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I PRESUPPOSTI PER LA FORMAZIONE DEL SILENZIO-ASSENSO: PACIFICI O CONTROVERSI?

22/07/2024

A cura di Carlo Maria Fenucciu

Con la sentenza 26 aprile 2024, n. 3813 la Sezione IV del Consiglio di Stato prende posizione nell’ambito del contrasto giurisprudenziale inerente ai presupposti di formazione del silenzio-assenso. La vicenda trae le mosse dall’istanza di permesso di costruire presentata a Roma Capitale, ente che, ben oltre il termine previsto per la conclusione del procedimento, comunica un preavviso di rigetto per difformità dell’operazione rispetto al PRG. L’istante agisce dunque in giudizio chiedendo che sia accertata l’avvenuta formazione del silenzio-assenso in conseguenza dell’inutile decorso dei termini previsti. L’azione non ha successo in primo grado, presso il Tribunale Amministrativo di Roma. A Palazzo Spada, invece, la questione è accolta, proprio sul punto in oggetto.

La sentenza si inserisce in senso innovativo all’interno della querelle che vede giurisprudenza e dottrina impegnate a chiarire una questione particolarmente delicata, ossia quali siano gli elementi necessari a integrare la fattispecie legale del silenzio assenso. Per comprendere i profili di interesse della pronuncia è opportuno ripercorrere i termini della questione.

Il silenzio assenso costituisce, come noto, un rimedio preventivo da tempo previsto dal nostro ordinamento per far fronte all’inerzia della Pubblica Amministrazione, in base al quale all’inattività di questa il legislatore fa conseguire gli stessi effetti dell’esercizio positivo della funzione amministrativa. Esso è disciplinato in via generale all’articolo 20 della legge sul procedimento, nonché da specifiche disposizioni di singole leggi speciali.

Nonostante l’apparente chiarezza del dettato normativo, non vi è unanimità di vedute circa i presupposti di formazione del titolo implicito in seguito all’inutile decorso dei termini massimi di conclusione del procedimento di volta in volta indicati. Più precisamente, secondo un orientamento che ancora nel 2022 il Consiglio di Stato definiva “consolidatissimo” (Cons. St., Sez. V, 4 ottobre 2022, n. 8499), la formazione del silenzio-assenso presuppone non solo il decorso del termine assegnato all’amministrazione per la pronuncia esplicita, ma anche il ricorrere di tutte le condizioni e dei requisiti soggettivi e oggettivi in capo al richiedente, con la conseguenza che non può ritenersi formato il silenzio-assenso ove l’istanza non prospetti una condizione di piena conformità al paradigma legale e non ricorrano tutti gli elementi costitutivi della fattispecie. In altre parole, il provvedimento tacito sarebbe esistente solo ove conforme alla legge; in caso contrario, non verrebbe ad esistenza.

A questo risultato ermeneutico si giunge anche attraverso un procedimento interpretativo di tipo teleologico. Il silenzio assenso non sarebbe -si dice- uno strumento di liberalizzazione in senso proprio, bensì di semplificazione. Di conseguenza non intende rimuovere requisiti per l’esercizio di determinate attività, ma semplicemente rendere più agevole l’ottenimento del titolo.

Eppure, a partire da un obiter dictum della sentenza del Consiglio di Stato 8 luglio 2022, n. 5746, parte della giurisprudenza amministrativa ha iniziato ad accogliere una diversa prospettazione. In questo solco si pone la pronuncia in oggetto, ritenendo che l’obiettivo di semplificazione della normativa sul silenzio sarebbe vanificato se anche dopo il decorso dei termini previsti a conclusione del procedimento la PA potesse in qualsiasi tempo rigettare l’istanza proposta per difformità rispetto al paradigma legale. Ciò sarebbe, peraltro, in contrasto con il principio di collaborazione e buona fede, cui sono informate le relazioni tra PA ed amministrati.

Si tratta di una pronuncia di rilevanza per due ordini di motivi. Innanzitutto, inaugura l’adesione anche della Sezione IV del supremo tribunale amministrativo al “nuovo orientamento” (dopo la Sezione VI, già con la citata 5746/2022, seppure in obiter, quindi più recentemente con Cons. St. 11203/2023 e 2459/2024). Ulteriormente, a differenza dei precedenti, accoglie la prospettazione dei ricorrenti facendo specifico riferimento agli indici normativi che giustificano il revirement.

Segnatamente, l’inciso dell’articolo 21-nonies della legge sul procedimento riconosce alla PA la potestà di agire in autotutela anche nei casi in cui il provvedimento “si sia formato ai sensi dell’articolo 20”. Tale formula sarebbe contraddittoria qualora si ritenesse che il titolo implicito non possa mai cristallizzarsi in difformità dal paradigma legale.

Si aggiunge a ciò l’articolo 2, co. 8-bis del medesimo testo legislativo, introdotto dal d.l. 76/2020, che espressamente commina l’inefficacia ai provvedimenti adottati dalle PA in seguito alla scadenza dei termini per la conclusione del procedimento, residuando in capo alle amministrazioni il solo potere di autotutela.

Infine, l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 21 che equiparava, ai fini del trattamento sanzionatorio, lo svolgimento di attività in carenza dell’atto di assenso dell’amministrazione all’inizio dell’attività in seguito al cristallizzarsi del silenzio assenso, seppur in assenza dei requisiti richiesti. Già tale articolo presupponeva la possibilità che il titolo si formasse in contrasto con il paradigma legale; l’abrogazione dovrebbe ulteriormente “alleggerire” la posizione del privato, non equiparando più la posizione di un provvedimento illegittimo formatosi per silentium alla totale assenza di qualsivoglia atto giuridico autorizzatorio.

Attraverso un’analisi sistematica dei summenzionati riferimenti normativi, il consesso ritiene di seguire l’innovativo filone di origine dottrinaria e accogliere la domanda di accertamento della formazione del silenzio-assenso.

Parte della giurisprudenza amministrativa di primo grado si è successivamente uniformata all’orientamento. In particolare, tra le molte, pare che il principio di diritto sia stato accolto rispetto al silenzio assenso sull’istanza di permesso di costruire nei T.A.R. della Campania (Salerno, 15 luglio 2024, n. 1478; Napoli, 2 luglio 2024, n. 4074), nonché in tema di autorizzazione per l’installazione di infrastrutture per le comunicazioni elettroniche ex art. 44 del d. lgs. n. 259 del 2003. A queste, si aggiungano le citate sentenze del Consiglio di Stato, che riconoscono l’applicazione del principio rispetto ad una istanza per l’installazione di una stazione radio base per la telefonia mobile ai sensi del codice delle telecomunicazioni, nonché in applicazione della legge urbanistica della provincia autonoma di Bolzano.

Questo brevissimo e non esaustivo elenco di pronunce non vuole suggerire che ormai l’orientamento che scinde requisiti di formazione e di validità del provvedimento per silentium sia prevalente. Infatti, la giurisprudenza di merito accoglie ancora in via maggioritaria il vecchio orientamento: T.A.R. Cagliari 11 luglio 2024, n. 525, T.A.R. Catania 8 luglio 2024, n. 2477 e anche lo stesso T.A.R. Salerno 11 luglio 2024, n. 1457 in materia di condoni; T.A.R. Perugia 1° luglio 2024, n. 511 in materia di permessi di costruire.

Persino la Sezione VI del Consiglio di Stato, che ha aperto per prima al cambiamento, è recentemente tornata sui suoi passi con la sentenza 12 luglio 2024, n. 6257, nella quale il collegio, senza, peraltro, confrontarsi in alcun modo con gli ultimi sviluppi giurisprudenziali in tema di silenzio-assenso, ha ritenuto di seguire la costante giurisprudenza amministrativa in virtù della quale il titolo abilitativo tacito può formarsi solo ove la domanda possegga tutti i requisiti soggettivi e oggettivi per essere accolta. In tale occasione, però, il consesso si occupava di un’azione di accertamento del silenzio formatosi su di una istanza di condono edilizio (fattispecie, dunque, differente, da quelle per cui la sezione aveva precedentemente riconosciuto la cristallizzazione di provvedimenti per silentium contra legem).

Appare così evidente un contrasto giurisprudenziale rilevante tanto dal punto di vista teorico, quanto dal punto di vista delle conseguenze applicative, per la risoluzione del quale potrebbe essere prossimo un intervento dell’Adunanza Plenaria. Peraltro, si evidenzia che ai fini di un razionale sviluppo del sistema sarebbe opportuno che la soluzione trovata valesse per ogni forma di silenzio assenso provvedimentale, ossia, per ogni istanza per cui una legge speciale preveda il silenzio-assenso. Attualmente, invece, la teoria che scinde requisiti oggettivi e soggettivi sembra prevalere in alcune materie (in primis i permessi di costruire ai sensi del TUED), ma soccombere sempre in altre (segnatamente, in tema di condoni edilizi).

In ogni caso, tali sviluppi si possono confrontare con la generale tendenza ad estendere il perimetro di operatività del meccanismo semplificatorio del silenzio-assenso. A tale tendenza rispondono anche due altri recenti filoni giurisprudenziali. 

Vi è, in particolare, l’applicazione del silenzio-assenso endoprocedimentale di cui all’articolo 17-bis al parere reso dalla soprintendenza nell’ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica. Tale applicazione dell’articolo 17-bis era contestata, in considerazione della pretesa natura monostrutturata del procedimento descritto dall’articolo 146 del codice dei beni culturali, affidata essenzialmente -si diceva- alla valutazione della soprintendenza. Sennonché, le recenti sentenze del Consiglio di Stato 2 ottobre 2023, n. 8610 e 2 febbraio 2024, n. 1093 hanno riconosciuto la natura pluristrutturata del procedimento, anche in considerazione delle attività espletate dalla Regione (o dal Comune) nell’ambito dell’autorizzazione paesaggistica, che testimoniano di una co-gestione del procedimento, che rende applicabile il silenzio orizzontale.

In secondo luogo, si deve far menzione della giurisprudenza che ritiene il silenzio-assenso provvedimentale applicabile anche in aree vincolate, qualora siano state rilasciate le relative autorizzazioni. La questione traeva interesse dal disposto degli articoli 20, co. 4, l. 241/1990 e 20, co. 8 TUED, a mente dei quali il meccanismo semplificatorio del silenzio assenso non può aver luogo nel caso in cui si tratti di zone vincolate. Tali disposizioni avevano indotto parte della giurisprudenza a decidere nel senso della radicale inconfigurabilità del provvedimento implicito in caso di attività da eseguirsi in zone vincolate. Sennonché, una innovativa e recente giurisprudenza, attraverso un procedimento ermeneutico teleologico, che consentisse di preservare la ratio semplificatoria dell’istituto, ha portato avanti l’interpretazione per la quale il silenzio assenso potesse cristallizzarsi anche in aree vincolate, nel caso in cui le relative autorizzazioni siano concretamente già state ottenute (ex multis Cons. St. sentenza 21 novembre 2023, n. 9969).

Tra l’altro, tale ultima giurisprudenza è stata ora incorporata in un disegno di legge, presentato il 5 luglio 2024 congiuntamente dal Ministro per la pubblica amministrazione e il Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. Tale disegno di legge, tra le altre cose, prevede una modifica all’art. 20, co. 8 del TUED (dichiaratamente ispirata alla sentenza da ultimo citata), che consenta l’applicazione del silenzio-assenso anche rispetto ad aree vincolate, nel caso in cui l’istante si sia già munito delle necessarie autorizzazioni prima della presentazione dell’istanza. La materia del silenzio assenso appare dunque in continua trasformazione, nella ricerca della soluzione più conforme alla ratio semplificatoria dell’istituto, la quale, tuttavia, non può prescindere dalle imperative esigenze di certezza del diritto.

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