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I diritti delle minoranze etniche rispetto ai processi di globalizzazione La protezione degli Aborigeni in Canada

di Roberta Talone

 

20-09-2017

 

Nel momento in cui uno Stato decide di sviluppare una politica economia internazionale inevitabilmente questo finisce col coinvolgere diverse entità al suo interno, non tutte sempre convinte che tale scelta, che inevitabilmente andrà a rivedere l’assegnazione di alcune prerogative sulla regolamentazione, sia la migliore.

Nell’epoca attuale nessuno Stato può evitare di interfacciarsi con la scena economica internazionale, nonostante i problemi che ciò comporta a livello interno.

Una politica economica incentrata sulla globalizzazione richiede necessariamente accordi di cooperazione economica, bilaterali o multilaterali, da parte degli organi centrali degli Stati che ricercano una maggiore cooperazione a livello economico.

Tali accordi, come è facile immaginare, richiedono lunghi negoziati durante i quali vengono alla luce le diverse problematiche che gli Stati contraenti dovranno affrontare per recepire i trattati che hanno concluso all’interno della loro legislazione nazionale e i relativi dubbi sull’opportunità che tale sia comunque la miglior strada da percorrere per promuovere l’economia del loro Paese.

 

La lunga procedura necessaria per giungere all’approvazione del CETA non si è discostata molto da tale canovaccio abituale, portando alla luce i molti dubbi che UE e Canada hanno su quale possa essere l’impatto sociale della sua attuazione nei rispettivi paesi.

Il CETA è destinato ad avere un impatto molto significativo sulle economie dei due contraenti, visti i settori chiave che sono stati inclusi nell’accordo, come tecnologie aerospaziali, delle comunicazioni, infrastrutture, dispositivi medici, farmaceutici, metalli, minerali e minerali, petrolio e gas. Per l’UE significherà una maggiore protezione internazionale dei propri prodotti agricoli e alimentari; per il Canada rappresenterà la possibilità di esportare in Europa praticamente senza dazi. Inoltre attraverso il CETA sarà possibile per le imprese dei diversi Paesi avere accesso agli appalti pubblici degli altri Stati ed ottenere per i lavoratori il riconoscimento delle qualifiche professionali in maniera da migliorare la mobilità del lavoro.

Se in Europa il principale dubbio ha riguardato il sistema di risoluzione delle controversie, i maggiori problemi in Canada si pongono in materia di ripartizione di competenze tra federazione e province e in materia di protezione degli interessi delle popolazioni aborigene.

 

Su fronte canadese, quindi, il primo ostacolo alla conclusione del CETA riguarda l’attribuzione costituzionale dei poteri nella negoziazione, nella ratifica e nell’attuazione di trattati.

Il problema risiede nel fatto che gli accordi commerciali, negoziati dal governo federale, implicano sempre competenza e giurisdizione provinciali, per la loro attuazione. Se la Costituzione canadese assegna la responsabilità per la negoziazione, la ratifica e l’attuazione dei trattati allo Stato federale, non prevede che i trattati medesimi siano auto esecutivi; pertanto questi necessitano per l’attuazione una modifica delle leggi interne. A seconda di quale risulta essere il settore coinvolto dai trattati, potrebbero essere chiamati ad adeguarsi, attraverso l’emanazione degli atti legislativi necessari, o il governo federale o quello provinciale.

 

Ma il problema che si qui intende analizzare, riguarda il possibile ostacolo nell’attuazione degli accordi internazionali costituito dal rispetto dei doveri di protezione che uno Stato ha verso le minoranze che abitano il suo territorio.

Il Canada da questo punto di vista si è spesso dovuto confrontare con i problemi derivanti dalla necessità di salvaguardare l’autonomia che il testo costituzionale garantisce alle popolazioni indigene presenti sul territorio e agli obblighi che da tale previsione derivano a carico dello Stato federale.

 

La sezione 35 della Costituzione del 1982 afferma che il Canada riconosce e afferma l’esistenza degli aborigeni e dei loro diritti derivanti dai trattati.

Da questa sezione e dalla relativa giurisprudenza della Corte Suprema del Canada discende il dovere del Governo federale di consultare le popolazioni indigene per ottenere la loro approvazione per la firma di ogni atto che possa influenzare i loro diritti.

Attraverso tre decisioni la Corte suprema del Canada tra il 2004 e il 2005 ha stabilito il dovere di consultare e, se del caso, soddisfare le richieste dei gruppi aborigeni quando la Corona intraprende un’azione o una decisione che possa incidere negativamente sui loro diritti e che tale dovere sorge anche se l’effetto negativo sui loro diritti non è ancora dimostrato.

Il primo caso, Haida Nation contro Columbia Britannica, riguarda una sentenza del 2004-11-18 che vedeva come ricorrenti il Ministro delle foreste e il procuratore generale della Columbia Britannica contrapposti al Consiglio della Haida Nation e Guujaaw, in rappresentanza dei membri della Haida Nation (ovvero dei discendenti delle tribù Haida che costituiscono un gruppo etnico nativo ed una “nazione”, con un proprio ed antichissimo linguaggio). La questione riguardava il dovere della Corona di consultare le popolazioni indigene prima di sfruttare le terre su cui esse potevano avanzare pretese.

Il secondo caso, anch’esso del 2004-11-18, vedeva Taku River Tlingit First Nation contro Columbia Britannica. Il River Taku Tlingit First Nation costituisce l’unità governativa della Tlinkit dell’Inland nella Columbia Britannica e comprende due ḵwaan (tribù) del popolo Tlingit, l’Áa Tlein Ḵwāan della zona Atlin Lake e la Deisleen Ḵwāan del lago Teslin. In questa controversia gli attori erano: Norm Ringstad, in qualità di Project Assessment Director nel Tulsequah Chief Mine Project, e Sheila Wynn, in qualità di Executive Director, l’Ufficio di valutazione ambientale, il Ministro dell’ambiente, e il Ministro dell’energia e delle miniere e il Ministro responsabile per lo sviluppo settentrionale, i quali ricorrevano contro Taku River Tlingit First Nation e Melvin Jac, che rispondevano a nome degli altri membri della popolazione del Taku River Tlingit First Nation. In tale occasione la Corte Suprema concluse che la Corona aveva adempiuto il suo dovere di consultare il TRT perché era stato notificato il processo di valutazione ambientale che aveva condotto al progetto di approvazione certificato, e ciò era testimoniato dalla partecipazione delle popolazioni aborigene al procedimento.

L’ultimo caso riguarda una decisione del 2005-11-24 di Mikisew Cree First Nation contro Canada. In qualità di ricorrente, Mikisew Cree First Nation, agiva contro Sheila Copps, Ministro dei beni canadesi, e la Thebacha Road Society. In questo caso la Corte suprema prese una decisione unanime affermando che la Corona ha un dovere fiduciario di consultare in modo significativo la First Nation prima di agire sulle loro terre.

 

Attraverso tali pronunce venne stabilito e definito l’obbligo esistente in capo alla corona nei confronti delle popolazioni aborigene. Tale obbligo consiste da un lato nel dovere di consultazione, che richiede un dialogo con i popoli indigeni ed una discussione sulle loro preoccupazioni per quanto riguarda l’impatto dell’azione o della decisione controversa e dall’altro lato il dovere di soddisfare le loro esigenze, che sorge in alcuni casi e impone una modifica dell’azione o della decisione che aveva causato le preoccupazioni delle popolazioni indigene. Naturalmente tutto questo può causare dei ritardi durante i negoziati poiché c’è bisogno di più tempo, ulteriori ricerche per valutare la fattibilità di diverse opzioni…

 

Col passare del tempo e lo sviluppo di nuovi interessi economici, il problema della protezione delle popolazioni indigene da interesse di politica interna è venuto in evidenza anche in caso di accordi internazionali.

Vediamo infatti che tale problema si ripropone in due occasioni, in primo luogo con il Foreign Investment Promotion and Protection Agreement (FIPA) tra il Canada e la Cina e poi con il Trans-Pacific Partnership (TPP), tra Canada, Stati Uniti, Messico e nove altri paesi.

Partendo dall’analisi del FIPA, il Canada ha firmato molti accordi che hanno come obiettivo la protezione e la promozione degli investimenti stranieri tra diversi Stati.

 

Il problema con le popolazioni indigene sorse perché il governo Harper aveva ratificato l’accordo con la Cina, nonostante il fatto che una Corte federale stava ancora considerando l’appello proposto dalla Hupacasath First Nation.

La Hupacasath First Nation è una comunità di circa 300 membri, distribuiti in cinque riserve, situata a Port Alberni un’isola di Vancouver in British Columbia (BC). Una parte non vincolante dell’accordo quadro stipulato con il BC riconosceva agli aborigeni diritti e il diritto di proprietà su circa duecentomila ettari di isola centrale di Vancouver. In base a ciò la Hupacasath First Nation, il 29 aprile 2013, aveva presentato una domanda di revisione giudiziaria, sostenendo che il governo federale, pur essendo tenuto a consultare le First Nations prima di ratificare un trattato che potrebbe coinvolgere i diritti degli aborigeni in base alla sezione 35 della Costituzione, aveva firmato il trattato FIPA, che sarebbe entrato in vigore il 1° ottobre 2014, prima della decisione della Corte federale, sostenendo che in tal caso non sussisteva un dovere di consultazione.

Il Tribunale federale affermò che in questo caso il Canada non aveva il dovere di consultare preventivamente gli aborigeni e le popolazioni indigene fallirono nel tentativo di dimostrare l’esistenza di un nesso causale tra l’accordo e l’impatto negativo sui propri diritti.

Nonostante la richiesta di revisione proposta dalla First Nation la Corte convenne con l’affermazione della Corte federale che l’obbligo di consultare non era stato innescato e che non vi erano prove sufficienti che tale accordo stesse causando o avrebbe potuto causare un mancato rispetto degli obblighi di legge verso i diritti aborigeni.

Secondo il giudice Stratas ciò che mancava nella richiesta degli appellanti era una definizione del termine “speculativo”, egli faceva notare che una conclusione non è speculativa quando viene raggiunta per mezzo di una catena di ragionamenti i cui legami sono realizzati in base alla logica e le inferenze dimostrate ma che è speculativa quando viene raggiunta attraverso una catena di ragionamenti dove uno o più dei legami sono ipotesi, congetture, supposizioni.

Così, in questo caso, la Corte d’appello federale enunciò un test per determinare se l’effetto dell’azione governativa su un diritto rivendicato da persone aborigene potrebbe essere considerato “speculativo”. Tale presa di posizione potrebbe dar luogo ad una limitazione inaspettata del dovere di consultare ma probabilmente un ruolo importante in questa decisione della Corte è dipeso dalla presenza nel FIPA di alcune clausole di esenzione o di riserva che avrebbero potuto essere utilizzate alternativamente per la tutela degli interessi aborigeni
È bene far presente che si tratta di una pratica comune nella stipula di accordi internazionali, i governi statali sono infatti soliti negoziare l’inserimento di alcune esenzioni negli accordi FIPA per mantenere una adeguata flessibilità per poter adottare o mantenere misure anche non conformi agli obblighi del trattato.

Le esenzioni ai trattati possono essere di due tipi: generali e specifiche. Le esenzioni generali sono utilizzate per esentare dagli obblighi previsti dell’accordo aree di ampio respiro, mentre le esenzioni specifiche sono usate per esonerare questioni specifiche dall’applicazione di alcuni o tutti gli obblighi dei FTA o FIPA. In particolare nel FIPA tra Canada e Cina si possono trovare esempi di entrambe le esenzioni, l’articolo 33, paragrafo 2 prevede un’esenzione generale per le misure ambientali, mentre l’articolo 8 prevede esenzioni specifiche in relazione, tra l’altro, ai diritti e privilegi aborigeni.

 

Passando all’analisi del secondo trattato, il TPP, anche in tal caso il Canada ha negoziato un importante accordo internazionale di libero scambio senza consultare preventivamente i popoli indigeni che potrebbero essere influenzati dall’impatto di questo trattato nei loro diritti, terre, acque e risorse.

Tale accordo stabilisce norme relative al legname e ad altri prodotti ricavati dalle terre attribuite agli indigeni. Come visto in Canada vige l’obbligo di consultare e ottenere il consenso delle First Nations prima di impegnarsi in negoziati come quelli del TPP, ma ciò non è avvenuto, il Canada si è limitato a pubblicare una consultazione online nella Gazette del Canada rivolta però alle imprese.

Tuttavia, come nel primo caso analizzato, l’accordo potrebbe non avere effetti totalmente negativi sulla popolazione aborigena, in quanto il Canada potrà adottare nuove misure che riguardano i diritti degli aborigeni o potrà adottare un trattamento preferenziale nei loro confronti, inoltre nel trattato è previsto che le compagnie estere per ottenere l’accesso alle risorse naturali nei territori dei popoli aborigeni debbano svolgere consultazioni e raggiungere un’intesa con gli stessi.

Comunque è innegabile che i negoziati per la TPP siano stati condotti all’oscuro delle popolazioni aborigene mentre i rappresentanti dell’industria hanno potuto prendervi parte e negoziare per se stessi le migliori condizioni.

Per le First Nations questo importante accordo internazionale potrebbe avvantaggiare anche gli aborigeni solo se vi sarà il sostegno necessario a migliorare le possibilità per i popoli aborigeni per partecipare alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo economico che il TPP promette, cosa che sarà presa in considerazione durante le procedure di ratifica.

 

Da questa analisi si evince quanto importante, ma difficile, sia rispettare il dovere di consultazione preventiva che il governo federale ha nei confronti delle popolazioni aborigene in caso di conflitto con gli obblighi dei trattati internazionali.

Ora è chiaro che gli stessi problemi potrebbero sorgere anche durante l’attuazione della CETA, visto che esso, così come tutti gli accordi commerciali internazionali precedentemente analizzati, potrebbe avere un forte impatto sui diritti delle popolazioni aborigene.

Per prevenire futuri problemi il Canada ha deciso di negoziare per l’inserimento di un’apposita eccezione nell’articolo 12.2. per assicurarsi la capacità di adottare misure che preservino i diritti e eventualmente accordino le necessarie tutele ai popoli aborigeni.

Il Canada si è impegnato a comunicare attivamente con i partner indigeni per garantire la protezione dei loro interessi durante l’attuazione del CETA.

In ogni caso l’importanza dei diritti delle persone indigene è aumentata nella panoramica internazionale e le norme internazionali potranno presto spingere il governo canadese ad ampliare il concetto giuridico della consultazione in modo da coinvolgere i popoli aborigeni fin dal processo di negoziazione internazionale.

 

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