di Maria Chiara Pollicino
17 Maggio 2017
La spinta liberalizzatrice per l’apertura del mercato ferroviario è un fenomeno ormai “risalente”: dagli anni 90’ il legislatore europeo sta operando in questo senso. Tuttavia, non si può, nonostante i molteplici e reiterati interventi, dire che tale processo sia concluso. I problemi sono derivati in parte dalla stessa natura delle ferrovie, storicamente inquadrate nella categoria dei servizi di interesse economico generale, e pertanto soggiacenti ad un rigido regime di monopolio legale pubblico, oggetto di cospicui finanziamenti da parte degli Stati.
Tale circostanza rappresenta la spiegazione storico-culturale della resistenza opposta dagli Stati al processo di liberalizzazione avviato, interpretato da questi quasi come “contro natura”. Infatti, si dubitava che le riforme proposte avrebbero adeguatamente bilanciato gli interessi propri di mercato con gli obiettivi primari di coesione sociale e territoriale, a cui tal genere di servizi sono preordinati. Un bilanciamento tra queste due esigenze, l’efficienza di mercato e la conformità agli obiettivi sociali, difatti, non è sempre facile da attuare. A questo sentimento si aggiunge una tendenza poco condivisibile del legislatore europeo, il quale sì, tenta di liberalizzare il mercato, ma gli strumenti predisposti si rivelano inidonei a reggere il peso dell’ostilità degli Stati. Dagli anni novanta ad oggi, si sono difatti susseguiti molteplici interventi, rappresentati principalmente dai quattro pacchetti ferroviari emanati, per ultimo il quarto pacchetto ferroviario, adottato a cavallo tra il 2015 e il 2016. Il peso quantitativo degli interventi non è stato, ad avviso dello scrivente, suffragato da un “peso qualitativo” sufficiente: spesso, nei citati testi di legge non si sono definite delle regole sufficientemente chiare e cogenti per gli Stati, accostando alle regole pro-concorrenziali delle vistose eccezioni, rendendo le prime facilmente aggirabili. Ne risulta un mercato ferroviario contendibile “per zone e per comparti”.
Guardando ai tentativi di apertura del mercato del trasporto ferroviario passeggeri, i quali, rispetto al mercato merci, sono più recenti (l’apertura del mercato del trasporto ferroviario nazionale dei passeggeri è l’obiettivo primario del IV Pacchetto ferroviario) si possono accostare due esempi: il primo esempio è il modello britannico, che garantisce la concorrenza c.d. per il mercato, il secondo è il modello italiano, che per determinati comparti ha garantito la concorrenza c.d. nel mercato.
L’Italia, in particolare, ha liberalizzato il settore dell’Alta velocità tramite il sistema dell’on rail competition che vede operare sullo stesso percorso più società. Il modello britannico opera tramite sistemi di franchises procurement, sistema che se da un lato assicura che un numero di offerenti possa confrontarsi durante la procedura per l’assegnazione, dall’altro assicura al vincitore della procedura un monopolio di quell’area di mercato (la zona di franchising). Entrambi i modelli presentano dei difetti: infatti, la circostanza per cui un soggetto, anche se vincitore di gara, deve essere controbilanciata da un’azione efficiente del Governo, in particolare il Department for Transport, attuando una ripartizione adeguata dei rischi tra il Governo e il bidder vincitore. Questa attività, tuttavia, si rileva di elevata complessità, alla luce della difficoltà di prevedere assetti contrattuali chiari e completi, che rispondano ad ogni esigenza che potrebbe nascere nel non breve periodo di durata del contratto, che attualmente si aggira intorno sette anni, rinnovabile fino a quindici. Il modello britannico, nonostante garantisca l’instaurazione di un procedimento competitivo per l’assegnazione dei servizi, non garantisce nessun tipo di concorrenza nel mercato, il che ha portato il tendenzialmente all’ innalzamento dei prezzi, a danno dei consumatori (e a fronte di un servizio non per tutte le linee adeguato).
Il secondo modello di “concorrenza nel mercato” è detto di on rail competition e permette l’operare di più società nel servizio dello stesso percorso. In Italia, per l’alta velocità, l’incumbent Trenitalia si confronta con un new entry, Nuovo Trasporto Viaggiatori. Il modello italiano ha dimostrato di essere efficiente, provocando l’innalzamento degli standard qualitativi per i summenzionati servizi. In particolare, per l’alta velocità, si è garantito il wi-fi a bordo, migliori servizi di ristorazione etc. Si fa notare, però, che tale esperienza è assai limitata: in primis è limitata nello stesso contesto italiano, coinvolgendo solo le linee ad alta velocità (che talaltro esclude buona parte del Sud Italia), ed è ancor più limitata nel contesto europeo, nel quale solo altri due Paesi, peraltro non paragonabili dimensionalmente, hanno aperto alla concorrenza per tali tipologie di servizi (questi sono Austria e Repubblica Ceca).
Guardando, inoltre, alle esperienze di altri Stati membri: la Francia è uno di quei Paesi che maggiormente ha guardato con ostilità al processo di apertura, non indicendo né gare per l’assegnazione del servizio né prevedendo un sistema di open access competition o on rail competition, fatta eccezione per alcuni percorsi internazionali. La Svezia è, all’opposto, uno di quei Paesi che ha attuato un certo grado di liberalizzazione: è stato il primo Paese a realizzare il c.d. unbundling, ossia la separazione tra il gestore dell’infrastruttura e i gestori del servizio, nel 1988, ed ha attivato meccanismi per garantire la c.d. concorrenza per il mercato prevedendo lo svolgersi di gare anche per i servizi di trasporto sussidiato. Ad oggi il 45% dei servizi di trasporto ferroviario sono gestiti dai new entrants.
Tuttavia, nonostante i passi in avanti compiuti da alcuni Stati membri, si può affermare che in Europa i livelli di concorrenza nel settore siano ancora troppo flebili. Infatti, si conferma una supremazia dell’ex monopolista in 16 dei 25 Stati membri dotati di reti ferroviarie e in questi, spesso, gli operatori storici detengono addirittura una quota di mercato maggiore al 90%[1]. Per certi aspetti l’adozione del quarto Pacchetto ferroviario fa ben sperare, imponendo l’affermazione dell’obbligatorietà della gara anche per l’affidamento dei contratti di servizio pubblico. Tuttavia, anche in questo caso sorge il lecito dubbio circa l’ampiezza nell’applicazione delle eccezioni a tale regola da parte degli Stati, in quanto, come spesso è avvenuto, non è da escludere che la regola si trasformi in eccezione. Si sottolinea che per dare conto della portata del IV pacchetto si dovrà attendere almeno qualche anno per compiere una valutazione più realistica. Tralasciando dunque “le previsioni” e dando conto della situazione attuale, dai dati sopracitati si comprende come per realizzare un mercato unico e contendibile, sia assolutamente necessaria una “revisione” del modus operandi del legislatore europeo. Tale inversione di rotta sarà possibile solo se e quando si maturerà una coscienza circa gli “errori” compiuti nel passato.
[1] Centre on Regulation in Europe, Liberalisation of passenger rail service, 6 Dicembre 2016, www.cerre.eu