25 maggio 2020
LORENA MADEO
La duplice necessità di tutelare la concorrenza tra le imprese ed il buon uso delle risorse pubbliche è stata più volte evidenziata dalla giurisprudenza europea, secondo cui l’esigenza di garantire una concorrenza più ampia è prevista non solo in relazione all’interesse comunitario alla libera circolazione dei prodotti e servizi, ma anche in relazione all’interesse della stessa stazione appaltante che, così operando, può disporre di maggiori opportunità per individuare l’offerta più vantaggiosa. In questo contesto è ricompreso un ulteriore ed autonomo obiettivo di politica economica e sociale: la tutela delle micro, piccole e medie imprese.
Lo strumento individuato dal legislatore per realizzare l’obiettivo di facilitare la partecipazione agli appalti pubblici delle piccole e medie imprese è la suddivisione in lotti, prevista dall’art. 51 del d.lgs. n. 50/2016.
Tuttavia, la mera suddivisione in lotti di un contratto d’appalto non garantisce ipso facto che le PMI figurino tra gli aggiudicatari. Per tale motivo, al comma 3, del medesimo articolo, è stato previsto il c.d. vincolo di aggiudicazione, quale strumento volto ad aumentare il numero di aggiudicatari. È proprio su tale vincolo (o limite) che verte la sentenza in esame. Nel caso di specie, il Consiglio di Stato, III Sezione, con sentenza del 7 maggio 2020 n. 2881, ha chiarito alcuni principi fondamentali circa l’applicazione di tale istituto, soffermandosi in particolar modo sull’obbligatorietà o meno di tale vincolo.
Nel campo degli appalti pubblici, la tendenziale preferenza dell’ordinamento per una ragionevole divisione in lotti è fondata, non solo sull’esigenza di favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese, ma anche, e soprattutto, sull’esigenza di assicurare realmente la libera concorrenza e la massima partecipazione non solo al momento dell’effettuazione della gara, ma anche in relazione a tutto il periodo successivo di svolgimento del rapporto.
In particolare, l’ art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 statuisce il principio secondo cui «Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali (….) purché:
- il relativo valore sia adeguato e tale «da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese»;
- e la suddivisione in lotti non sia operata «al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti».
L’art. 51, ai commi 2 e 3, prevede strumenti ulteriori per incrementare, non tanto la partecipazione alle gare, quanto la possibile aggiudicazione delle stesse alle piccole e medie imprese: il vincolo di partecipazione ed il vincolo di aggiudicazione.
Il vincolo di partecipazione, consentito dal secondo comma, costituisce la facoltà per la stazione appaltante di indicare nel bando di gara o nella lettera di invito se le offerte possono essere presentate per un solo lotto, per alcuni o per tutti i lotti.
Il vincolo di aggiudicazione, consentito dal terzo comma, costituisce la possibilità per la stazione appaltante, anche ove esista la facoltà di presentare offerte per alcuni o per tutti i lotti, di limitare il numero dei lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse.
Tali strumenti hanno anch’essi la loro radice nella normativa europea e, in particolare, nell’art. 46, comma 2, della direttiva 2014/24/UE, secondo cui le amministrazioni aggiudicatrici indicano nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse, se le offerte possono essere presentate per uno solo lotto, per alcuni lotti o per tutti (vincolo di partecipazione) ed, al contempo, hanno la facoltà di limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse (vincolo di aggiudicazione). Come anticipato, nella sentenza del 7 maggio 2020, n. 2881, la III Sezione del Consiglio di Stato ha chiarito alcuni tratti peculiari di tale istituto.
Nel caso di specie, la Elior Ristorazione S.p.A. ha agito in giudizio dinanzi al TAR Emilia Romagna per l’annullamento della determinazione n. 58 del 13/02/2019 di Intercent-ER (stazione di committenza), avente ad oggetto “aggiudicazione procedura aperta per l’affidamento del servizio di ristorazione per le aziende sanitarie ospedaliere della regione Emilia Romagna- lotto 3” in favore della controinteressata Camst Soc. Coop.
La ricorrente ha censurato la presunta illegittimità della lex specialis di gara che, nel suddividere l’intero appalto in 4 lotti, avrebbe violato i principi di concorrenza, non discriminazione, par condicio e favor partecipationis, dal momento che i 4 lotti in gara sarebbero caratterizzati da un rilevante valore economico complessivo ( complessivi euro 190.340.000,00) e difetterebbero del c.d. “vincolo di aggiudicazione” che, ai sensi dell’art. 51, terzo comma, appunto, consente di imporre un numero massimo di lotti aggiudicabili ad un unico concorrente; la lex di gara difetterebbe, altresì, della previsione di requisiti di partecipazione “maggiorati” in capo al concorrente che intenda partecipare a più lotti.
Il TAR respinge il ricorso statuendo che non vi sarebbe alcuna violazione delle regole della concorrenza nella gara indetta da Intercent-ER.
La ricorrente, allora, propone appello al Consiglio di Stato.
L’appellante deduce in via preliminare che il ricorso è stato proposto non perché essa aspirasse al bene della vita costituito dalla possibilità di aggiudicarsi più lotti (infatti, Elior ha presentato domanda di partecipazione solo per il lotto n. 3), ma perché le limitazioni che la lex di gara avrebbe potuto e dovuto porre agli altri concorrenti (“vincolo di aggiudicazione” e requisiti di partecipazione “maggiorati” in capo al concorrente che intendeva partecipare a più lotti) le avrebbero consentito di aggiudicarsi il lotto 3, al quale aveva partecipato classificandosi al II posto. Il Collegio ritiene l’appello non fondato.
All’interno della sentenza, viene richiamato il disposto di cui all’art. 51, il quale, ad avviso del Collegio, contempla due disposizioni: una precettiva e l’altra facoltativa.
La prima disposizione, relativa ai lotti, prescrive che “1. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. ….. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese” (comma 1); la seconda facoltizza le stazioni appaltanti a “limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare”.
Sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile, né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le Stazioni Appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie (Cons. Stato, sez. V, 11/01/2018, n.123; Sez. III, 12/02/2020, n. 1076) e derogabile, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669, Sez III, n. 1076/2020 cit.).
Nel caso di specie la gara è stata suddivisa in quattro lotti e il quomodo della suddivisione non ha certamente impedito all’appellante di partecipare alla gara, in quanto l’amministrazione ha pedissequamente applicato il disposto di legge, senza derogarvi, pur potendo, in astratto, motivatamente farlo.
In riferimento al secondo aspetto, la legge configura il c.d. vincolo di aggiudicazione quale mera facoltà (le stazione appaltanti “possono”, recita il comma 3), sicché non si comprende per quali motivi e in che misura l’averne omessa la previsione possa comportare una illegittimità del bando di gara.
Ad avviso del Collegio, è vero che in alcuni peculiari casi il difetto del vincolo di aggiudicazione possa essere il sintomo di una gara sbilanciata a favore di determinate imprese, ma allo stesso tempo ritiene che nel caso di specie possa escludersi tale pericolo.
In conclusione, è opportuno rilevare che in alcuni specifici casi i vincoli (o limiti) di aggiudicazione e di partecipazione potrebbero ostacolare un’efficiente allocazione della fornitura e il miglior risultato di gara in termini di binomio prezzo/qualità. Se da un lato, la presenza del vincolo di aggiudicazione aumenta la probabilità di vittoria di piccole e medie imprese, pur in presenza di aziende meglio posizionate sul mercato, dall’altro esso comporta per la stazione appaltante un costo aggiuntivo. Un limite di aggiudicazione stringente ( vale a dire, un numero massimo di lotti aggiudicabili allo stesso concorrente basso rispetto al numero di lotti posti a gara) da un lato garantisce un numero più elevato di aggiudicatari diversi, dall’altro aumenta la probabilità che il vincolo eserciti un impatto effettivo sull’aggiudicazione, cioè la probabilità di dover assegnare un certo numero di lotti a un concorrente diverso dal primo in graduatoria con conseguente perdita dell’efficienza e peggioramento, per la stazione appaltante, delle condizioni complessive di aggiudicazione.
Infine, in caso di numero relativamente ridotto di concorrenti potenziali, un limite di aggiudicazione stringente, aumenta la probabilità che, a seguito dell’applicazione del vincolo, uno o più lotti non vengano aggiudicati (si pensi al caso di un lotto per il quale hanno presentato un’offerta solo quelle imprese che hanno già raggiunto il limite massimo di lotti aggiudicabili).Dunque, la scelta tra un contratto a lotto singolo versus un contratto a lotti multipli dovrebbe essere guidata dalle valutazioni della stazione appaltante date le conoscenze a disposizione in merito alla composizione e alla struttura del mercato. Per cui, alla luce di tali considerazioni, sarebbe totalmente assurdo imporre alle stesse un tale vincolo, considerando gli effetti distorsivi che può comportare.