Piergiorgio Vaccarini
06/05/2021
È ormai ampiamente accertato che il funzionamento di un impianto per il trattamento dei rifiuti produca delle esternalità negative i cui effetti, nella maggior parte dei casi, vengono posti a carico di tutti coloro che hanno un rapporto di vicinanza geografica con il territorio che lo ospita.
Generalmente l’amministrazione, per risarcire la collettività del «disagio ambientale» causato dall’attività di quest’ultimi, riconosce ai soggetti «interessati» degli oneri di mitigazione ambientale, ovvero delle somme di denaro il cui ammontare viene solitamente calcolato in proporzione ai danni concretamente realizzati, o astrattamente realizzabili, dall’impianto preso in considerazione.
Posto ciò, prima di procedere all’elargizione di simili somme è sempre necessario eseguire un adeguato accertamento sull’effettiva incidenza dello stabilimento ha sul territorio. In un secondo momento, e quindi solo una volta accertate le esternalità negative prodotte o comunque producibili dell’opera, avviene la distribuzione delle indennità tra gli aventi diritto; attività che generalmente segue dei criteri di ripartizione specifici, puntualmente individuati all’interno di un’apposita delibera dell’ente competente territorialmente per la gestione dei rifiuti.
Fermo restando ciò, accade molto spesso che i destinatari di tali misure si trovino in disaccordo con quanto stabilito all’interno degli atti che le prevedono e per questo decidono di ricorrere dinanzi al giudice amministrativo competente, nell’intento di ottenere una pronuncia che riconosca loro una somma maggiore, o comunque diversa, rispetto a quella già calcolata.
È questa la vicenda posta alla base di un recentissimo contenzioso sorto tra il Comune di Imola e la Agenzia Territoriale dell’Emilia Romagna per i Servizi Idrici e Rifiuti (ATERSIR) e il Comune di Riolo Terme (RA), per la risoluzione del quale si è pronunciata la prima sezione del TAR Emilia Romagna con sentenza n. 294 del 23/03/2021.
Nel caso di specie la controversia traeva origine dall’impugnazione proposta dal Comune di Imola avverso due delibere del Consiglio d’Ambito di ATESIR: la n. 24 del 13 novembre 2013 e la successiva n. 31 del 13 luglio 2015 adottata in attuazione della precedente, che riconoscevano tanto al Comune ricorrente quanto a quello confinante di Riolo Terme, perché facente parte dei «Comuni che rientrano in una distanza di 2 km dal perimetro dell’impianto», una indennità per il «disagio ambientale» causato dalla attività della discarica «Tre Monti» insistente sul territorio del primo dei due Comuni. Un danno che in questo caso sarebbe derivato principalmente da due fattori: il traffico di automezzi provenienti e/o diretti all’impianto sopra citato e la esalazione di cattivi odori derivanti dalle sostanze stipate e/o trattate all’interno di quest’ultimo.
Il Consiglio d’Ambito di ATESIR con la delibera n. 24 del 2013 aveva dato attuazione alla delibera regionale n. 135 del 2013 con la quale si prevedeva la «possibilità di riconoscere nel corrispettivo dello smaltimento i predetti oneri, da computarsi tra i costi operativi, in favore dei Comuni sede di impianto e dei Comuni non sede di impianto ma che si trovano ad una distanza pari o inferiore a 2 km dal perimetro dell’impianto» prevedendo inoltre che «nell’ipotesi di disagio provocato dal medesimo impianto nei riguardi di più comuni» gli oneri di mitigazione sarebbero stati «ripartiti sulla base di un criterio direttamente proporzionale all’incidenza dei territori dei singoli Comuni nell’area di influenza dell’impianto calcolata sulla base delle distanze sopra indicate».
Da queste delibere, in particolar modo dalla prima, emergeva che l’impianto di «Tre Monti» aveva i seguenti tassi territoriali di incidenza, rispettivamente: un tasso del 31,9% del territorio (5.634.333,55 metri quadri) nel Comune di Imola e un tasso del 68,1% del territorio (12.050.662, 56 metri quadri) nel Comune di Riolo Terme.
Il ricorrente, non condividendo simili criteri di ripartizione, impugna le delibere lamentando l’illegittimità dell’azione di ATESIR in quanto l’Agenzia avrebbe attribuito le indennità esclusivamente sulla base del criterio geografico invece che parametrarle alle opere di mitigazione. Il Comune di Imola inoltre a conferma della propria posizione fa presente che, in ogni caso, i disagi ambientali prodotti dall’impianto avverrebbero in buona parte sul territorio del proprio Comune e che per altro il Rio Rondinella, fiume che attraversa entrambi i Comuni e nel quale confluiscono ingenti flussi di percolato, risulterebbe coinvolto da questi ultimi soltanto nel tratto che attraversa il territorio di Imola e non anche per quello di Riolo Terme.
Il Collegio giudicante in occasione della decisione in primis osserva che tra le due delibere è quella del 2013 a prevedere il criterio di ripartizione geografica delle indennità e non la successiva del 2015, che invece dispone la mera attuazione della prima. Sulla base di ciò non sarebbe condivisibile l’eccezione della ricorrente secondo cui il contenuto lesivo della prima delibera si sarebbe manifestato solamente in seguito all’adozione della seconda, dal momento che già quella del 2013 prevedeva chiaramente l’utilizzo di un criterio geografico per l’attribuzione delle indennità ambientali.
Sulla base di ciò, il giudice rileva l’inammissibilità del ricorso in quanto per contestare la legittimità dell’utilizzo del criterio geografico, si sarebbe dovuto impugnare la delibera del 2013 tempestivamente e non a distanza di ormai diversi anni.
Per quello che invece concerne il merito del ricorso, e quindi l’illegittimità dell’utilizzo del solo criterio geografico per la corresponsione di indennità ambientali, il giudice rileva la sua infondatezza in quanto in primo luogo riconosce che «anche se un impianto di trattamento di rifiuti ricada in altro vicino Comune, non può negarsi che esso arrechi (o sia astrattamente in grado di arrecare) disagi e danni non solo agli appartenenti del Comune di ubicazione, ma anche ai cittadini dei Comuni limitrofi».
In secondo luogo, evidenzia che l’indennità di «disagio ambientale» è da ritenersi «una somma che sintetizzi l’incidenza, per i Comuni interessati, del disagio medesimo» dove per questo si intende una situazione di fatto facente riferimento «ai Comuni sede di impianto o a quelli che comunque risentono delle ricadute ambientali conseguenti all’attività dell’impianto». È per queste ragioni quindi che una simile indennità deve essere intesa in senso «non limitato alla condizione del Comune sul cui territorio insiste una discarica».
Visto e considerato quanto detto fino ad ora, in relazione alla decisione di corrispondere le indennità ambientali sulla base del solo criterio della distanza geografica, il Collegio conclude che una scelta di questo genere rientra nella piena discrezionalità della pubblica amministrazione e che in quanto tale è sindacabile nei soli casi di manifesta irragionevolezza che, per altro, non sembrano essersi riscontrati nel caso di specie.
Sulla base del ragionamento sopra riportato il TAR Emilia Romagna si pronuncia con sentenza respingendo il ricorso del Comune di Imola ritenendolo tanto inammissibile quanto comunque infondato nel merito.