Il 16 giugno scorso, sul sito del New York Times, è apparso un editoriale di Joe Nocera, dal titolo “How to grade a teacher“. Il contributo si inserisce nel dibattito sviluppatosi negli USA in relazione ai sistemi di valutazione degli insegnanti nelle scuole di ogni ordine e grado. Vengono esaminati due casi, quello dello Stato di New York e quello dello Stato del Michigan. Nel primo caso, il tentativo del governatore Andrew Cuomo di ridimensionare il principio di stabilità e intangibilità degli impiegati pubblici nel settore scolastico (c.d. “tenure“) e adottare un sistema di valutazione in grado di premiare i docenti migliori e penalizzare i peggiori, eventualmente anche ricorrendo al licenziamento, è stato fortemente criticato da sindacati e società civile, e si è assistito a forme di boicottaggio dei test per gli studenti che ricordano molto da vicino le polemiche che accompagnano ogni anno il nostro Invalsi. Nel secondo caso, invece, il “Michigan Council for Educator Effectiveness” ha concepito i sistemi di valutazione come strumenti funzionali a fotografare la preparazione attuale degli insegnanti, per offrire loro strumenti successivi che permettano di implementare capacità e conoscenze (in virtù del principio per cui “very few teachers can’t improve“). Legare la valutazione degli insegnanti all’offerta di corsi di studio o di aggiornamento per gli stessi, anziché alla distribuzione di premi o sanzioni, avrebbe il vantaggio di misurare e rafforzare la preparazione del corpo docente, senza passare per estese le immancabili proteste da parte di insegnanti, genitori e studenti.
Tutte queste riflessioni potrebbero forse alimentare il dibattito anche in Italia, specialmente alla luce della recente approvazione della legge sulla “Buona Scuola”.