizione dell’azione di annullamento non incide sull’ammissibilità dell’actio damni, bensì sulla fondatezza, nella considerazione che l’attivazione degli strumenti di tutela secondo l’ordinaria diligenza avrebbe potuto evitare il danno.

D’altra parte, però, è accolta la reintegrazione a titolo di responsabilità precontrattuale ex art 1337 cc. Il giudice di prime cure, infatti, ha omesso di considerare che i presupposti dell’illecito precontrattuale differiscono radicalmente dai requisiti della responsabilità provvedimentale. Viene in rilievo, infatti, il comportamento serbato dalla P.A. nelle more della – qui mai avvenuta – stipula del contratto, e la lesione dell’affidamento del privato al legittimo esercizio dell’attività pubblicistica conformemente ai canoni di lealtà e correttezza. Ciò è particolarmente vero nei casi in cui la P.A. agisca in sede contrattuale: in tal caso, al pari dei privati, è tenuta al rispetto del canone civilistico della buona fede, cui, come noto, è stata data nuova linfa con l’ingresso all’interno del diritto privato dell’articolo 2 Cost., in matrice solidaristica. L’obbligo di rispettare i canoni comportamentali, peraltro, pende in capo alle PP.AA. anche in virtù di espresse disposizioni legislative, quali l’articolo 1, co. 2-bis della legge 241 /1990 e l’articolo 5 del nuovo codice dei contratti pubblici.

Ai fini della concreta applicazione dell’art. 1337 cc. al giudizio amministrativo, il collegio si rifà al decalogo enunciato da Ad. Plen. 4 maggio 2018, n. 5, che richiede che l’affidamento incolpevole del privato risulti leso da un comportamento della P.A. oggettivamente contrario ai doveri di correttezza e lealtà, per il tramite di un comportamento effettivamente imputabile all’apparato pubblicistico a titolo di colpa o dolo; il tutto corroborato dalla prova del danno e del nesso causale incombente sul privato. 

Il collegio, ritenendo soddisfatti tali requisiti, riconosce la responsabilità precontrattuale limitatamente alle spese documentate sostenute dalla ricorrente per partecipare all’appalto (il danno emergente della responsabilità precontrattuale), non essendo stata documentata la perdita di chance di stipula di contratti alternativi (che costituirebbe il lucro cessante, secondo un orientamento cui il collegio ritiene di aderire).

La pronuncia si inquadra in un filone giurisprudenziale (che trova piena conferma nella citata Plenaria 8/2015) volto a isolare, nell’ambito del procedimento amministrativo, il diritto soggettivo ad autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illecite frutto dell’altrui scorrettezza. La violazione di tale diritto costituisce illecito precontrattuale, a prescindere dalla successiva conclusione del procedimento.

Il regime probatorio in ordine alla responsabilità precontrattuale in ambito civilistico segue quello della responsabilità da inadempimento delle obbligazioni, di cui agli articoli 1218 ss. cc., in virtù della riconduzione di tale situazione all’alveo della responsabilità cd. da contatto sociale qualificato. Ciononostante, la giurisprudenza amministrativa è ferma nel ritenere che conclusioni analoghe non possono essere raggiunte riguardo al procedimento amministrativo, in cui la relazione tra privato e amministrazione è comunque configurata in termini di “supremazia”, cioè da un’asimmetria che mal si concilia con le teorie sul contatto sociale che si fondano sulla relazione paritaria. Per questo motivo, il regime probatorio e giuridico in generale segue quello della responsabilità aquiliana (già incidenter tantum Ad. Plen. 5/2018, quindi, in enunciazione di principio di diritto, Ad. Plen. 7/2021).

A tal proposito si registra, peraltro, un contrasto tra le Sezioni Unite della Cassazione e il Consiglio di Stato in punto di giurisdizione (tema che, in questo caso, non appare controverso). L’organo nomofilattico, pronunciandosi in tema di affidamento leso da provvedimento amministrativo legittimo, con sentenza 28 aprile 2020, n. 8236 ha attribuito al giudice ordinario la cognizione dei diritti risarcitori derivanti da comportamenti serbati dalla P.A. in contrasto con i canoni di lealtà e correttezza. La sentenza fa applicazione proprio della teoria del contatto sociale qualificato, sul presupposto che, tolti dall’equazione i danni prodotti da un provvedimento illegittimo, la relazione che si crea tra privato e P.A. è quella di due soggetti che confidano l’uno nel corretto operato dell’altro. In altre parole, non si tratterebbe di uno di quei comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di [un] potere [amministrativo], idonei a radicare la giurisdizione del G.A. ai sensi dell’articolo 7, c.p.a, bensì solo di comportamenti “occasionati” dal potere.

Contrariamente a questa posizione, invece, le pronunce dell’Adunanza Plenaria 29 novembre 2021, nn. 19, 20 e 21 hanno sancito la giurisdizione del G.A. rispetto a tutti i casi di risarcimento per danni derivanti da comportamento scorretto della P.A. Tale opzione, si osserva, risulta anche conforme alla scelta del legislatore di ricondurre alla giurisdizione amministrativa le azioni risarcitorie per lesioni di situazioni soggettive tutelate dal G.A., in accoglimento della giurisprudenza costituzionale che evidenzia come l’azione risarcitoria costituisca una “tecnica di tutela” e non una materia a sé.

In conclusione, la pronuncia in oggetto da un lato conferma il rifiuto dell’applicazione della teoria del contatto sociale in ambito amministrativo (contrariamente a quanto opinato dalle sezioni unite), dall’altro precisa il regime della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, come lesione di situazioni giuridiche soggettive differenti e indipendenti da quelle che vengono fatte valere nel procedimento amministrativo.  

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