23 marzo 2020
Carolina Quagliata
Nella sentenza n. 681 del 27 gennaio 2020 il Consiglio di Stato ha sottolineato l’eccezionalità del ricorso al modello in house providing, come deroga al ricorso al mercato, per l’affidamento diservizi da parte della Pubblica Amministrazione.
La natura –ordinaria o eccezionale- dell’in house providing come modalità di affidamento di servizi è stata oggetto di orientamenti giurisprudenziali non sempre concordi tra loro, con differenze tra il giudice nazionale e quello comunitario.
Nell’evoluzione nazionale, si ricorda da un lato che lo stesso giudice costituzionale nella sentenza n. 199 del 2012 ne dichiarava il carattere ordinario; inoltre si ricordano le sentenze n. 257 del 2015e n. 4902 del 2017 del Consiglio di Stato, che indicavano l’affidamento in house come una normale modalità di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (sottraendo, peraltro, la relativa decisione dell’amministrazione -se motivata- al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo travisamento dei fatti o illogicità manifesta).
Dall’altro lato, più frequentemente l’in house providing è stato inquadrato dal giudice amministrativo come modalità eccezionale di affidamento, in quanto derogatoria dei principi libero-concorrenziali (in tal senso, tra altri, Cons. Stato n. 2291 del 2015), potenzialmente lesiva della concorrenza per il mercato.
Quest’ultimo orientamento si è dovuto tuttavia confrontare con la giurisprudenza comunitaria, ed in particolare con il c.d. principio di libera organizzazione delle Pubbliche Amministrazioni, che “bilancia” il principio (anch’esso riconosciuto a livello europeo) della piena apertura concorrenziale dei mercati degli appalti e concessioni. Alle singole amministrazioni (già dalla sentenza Anav del 2006) è riconosciuta infatti la libertà di organizzare le prestazioni dei servizi con le modalità gestionali che ritengono più opportune, senza essere obbligate a ricorrere ad entità esterne, trattandosi quindi di una
scelta libera e incoercibile tra il modello dell’esternalizzazione e quello dell’internalizzazione o autoproduzione. La stessa Direttiva Concessioni (2014/23/UE) le individua come alternative parimenti ordinate.
A fronte di un orientamento comunitario meno restrittivo e più aperto, è quindi a livello interno che notiamo ora maggiori criticità rispetto al modello in house, e criteri più stringenti.
Da ultimo, come anticipato, nella sentenza n. 681 del 27 gennaio 2020 il Consiglio di Stato ha sottolineato l’eccezionalità del ricorso a tale modello, sostenendo che la giurisprudenza interna «appareconsolidata nel ritenere che l’affidamento in house di servizi è illegittimo nel caso in cui non ci sia convenienza economica rispetto alla esternalizzazione dello stesso; l’in house providing riveste infatticarattere eccezionale rispetto all’ordinaria modalità di scelta del contraente ed è possibile solo qualorasussista per l’amministrazione una reale convenienza rispetto alle condizioni economiche offerte dal mercato (in questi termini, Cons. Stato, III, 17 dicembre 2015, n. 5732)».
In tal senso già il Consiglio di Stato nella sent. n. 5437 del 2017, per la quale l’affidamento in house di un servizio in precedenza svolto da altro operatore selezionato con gara era consentito soloin presenza di una puntuale motivazione relativa alla maggiore convenienza della prima modalità di affidamento rispetto alla seconda.
A sostegno di ciò, la sentenza richiama espressamente l’art. 192, co.2, del Codice dei ContrattiPubblici (d.lgs. n. 50 del 2016), secondo cui: «ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto ed al valore della prestazione, dando atto nella motivazione delprovvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per lacollettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, diefficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche».
Nella fattispecie in esame, la ricorrente (una società in house del Molise) lamentava infatti la carenza di motivazione della sentenza di prime cure, che aveva ritenuto legittima la revoca dell’affidamento del servizio informatico a tale società, e l’affidamento diretto ad altra società: motivazione che invece – secondo il giudice di legittimità- non era carente, bensì aveva a fondamento il principio di economicità, essendo l’offerta della seconda società più conveniente.
Inoltre, il Consiglio di Stato ha evidenziato (come già il TAR) la mancanza di prerogative di esclusiva in favore della ricorrente, non potendosi esse desumere dal fatto di essere partecipata interamente dalla Regione, salvo minare i poteri gestionali e decisori dell’ente regionale stesso, che è invece libero
di revocare il servizio precedentemente affidato «una volta rinvenute sul mercato condizioni più favorevoli evantaggiose».
Risulta evidente quindi l’obbligo di motivazione rafforzata imposto alla P.A., che si aggiunge all’obbligo di motivazione relativo alla sussistenza dei requisiti necessari perché si possa configurare la fattispecie in house. Si tratta (ai sensi della sent. Teckal della Corte di Giustizia, recepita nella Direttiva Appalti 2014/24/UE e nell’art. 5 del Codice dei Contratti Pubblici) di:
- controllo analogo (integrato quando il socio pubblico esercita una influenza determinante, tale da orientare gli obiettivi strategici e le decisioni importanti);
- attività prevalente (ovvero almeno l’80%) che l’aggiudicatario deve svolgere a favore dell’amministrazioneaggiudicante;
- partecipazione pubblica totalitaria, salvo il caso in cui la partecipazione di capitali privati non comporti controllo, potere di veto, o un’influenza determinante.
La presenza di tali condizioni non sarà dunque sufficiente se non è supportata anche dal presupposto della maggiore convenienza economica del ricorso al modello in house rispetto all’esternalizzazione del servizio.
La scelta di non ricorrere al mercato rappresenta in ogni caso una valutazione tecnico-discrezionale della P.A., che deve essere però supportata da adeguata e puntuale motivazione, secondo principi di: efficienza, economicità, qualità del servizio, e ottimale impiego di risorse pubbliche.