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IL ‘CANTIERE APERTO’ DELLA VIGILANZA FINANZIARIA EUROPEA: IL PROGETTO DI AGENZIA EUROPEA ANTIRICICLAGGIO

Tommaso Mazzetti di Pietralata

04/10/2021

Il 20 luglio 2021 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di quattro proposte legislative (COM/2021/420-424) dirette a rafforzare l’azione di prevenzione del riciclaggio di denaro all’interno dell’Unione Europea. L’iniziativa legislativa giunge in risposta ai molteplici scandali che hanno avuto come protagoniste istituzioni finanziarie dei paesi membri, fra tutti la vicenda che ha coinvolto la Danske Bank, accusata di aver consentito il transito di oltre 220 miliardi di capitali illeciti attraverso la propria filiale estone. 

Tra le proposte vi è quella di istituire una agenzia europea antiriciclaggio (la c.d. Anti-Money Laundering Agency – AMLA) con compiti di vigilanza diretta su talune istituzioni finanziarie ad operatività transfrontaliera, nonché di regolazione, coordinamento e monitoraggio dell’operato delle autorità nazionali di vigilanza finanziaria (ANV) e delle unità di intelligence finanziaria (UIF) degli Stati membri. 

Lo strumento giuridico prescelto per l’istituzione dell’agenzia è la procedura prevista dall’art. 114 TFUE, che attribuisce al Parlamento e al Consiglio il potere di adottare, attraverso la procedura ordinaria, le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che hanno a oggetto l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno. Sul punto la Corte UE nel 2006 (C-217/04 caso ENISA) aveva del resto ricompreso, nell’ambito delle misure adottabili, anche “l’istituzione di un organismo comunitario incaricato di contribuire alla realizzazione di un processo di armonizzazione”.

La definizione dei poteri attribuibili ad un tale organismo ha risentito storicamente dei condizionamenti derivanti dalla risalente giurisprudenza Meroni (C-9/56 e 10/56), che escluse la legittimità della delega di poteri che conferiscono ad organismi non previsti dai Trattati una libertà di apprezzamento che si concreta in un vero e proprio potere discrezionale. Inoltre, la sentenza Romano (C-98/80), ha precluso l’adozione da parte delle agenzie europee di atti amministrativi generali a carattere vincolante. Conseguentemente, all’atto di istituire le tre autorità di vigilanza finanziaria dell’Unione (European Banking Authority, European Securities and Markets Authority, European Insurance and Occupational Pensions Authority – EBA, ESMA, EIOPA), fu attribuito loro solo un potere di quasi-rulemaking. Queste, infatti, hanno il compito di predisporre progetti di norme tecniche di regolamentazione, la cui adozione è comunque riservata alla Commissione europea nella forma di atti delegati o atti di esecuzione ai sensi, rispettivamente, degli artt. 290 e 291 TFUE. Tale soluzione, per quanto lineare sul piano formale, aveva tuttavia suscitato varie perplessità dal momento che le possibilità di emendare tali progetti da parte della Commissione risultavano significativamente limitate.

Per quanto dubbia l’idoneità dell’art. 114 TFUE a legittimare autorità europee con poteri di regolazione, ancor meno percorribile sembrava l’opzione di attribuire alle stesse anche compiti di vigilanza diretta sugli intermediari, poiché questi implicavano l’adozione di provvedimenti decisori vincolanti sulla base di valutazioni caratterizzate da elevata discrezionalità tecnica. Questi compiti rimasero pertanto affidati alle autorità nazionali competenti seppur con l’isolata eccezione della vigilanza sulle agenzie di rating e sui trade repositories (repertori dei dati di negoziazione in derivati), attribuita all’ESMA attraverso successive modifiche al suo regolamento istitutivo. 

Nel 2014 la Corte di Giustizia, con la nota sentenza sul caso Shortselling (C-270/12), ha offerto una parziale rilettura della giurisprudenza Meroni ampliando lo spettro dei poteri delegabili. Secondo i giudici di Lussemburgo, infatti, è conforme con il diritto dell’Unione la delega di poteri amministrativi connotati da ampio margine di discrezionalità ad organismi non previsti dai Trattati europei purché tali poteri “siano disciplinati in modo chiaro e preciso e soggetti a controllo giurisdizionale alla luce degli obiettivi stabiliti dal delegante”. In secondo luogo, la Corte ha ritenuto l’art. 114 TFUE base giuridica appropriata per l’attribuzione ad un organismo dell’Unione del potere di adottare “misure di ravvicinamento” a carattere amministrativo che abbiano come destinatari anche gli operatori finanziari. Infine, la Corte ha affermato che il diritto dei Trattati, alla luce delle modifiche che hanno interessato gli artt. 263 e 277 TFUE, consente l’adozione di atti amministrativi di portata generale da parte delle agenzie europee. A seguito della pronuncia della Corte, è pertanto possibile ricorrere all’art. 114 TFUE al fine di realizzare l’accentramento in capo ad un’autorità europea delle funzioni di vigilanza diretta. 

Il legislatore europeo nel 2019 ha quindi attribuito all’ESMA nuovi poteri di vigilanza diretta su determinate attività e determinati operatori finanziari, realizzandosi così un parziale trasferimento di competenze amministrative dal livello nazionale a quello sovranazionale. Tali trasformazioni non hanno invece interessato EBA ed EIOPA, la cui azione è rimasta confinata nell’ambito del supporto e controllo dell’attività delle ANV. Per quanto riguarda il settore bancario, ciò potrebbe trovare spiegazione nel fatto che l’accentramento dei compiti di vigilanza diretta a livello sovranazionale era stato realizzato nel 2014, quantomeno per la zona euro, mediante l’affidamento degli stessi alla BCE nell’ambito del Single Supervisory Mechanism.

In questo contesto, l’esame dei tratti essenziali della proposta per l’istituzione dell’AMLA offre spunti per la ricostruzione delle linee evolutive dell’architettura finanziaria europea.

Il testo redatto dalla Commissione prevede il conferimento alla nuova agenzia di poteri di vigilanza diretta su intermediari transfrontalieri selezionati in ragione dell’elevato profilo di rischio dell’attività esercitata (selected obliged entities). L’analisi dei fattori di rischio copre, a titolo esemplificativo, la tipologia dei prodotti e servizi offerti, le caratteristiche della clientela e l’operatività al di fuori dell’Unione.

Al riguardo l’AMLA disporrà di poteri che spaziano dalla richiesta di informazioni alle entità vigilate all’indagine ispettiva condotta in sede. Qualora i soggetti vigilati non rispettino i requisiti fissati dalla legislazione dell’Unione e da quella nazionale, ovvero risulti concreto il rischio di violazioni future, l’agenzia potrà adottare misure amministrative incidenti direttamente nella loro sfera giuridica. Tra i poteri esercitabili figurano, a titolo di esempio: la richiesta di cambiamenti nella governancedell’intermediario; l’imposizione di specifiche restrizioni all’attività degli intermediari con riferimento a clienti o transazioni che presentano rischi elevati. Si prevede infine il potere di irrogare sanzioni pecuniarie in caso di violazioni della legislazione rilevante. Nello svolgimento delle proprie funzioni, l’AMLA si avvarrà del supporto delle ANV competenti. La proposta prevede infatti la creazione, per ciascuna selected entity, di un gruppo di vigilanza congiunto (Joint Supervisory Team) composto da personale dell’agenzia europea e delle autorità di vigilanza nazionali.

Per quanto riguarda gli intermediari non ricompresi nella lista predisposta dall’autorità (nonselected obliged entities), la vigilanza sugli stessi rimane di spettanza delle ANV. In questo caso l’attività dell’AMLA si configura quale vigilanza indiretta o di secondo grado (control over implementation), ossia rivolta a indirizzare e conformare l’azione delle autorità nazionali. 

Al fine di realizzare il coordinamento tra le ANV nella supervisione degli intermediari cross-border, all’AMLA è richiesto di assicurare la creazione di “collegi delle autorità di vigilanza” e di garantirne il corretto e costante funzionamento. 

All’agenzia sono poi attribuiti compiti di supporto e di coordinamento anche nei confronti delle UIF dei paesi membri. Ai meccanismi di monitoraggio e di coordinamento, si affianca, sempre circa le non-selected entities, anche l’intervento in sostituzione delle ANV in circostanze eccezionali. L’esercizio di tale prerogativa presuppone che l’AMLA abbia rilevato una violazione della disciplina antiriciclaggio ed abbia raccomandato senza successo alle ANV le misure di contrasto da intraprendere. In tal caso l’AMLA può adottare essa stessa, previa autorizzazione della Commissione, una decisione individuale nei confronti degli intermediari.

Quanto ai poteri di regolazione, il legislatore europeo ripropone la soluzione già sperimentata all’epoca dell’istituzione delle autorità europee di vigilanza finanziaria, conferendo all’AMLA il compito di predisporre progetti di norme tecniche che spetta poi alla Commissione adottare. Il procedimento di adozione ricalca essenzialmente quello previsto dai regolamenti istitutivi di EBA, ESMA ed EIOPA, in quanto la Commissione, ove ritenga opportune delle modifiche, deve assegnare con atto motivato un termine per redigere un nuovo progetto. Il catalogo degli strumenti a disposizione dell’autorità include infine atti di soft law, ossia linee guida e raccomandazioni che possono avere come destinatari le ANV, le UIF, e le entità vigilate, al fine di favorire la convergenza delle prassi di vigilanza e garantire una coerente applicazione del diritto dell’Unione. Nonostante la natura non vincolante, tali atti hanno un rilevante effetto conformativo in quanto è previsto che le ANV, qualora non intendano darvi seguito, debbano esplicitare le motivazioni e che di tale motivato discostamento l’AMLA possa dare pubblicazione.

In conclusione si può rilevare come, sul piano funzionale, l’attività della nuova agenzia non sarà limitata alla armonizzazione delle normative nazionali e alla convergenza delle prassi di vigilanza delle ANV, bensì si estenderà all’esercizio di poteri autoritativi esercitabili direttamente nei confronti dei soggetti regolati. 

In questa prospettiva, la proposta di regolamento conferma la generale tendenza al trasferimento delle competenze amministrative dal piano nazionale a quello sovranazionale.  Nella specie tuttavia tale trasferimento è basato su un riparto di competenze che, in ossequio ai principi di proporzionalità e sussidiarietà, prevede l’allocazione al livello dell’Unione dei compiti di vigilanza sugli intermediari con più marcata connotazione transfrontaliera e maggiormente sospettabili di un uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. In relazione a quest’ultimo profilo non sfuggono le affinità con la distribuzione delle competenze tra le ANV del settore bancario e la BCE nell’ambito del Single Supervisory Mechanism, in cui, pur con alcune eccezioni, il legislatore europeo ha conferito a quest’ultima competenze esclusive solo con riferimento alle banche “significative” sulla base di criteri fissati dalla legislazione dell’Unione.

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