di Bruno Paolo Amicarelli
15/04/16
Il Long-Term Investors Club – LTIC, promosso dalla Banca europea degli investimenti, è un gruppo di investitori istituzionali nato nel 2009 per fornire supporto economico ad iniziative nei settori nevralgici dell’economia.
Molti paesi dell’Europa continentale si sono dotati da tempo di strumenti di investimento che,come Cdp, sono in grado di intervenire in forma stabile nelle attività imprenditoriali. L’obiettivo del LTIC è proprio quello di coordinare l’attività di questi strumenti, inizialmente solo a livello europeo, ora anche a livello internazionale.
Infatti il gruppo, che inizialmente, oltre alla BEI, fra i suoi membri fondatori aveva Cassa depositi e prestiti S.p.A., Caisse des Dépôts et Consignations – CDC e Kreditanstalt für Wiederaufbau- KfW, e ha visto aggregarsi in un secondo momento sempre nell’area europea l’Istituto de Crédito Oficial – ICO per la Spagna e la Bank Gospodarstwa Krajowego per la Polonia, ha poi optato per una progressiva apertura del Club ad investitori estranei all’area come ad esempio la Caixa Economica Federal del Brasile, la Mubadala Development Company di Abu Dhabi, la Caisse de dépôt et placement du Québec, la russa Vnesheconombank, la Turkiye Sınai Kalkınma Bankasıla, Japan Bank for International Cooperation, la China Development Bank, l’indiana IDFC, a cui si sono aggiunti altri investitori privati.
Tutto ciò sembra quindi lasciar intendere che il coordinamento che si sta sviluppando tende a perdere l’iniziale configurazione di tipo prettamente europeoi.
Tuttavia, se gli obiettivi del club non sono più solo europei ma internazionali, il ruolo di “guida” dei quattro fondatori in qualche modo permane, e ciò emerge se analizziamo il modello di governance: il club ha infatti una forma che potremmo definire associativa, e tra i suoi organi, ossia il presidente ed i vice-presidenti, il segretario generale e il comitato guida, quest’ultimo è certamente il più importante.
La composizione ed il ruolo del comitato guida dimostranoii appunto
l’importanza dei soci fondatori all’interno del club, visto e considerato che questi sono i quattro membri permanenti del comitato, mentre degli 8 membri che lo compongono i restanti 4 sono eletti ogni due anni tra gli altri soci del club.
Sebbene il comitato deliberi all’unanimità (salvo diversa previsione), è comunque chiaro che, essendo l’unico organo deliberativo del club, i quattro membri fondatori possono esercitare una certa influenza sulle politiche adottate dal LTIC.
Il comitato infatti determina generalmente la linea d’azione del club e ha compiti specifici come valutare l’ammissione dei nuovi membri, votare le eventuali modifiche dello statuto o la dissoluzione del club, nominare tutti gli altri organi sociali e determinarne i poteri.
Indicativo del peso che i membri fondatori hanno nell’organizzazione è anche il fatto che la carica di presidente viene ricoperta a turno dai soli membri fondatori.
Chiariti gli equilibri interni resta da capire quali siano le ragioni istitutive e gli obiettivi attuali del club: la scelta di fondare l’associazione nel 2009 si inserisce nel contesto della crisi internazionale che ha generato un ingente bisogno di investimenti pubblici e privatiiii.
Tale bisogno non si limita ovviamente né ai confini nazionali né a quelli europei, e per fronteggiarlo viene indicato come migliore mezzo il modello dell’investitore di lungo termine, posta la capacità che le organizzazioni che adottano quest’ultimo hanno di compiere investimenti che comporteranno un effettivo rendimento solo nel lungo periodo, ma che permettono consolidare le fasi di crescita economica e affrontare quelle di crisi.
Gli investitori di lungo periodo hanno però le forme più varie, come gli istituti pubblici di investimento, i fondi sovrani, le banche promozionali, i fondi pensione, e via dicendo.
Per creare allora quella che lo stesso statuto del LTIC chiama “an international philosophy of long-term investment organizations ”, ossia una filosofia d’investimento che sia comune a tutti questi differenti soggetti e che porti alla nascita anche di nuovi investitori di lungo periodo che possano farsi carico di investimenti sociali ed ambientali su scala internazionale, diventa fondamentale il perseguimento degli obbiettivi del club che vengono elencati dallo statuto. Tra questi troviamo ad esempio la promozione di studi sugli investimenti di lungo periodo, il supporto alla collaborazione fra gli stati che detengono le partecipazioni degli istituti di investimento pubblici, e l’assistenza sia alle politiche di investimento dei singoli istituti sia soprattutto agli eventuali investimenti condivisi dai vari istituti.
Nel perseguire tali obbiettivi il LTIC ha promosso il Fondo Marguerite, il Fondo Inframed e l’European Energy Efficiency Fund – EEEF.
ll fondo Marguerite – European Fund for Energy, Climate Change and Infrastructure è un fondo chiuso di diritto lussemburghese creato nel 2009 ed istituito con l’obiettivo di sostenere gli investimenti nelle infrastrutture preordinate alla riduzione dei cambiamenti climatici.
Il Fondo Inframed nasce da un progetto che coinvolge anche la Caisse de Dépôt et de Gestion del Marocco e l’EFG-Hermes Holding SAE dell’Egitto con lo scopo di compiere investimenti dedicati alla costruzione di infrastrutture urbane, energetiche e di trasporto nell’area del Mediterraneo.
L’EEEF adempie a finalità sostanzialmente analoghe a quelle del fondo Marguerite, ma è più direttamente rivolto a finanziare gli interventi per l’efficienza energetica delle infrastrutture pubbliche.
A livello internazionale permane il bisogno di notevoli investimenti: a tal proposito è interessante una ricerca del McKinsey Global Instituteiv che stima necessari, per i 18 anni 2013-30, 57 mila miliardi di dollari di investimenti nelle infrastrutture dei trasporti, dell’ energia, dell’acqua e delle telecomunicazioni. Pur comportando questi esborsi di denaro un aumento del 60% rispetto ai 36 mila miliardi investiti nei passati 18 anni, l’entità non basta per superare gli arretrati e le carenze nella manutenzione e nel rinnovo delle infrastrutture esistenti. Non si tiene conto neppure delle infrastrutture come scuole ed ospedali e dei costi per rendere le infrastrutture più resistenti ai cambiamenti climatici e meno invasive per il clima e per l’ambiente. La stessa ricerca sostiene tuttavia che risparmi importanti sarebbero conseguibili utilizzando al meglio le infrastrutture esistenti sia rinnovandole sia coordiandole, con ciò ottenendo anche un forte aumento della produttività degli investimenti.
Altro indice del bisogno di investimenti, è il programma europeo conosciuto come piano Juncker: il piano è stato introdotto nel 2015 proprio al fine di stimolare gli investimenti, ed opera attraverso l’appositamente istituito Efsi (fondo europeo per gli investimenti strategici). Con 21 miliardi di capitale iniziale del fondo, di cui 5 forniti dalla BEI e 16 prelevati dal bilancio UE, l’obiettivo è raccogliere dei prestiti che vengono garantiti dal capitale del fondo, per poi investire quanto raccolto e, grazie all’ effetto leva, prodotto dagli investimenti iniziali che attraggono ulteriori finanziamenti, raggiungere auspicabilmente un ammontare complessivo degli investimenti di almeno 315 miliardi di euro entro il 2017. Il piano ha già finanziato vari progetti nazionali, come quello di Telecom Italia volto ad estendere la copertura della banda ultralarga: quest’ ultimo progetto è anche un buon esempio di come gli investitori istituzionali giochino il loro ruolo nel partecipare agli investimenti del piano Juncker, posto che Cdp, attraverso la sua partecipazione (definita dai vertici di Cassa “strategica”) in Metroweb, collabora attivamente al progetto. Tuttavia, ad oggi, permangono alcune voci dubbiose in merito all’efficacia delle attività svolte dal fondov.
Se i fatti sopra indicati quindi confermano il ruolo e la necessità del coordinamento degli investimenti di lungo termine che il LTIC può offrire, resta da dire che l’efficacia dell’attività del club trova un suo forte limite in quello che è un problema comune a tutti gli organismi internazionali che svolgono un ruolo nella regolazione dell’economia, quello che potremmo definire un problema di “debolezza”: le attività di coordinamento svolte dal club e i conseguenti atti non possono infatti che rientrare in quella che generalmente viene definita la categoria della soft law; sono cioè atti a cui i membri del club si conformano volontariamente perché convinti della loro validità e non piuttosto perché costrettivi.
La mancanza di poteri cogenti comporta che quindi il LTIC sia sicuramente un interessante progetto, che trova la sua forza nel comune accordo dei suoi membri, ma che nella sua attività non va oltre quella che è la spontanea volontà di mutua collaborazione dei soggetti pubblici e dei privati che ne fanno parte. Qualora questa comune volontà venisse a mancare il club non avrebbe nessun potere di eterodirigere l’attività dei suoi membri, e la domanda di investimenti rimarrebbe, inevitabilmente, insoddisfatta.
iSi veda G.Rossi, Pubblico e privato nell’economia semiglobalizzata. L’impresa pubblica nei sistemi permeabili e in competizione, in Riv.Italiana Dir. Pubb. Comunitario, 2014, fasc.1,39 e ss.
iiCfr. Statuto del LTIC, Art. 7
iiiCfr. I.Bufacchi, Le Cdp europee: anche risorse private per le infrastrutture,Il Sole 24 Ore, 18 Giugno 2010;
ivCfr. McKinsey G.I., Infrastructure productivity: How to save $1 trillion a year, 2013, disponibile a http://goo.gl/UxrCO6
vSi veda fra le altre F.Coppola, Il Piano Juncker, ovvero: molto rumore per (quasi) nulla, Il Sole 24 Ore, disponibile a http://goo.gl/ADykIx
vi“Self-appointed experts, consultants, and organizations try to convince states, corporations, and individuals that they would be better off if they only followed some specific rules about what to do. These rules are presented as being voluntary and advisory. They are standards, not mandatory directives, and they abound in modern life”, N.Brunnson e B.Jacobbson, A World of Standards, Oxford University Press,2000