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ESTERNALIZZARE È SEMPRE CONVENIENTE? I COSTI DELL’OUTSOURCING

ARIANNA OTTAVIANI

6 luglio 2020

La presente nota è un’analisi della sentenza del T.A.R. Lazio sez. III – Roma del 27 novembre 2020 n. 2596 in cui il legislatore mostra un ripensamento in merito al regime di esternalizzazione dei servizi di pulizia all’interno delle istituzioni scolastiche. 

Il ricorso promosso contro il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR), la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la Funzione Pubblica e il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha per oggetto il bando del MIUR (con cui veniva indetta una procedura selettiva riservata, finalizzata all’assunzione statale a tempo indeterminato nel ruolo di collaboratore scolastico di soli soggetti che avessero già svolto per almeno dieci anni servizi di pulizia in qualità di dipendenti di imprese appaltatrici del servizio di pulizia presso le scuole) e il decreto del MIUR n. 1074 del 20 novembre 2019 recante la disciplina della procedura selettiva riservata poiché in contrasto con gli articoli 3, 41, 42 e 97 della Costituzione e con la L. n. 145 del 30 dicembre 2018 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-202).

Il T.A.R. ha ritenuto il ricorso infondato. 

La sentenza si concentra principalmente su due questioni: la prima concerne il passaggio da un regime di esternalizzazione a uno di internalizzazione del servizio di pulizia presso le scuole, mentre la seconda riguarda i requisiti richiesti per l’assunzione statale come collaboratore scolastico (aver svolto 10 anni di carriera ed essere in possesso di un diploma di scuola secondaria di primo grado).

Partendo dal primo punto, le parti contestano la scelta del legislatore di escludere l’esternalizzazione e l’apertura al mercato per questo servizio accessorio alla istituzione scolastica per procedere a una internalizzazione effettuando un passaggio da enti locali allo Stato. Tale scelta si comprende alla luce delle politiche di riforma del settore e del fattore costo.

Dal 2009 il legislatore, nel rispetto del principio di economicità ed efficienza della pubblica amministrazione, ha avviato un processo di progressiva razionalizzazione della spesa per l’acquisto dei servizi di pulizia e ausiliari delle istituzioni scolastiche. L’operazione è avvenuta mediante l’adesione alle convenzioni Consip. Questo ha consentito una riduzione della spesa erogata da 500 milioni a 292 milioni di euro e un risparmio di circa 210 milioni di euro.

Tuttavia, la razionalizzazione del servizio ha implicato l’avvio di procedure di licenziamento collettivo (circa 18000 lavoratori dipendenti) e per ovviare a tale inconveniente è stato creato il progetto «scuole belle». L’obiettivo era quello di reintegrare parzialmente i lavoratori tramite l’acquisto di opere di decoro e piccola manutenzione che hanno permesso uno stanziamento di ulteriori 192 milioni di euro l’anno. Così facendo l’ammontare complessivo della spesa annua aveva raggiunto 482 milioni di euro. Ma a tale somma era necessario aggiungere 50 milioni di euro spesi in strumenti per ovviare a ingenti contenzioni (il cui valore si aggirava attorno 170 milioni di euro) generati dalle grandi difficoltà amministrative e organizzative del nuovo sistema. Infatti, la razionalizzazione aveva comportato che i dirigenti scolastici invece che disporre direttamente dei collaboratori, si trovassero a gestire appalti di notevole complessità in un contesto in cui il ricorso alla pratica dell’outsourcing avrebbe dovuto portare in primis semplificazione. 

La sentenza dunque mette in luce una criticità dell’istituto. Sebbene l’esternalizzazione si contraddistingua per la capacità di economia, in questo caso ha portato un aggravamento della situazione, aumentando le spese del 6%.

Per questo, il comma 5 bis dell’articolo 58 del D.L. n. 69 del 2013 ha imposto che dal primo gennaio 2020 le istituzioni scolastiche svolgano servizi di pulizia unicamente ricorrendo al personale dipendente. 

Risulta quindi evidente come il ripensamento della politica di esternalizzazione sia in linea con i principi che governano l’azione amministrative ossia i principi di efficienza ed economicità. Alla luce di questi, il ripristino integrale della gestione pubblica del settore in esame risulta essere una scelta necessaria e indispensabile del legislatore.  

Infine, in merito alla seconda questione, la scelta dell’amministrazione di internalizzazione del settore in esame comporta un’esigenza di assumere un consistente numero di persone e evitare che i soggetti precedentemente impiegati potessero essere automaticamente tagliati fuori dal mercato del lavoro. Il requisito dei dieci anni così come quello del possesso di un determinato titolo di studio contribuisce a determinare la professionalità acquisita da un lavoratore e sono in linea con quanto sancito dal principio di ragionevolezza. 

In conclusione, la scelta è coerente con il principio di libertà e autodeterminazione dei soggetti pubblici nell’organizzazione dei servizi di interesse generale in base al quale gli Stati possono optare liberamente tra il regime di autoproduzione del servizio e quello di esternalizzazione.

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